When I See You Again

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Le urla si sentivano anche fuori dall'appartamento insieme a qualche vaso, o quant'altro, rompersi contro il muro ed il pavimento.
-Tu. Schifoso bastardo!- urlò una voce maschile in preda dalla rabbia. -Sei solo un pazzo!- urlò un'altra voce maschile.

Ormai, l'intero palazzo si era abituato alle loro urla e ai loro litigi. Serali, pomeridiani e mattutini.
-Cosa pensi? Che non ne troverò un altro migliore di te?- domandò il biondo con un sorriso ironico sul viso, la rabbia del castano accarezzò la sua pelle e i nervi tesi. -Vaffanculo!- urlò lanciandogli contro un posacenere, mentre gli occhi pizzicavano per il dolore provato si rese conto che nonostante tutto quel tempo passato a litigare non si era mai abituato a quelle parole che lo ferivano nel profondo... Arrivando quasi al cuore.
-Vaffanculo Jean!- urlò ancora tirando un calcio contro il divano. -Oh ti prego Eren, se non fosse per me adesso ti troveresti in mezzo alla strada a prostituirti per sopravvivere- replicò subito l'altro.
Gli faceva ancora male una costolandopo l'ultima litigata, finita più male del solito. L'occhio nero e il labbro spaccato erano l'unico ricordo visibile grazie ai vestiti.
-Cosa? Eh?- chiese -Perché non vai dove dovresti essere? Tra le puttane- la puzza d'alcol nel suo alito si sentiva benché la distanza. E lì, dopo quelle parole, Eren crollò. Si affrettò ad avvicinarsi all'appendiabiti, afferrò la sua giacca e aprì la porta. -Eren...- la voce di Jean lo chiamò -non tornare- disse a denti stretti.
Il castano sparì, uscendo di casa e chiudendo la porta alle sue spalle.

Eren camminava da tempo, era sfinito. Voleva fermarsi non avendo alcuna voglia di camminare ancora, né per andare avanti né per tornare indietro. Ma finalmente era quasi arrivato.

Aprì la porta di quella caffetteria dove in passato si rifugiava di continuo dopo una lite, una lite con Jean.
Sentiva il cuore a pezzi, non avendo nemmeno la forza di alzare il viso. Entrò, col volto basso vedendo solo il parquet di un legno scuro senza neanche a intravedere i soliti muri color verde antico, decorati con foto e dipinti.
Si sedette su un tavolo, uno dei soliti, scelto a caso.
Si sistemò, anche se aveva sempre trovato scomode quelle poltrone. Ma non gli importava. Non era lì per quello.

-Cosa ti porto?- domandò una voce fredda e cupa, una voce che non aveva mai sentito prima. Non gli importò, sospirò semplicemente -cioccolata calda- sussurrò il ragazzo. Il cameriere fece uno strano verso di disgusto strozzato, -come desidera- brontolò poi.
Eren rimase a guardare in basso, non gli importava del nuovo cameriere. Né che fosse scortese e per questo inadatto al mestiere che si era prestato a fare.
Il cameriere si allontanò, e poco dopo, una bruna con di solito un sorriso stampato in faccia si avvicinò al castano. -Eren...- lo chiamò lei, il ragazzo alzò subito lo sguardo sentendo quella voce sonora, impossibile dimenticare e che gli era mancata tanto.
-Hanji- la salutò lui, intravedendo un sorriso sul suo viso. Avrebbe voluto fingere e sorriderle, così che il dolore si alleviasse.

La donna si sedette accanto a lui, tenendogli la mano, -mi hanno detto che sei piuttosto malinconico- sussurrò la donna accarezzando col pollice le nocche del ragazzo. Eren si guardò attorno, notando una figura lontana, mai vista, che indossava il classico gilè del bar verde scuro. Poté notare solo i lati della testa rasati, e qualche ciocca corvina che gli sfiorava le orecchie.
Eren tornò a guardare Hanji -il tizio nuovo?- domandò inclinando la testa verso di lui. La donna diede una piccola occhiata verso il corvino distante.
-Beh... Sì- confessò un po' in imbarazzo -ha iniziato ieri- aggiunse. Il ragazzo mugugno in segno di approvazione.
-È successo qualcosa, vero?- domandò lei guardandolo con preoccupazione.

Eren distolse lo sguardo, guardando la grande finestra di lato a lui. -Eren...- sussurrò la donna, ma lui rimase in silenzio a guardare fuori.
-È successo quello che accade sempre Hanji- disse in modo freddo il ragazzo, non volendo scoppiare in un pianto inutile e tremante.
La stretta della bruna si rafforzò -perché non vieni a vivere con me? Lo sai, il mio appartamento è grade, ci staresti benissimo e Mika...- non finì la frase, non ci rouscì, venne interrotta dall'arrivo del corvino. Eren non degnò nessuno del suo sguardo se non al paesaggio, il mondo esterno.
-Hanji te l'ho detto...- disse il ragazzo, lasciando la sua mano e nascondendola sotto al tavolo -voglio cavarmela da solo... Ce la posso fare- disse sicuro di se.
Hanji annuì anche se il ragazzo non la vide farlo, -spero almeno che questa volta la cioccolata te la lascerai offrire- disse mostrando un piccolo sorriso. Eren fece lo stesso guardando in basso e poi lei, il corvino era già andato via lasciando davanti al castano la sua ordinazione.
-Certo che no- sussurrò lui, facendo ridacchiare la donna -sei proprio come tua madre- sussurrò lei, lasciandogli un bacio fra i capelli -vado a lavorare! Questo locale non circola senza di me!- urlò in modo scherzosamente vanitoso.
Eren ridacchiò -ovviamente- affermò in modo ironico, beccandosi una linguaccia dalla bruna.

Era passato quasi tutto il pomeriggio e doveva tornare a casa. A casa da Jean.
Come ogni volta.
Anche se aveva poteva ancora passare del tempo lì, non voleva occupare il bar di Hanji per così tanto.
Avrebbe affrontato Jean. Che l'avrebbe preso e approfittato di lui come sempre. Come ogni fine giornata.
Era diventata la routine del castano ora mai.
Poco dopo gli arrivò lo scontrino, lo prese. Non andava da così tanto da non ricordare neanche quanto costasse l'unica cosa che prendeva. In basso, su quel foglietto, lesse una calligrafia perfetta in un inchiostro blu.
Le ali della libertà sono grandi e bianche, ti condurranno alla felicità...

Una frase semplice, che Eren non comprese a pieno. Si guardò attorno, in cerca di un probabile colpevole che gli fece battere il cuore.
Si sconsolò, trovando solo la solita Petra davanti a lui. Pronta a riscuotere ciò che doveva.
Eren le diede i soldi, per poi alzarsi. -Grazie per le belle parole- non sorrise, e nonostante lo sguardo di lei evidentemente confuso, non le diede peso e uscì.

L'autobus era pieno e il sole in poco tempo era già calato. Eppure sembrava ancora così presto...
Sospirò all'ennesima fermata.
Il bus lì si riempì ancora. Ringraziò il cielo di aver trovato posto prima che quella mandria entrasse. Alzò lo sguardo.
Non sapeva perché, ma lo fece. Istinto forse. Era quello che tutti chiamano istinto.

Incrociò due occhi, già intenti ad osservarlo. Erano chiari. Un argento che luccicava, sfumando in un leggero e affascinante azzurro.
Eren non riusciva a non guardarli. Impossibile distogliere lo sguardo.
Non aveva mai visto occhi così rari, risplendere sotto una scadente luce al neon di un autobus altrettanto scadente.

Il bus in quel momento si fermò. Ma niente per i due sembrava cambiare qualcosa. Mentre una folla di persone passò di fronte a loro, Ere perse di vista quelle due pozze grigie e subito dopo si guardò attorno, cercando fra la massa.
Ma ogni suo tentativo sembrava vano.
Non c'erano più.
Guardò fuori dal finestrino, non riusciva a vedere niente. Si sentiva in ansia e perso, quegli occhi gli avevano portato via un battito in una fermata d'autobus. Quando ripartì, il ragazzo poggiò tristemente la testa contro il finestrino.
Sentiva il cuore battere. Mente quella frase, riecheggiava nella sua testa: Le ali della libertà sono grandi e bianche, ti condurranno alla felicità completa...
Il ragazzo sussurrò un unica cosa mentre un piccolo e amaro sorriso si formava sul suo volto -quando li incontrerò ancora...-.

𝑂𝑢𝑟 𝑆𝑡𝑜𝑟𝑦 - One Shots - ERERI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora