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Finita la lezione io e Ashley continuammo a parlare del più e del meno, incamminandoci verso gli armadietti per lasciare dei libri che ci ingombravano la borsa. Aprii l'anta color verde bottiglia, cominciando a metterci dentro qualche libro.

«Dovresti metterci qualcosa di tuo» esordì la rossa, spiandoci dentro.

Guardai il suo armadietto, addobbato con numerose foto sue e di Calum, mentre dentro, c'erano tutti i libri e qualche quaderno sparso qua e là.
Annuii, ritornando con lo sguardo sul mio. Effettivamente era vuoto, non c'erano foto, niente di niente.
Sbirciai nella borsa e trovai una foto mia e di Michael al concerto dei Green Day. Mi morsi un labbro e cominciai a pensare a quanto era stato difficile convincere mio padre a portarci. Tutto iniziò con un tweet da parte di Billie, il cantante del gruppo, nel quale scrisse che avrebbero fatto un'altra tappa a Sydney poiché gli sarebbe piaciuto visitare quella meravigliosa città. Appena io e Michael leggemmo quel tweet fummo subito entusiasti all'idea di poter andare dai nostri idoli. Corremmo immediatamente da mio padre, il quale tentennò per un po' prima di dirci che non poteva accompagnarci, poiché i biglietti sarebbero costati un botto. E in parte, aveva ragione. Ogni giorno controllavamo Ticketone per vedere la disponibilità dei biglietti del concerto fin quando dal bagno uscì un Michael con l'accappatoio indosso. Cominciò a urlare che aveva trovato un lavoro in pizzeria per fare dei soldi facili e per prendere i biglietti del concerto che avevamo sempre desiderato. Fui subito felice, tant'è che contattammo la signora Wong (la proprietaria del locale) e le chiedemmo se due ragazzi senz'esperienza lavorativa potessero lavorare lì. Lei annuì e il giorno dopo ci recammo in pizzeria, pronti per cominciare il primo turno. Inutile dire che combinammo un casino in cucina, alla fine eravamo dei semplici camerieri che - sfortunatamente - sbagliarono quasi tutte le ordinazioni prese. Così, la proprietaria ci cacciò, dicendoci che eravamo praticamente banditi da quel locale. Il fascino di Michael però, riuscì a convincerla per tenerci un altro giorno e farle capire che potevamo davvero riuscire a servire delle stupide pizze. Il giorno dopo, nel pomeriggio, fummo cacciati di nuovo. Risi a questo ricordo, scuotendo il capo e continuando a ricordare. La signora Wong ci diede soltanto metà di ciò che avremmo dovuto avere, ma quello non bastava per coprire le spese dei biglietti. Avevamo ancora la metà della metà. Michael sbottava in continuazione, non riusciva ancora a credere che i suoi idoli sarebbero stati nella sua città e che non sarebbe andato a vederli. Fu lì che mi venne l'idea che ci fece sbancare. Dato che come camerieri non eravamo un granché, decidemmo di tornare a casa e di metterci a cucinare qualcosa di nuovo, che nessuno aveva mai provato. Da lì nacque l'hampizza, che in sostanza era un hamburger con dentro della carne al gusto di pizza fatta esclusivamente da noi. All'inizio non ci sembrava un'idea brillante, alla fine tutti erano capaci di fare un hamburger al gusto di pizza e di metterla in un panino con insalata, olive e altri condimenti... però, non si sapeva come, riuscimmo a fare soldi vendendolo dentro dei fast food piccoli, di media importanza. Il pomeriggio seguente, esauriti i panini, tornammo su Ticketone, comprando i biglietti per il concerto. Ci abbracciammo tanto, io e Michael. Ricordavo ancora com'eravamo felici all'idea di ascoltare dal vivo le loro canzoni e di condividere il momento con altri fan dei Green Day.

Scossi il capo e attaccai quella foto proprio sull'anta interna, disegnandoci con un pennarello nero indelebile la data e un piccolo sorriso.

«Sembrate così felici...» incalzò la rossa, avvicinandosi un po' più a me per vedere meglio la foto. «Siete una bella coppia, complimenti».

Subito diventai rossa, scuotendo il capo e borbottando qualcosa simile ad un «è il mio fratellastro, non stiamo insieme».

«Oh... scusami! - ricominciò a parlare - è che... siete sempre insieme e così... pensavo... beh, sareste una bella coppia comunque».

Room 158 || Luke Hemmings Where stories live. Discover now