Ghost Girl

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Dallo specchio escono farfalle nere e una mano. Quest'ultima è così piccola che potrebbe essere quella di una bambina di circa sette anni. Dal polso pende un'etichetta rossa con un piccolo cuore dipinto.
È stato dipinto da poco.
Il sangue è ancora fresco.

La fisso per qualche secondo e poi avvicino la mia. La sfioro impaurito e noto subito che è gelata, ma soave. Mi piace carezzarla.
Improvvisamente quella piccola mano prende il mio polso e lo stringe forte. La decisione con cui mi afferra mi lascia basito: come può una creatura così piccola, ammettendo che lo fosse, avere una stretta così vigorosa? Cerco di liberarmi scuotendo disperato il braccio, ma ottengo il risultato contrario: la mano mi stringe maggiormente e sento il mio sangue smettere di circolare.
Dallo specchio ne spunta una seconda, ma questa è diversa: è sbiadita. Spunta più dell'altra e prende il mio avambraccio.

-Lasciati andare, se chiudi gli occhi non farà male. È solo una questione di pochi minuti.- Dice una vocina prima di lasciarsi andare ad una risata alquanto inquietante.

Una folata di vento gelido mi spinge da dietro ed è come se avessi tante mani che mi pressano e mi vogliono avvicinare allo specchio. Come se mi volessero buttar letteralmente dentro.
Il mio cuore congelato fluttua accanto a me e i miei polmoni bruciano.
La seconda mano prende il mio cuore e, senza preavviso, entrambe tirano forte fino a farmi cadere nello specchio.

Non so esattamente da quanti minuti sono immerso in questo buio più totale. Non so se l'oscurità mi stia inghiottendo piano o se sono io che ho chiuso gli occhi per paura di ciò che potrei vedere. L'unica cosa di cui sono sicuro è che sto cadendo e continuo a farlo.
Vorrei gridare, ma la mia voce sembra morire in me appena mi sforzo di far uscire qualche parola. Mi prude la gola ad ogni tentativo, sento che sto per soffocare e per questo motivo decido di rinunciarci.
Chiudo gli occhi e atterro su una superficie dura sotto di me. Sento il mio scheletro dolorante implorare pietà, la mia testa pulsa e le gambe tremano. Mi metto seduto lentamente per capire dove sono e per ritrovare le forze e il coraggio di alzarmi.
La scarsa luminosità non mi permette di vedere con chiarezza, ma cerco di fare uno sforzo.
Mi trovo seduto sul pavimento, su del parquet, per essere precisi. Intorno a me si innalzano alti alberi con chiome così folte che si toccano e si fondono le une con le altre. Il cielo è fatto di infinite foglie scure. I tronchi sono grandi e forti e le spesse radici sembrano fondersi con il pavimento.
Sussurri si liberano nell'aria e riecheggiano nella mia testa.
Da ciascun albero pende una piccola gabbia con qualcosa dentro, ma non riesco a scorgerne il contenuto.
Un piccolo pianto accompagnato da una risata catturano la mia attenzione e sembrano volerla torturare dal momento che questi suoni non si disperdono nell'aria, ma aumentano la loro intensità.

Mi volto di scatto sentendomi osservato e una bambina, o meglio il fantasma di una bambina, era proprio davanti ai miei occhi. Un leggero vento le smuove il vestito e i suoi lunghi capelli, ma niente sembra poter distrarla e interrompere il contatto visivo che aveva stabilito con me. I suoi occhi sbiaditi mi fissano in modo inquietante. Apre leggermente la bocca ed espira piano. Come per magia un po' di luce mi permette di vedere meglio e noto che il fantasma di quella bambina si trova sopra un piccolo corpo della medesima taglia, con lo stesso vestito e gli stessi capelli. Accanto a lei, c'è il mio cuore congelato. Non riesco a vedere il suo viso perché mi da le spalle, ma sento che quel corpo è appartiene al piccolo spettro. O viceversa.
Una piccola risata si libera dalle sue labbra e io la osservo nuovamente.

-Ed eccoti qui, nuovamente. Ti stavamo aspettando.-

Lei si sposta leggiadra nell'aria verso una delle tante gabbie che avevo notato poco fa. I suoi capelli emanano una strana luce dorata che mi permette di vedere ciò che racchiude: un paio di occhi.

-La sua bellezza di ha accecato?-

Si sposta con cura verso una seconda gabbia, la inclina leggermente e vedo una lingua.

-Oppure ti ha lasciato senza parole?-

Mi guarda ancora una volta. So che lei sa cosa ho bisogno, ma sembra che si diverta in questo gioco.

-No, benché tu non esprima neanche una sillaba, so che non è questo quello di cui tu hai bisogno. Vediamo...- Disse divertita dandomi le spalle. Si osservò intorno.

-No, la testa l'avevi persa l'ultima volta. Dove avevo rinchiuso il cuore? Lo avevo visto proprio qui vicino.- Riflette ad voce alta, ma io non capisco una parola di quello che lei blatera pensierosa. Poi, inaspettatamente, dalla sua chioma iniziano a liberarsi piccole pietruzze dorate. Lei si avvicina ad un albero, apre la porticina dell'oggetto che pende e prende un cuore.
È rosso, sano e palpita.
La vedo venirmi incontro e, senza proferire alcuna parola, lo introduce nella mia profonda ferita vuota. Un dolore straziante mi scorre nelle vene, ma finalmente ricordo, capisco e sono vivo.

Un piccolo pianto proviene dal corpo inerme della bambina stesa per terra, ma lei continua a non muoversi. Ritornano i sussurri e diventano sempre più invadenti. La luce diventa fioca e faccio fatica a orientarmi, ma io ricordo dove sono. E ricordo cosa succederà ora.
Un paio di mani mi prendono per le spalle e, nonostante mi dimeni con tutte le mie forze, so che non posso vincere. Vedo una vasca da bagno tra i due alberi più grandi del bosco.
Chiudo gli occhi e trattengo il respiro sapendo che mi avrebbe immerso in essa.

-Lo sai che è per il tuo bene.-

A causa dell'acqua, la sua voce giunge ovattata alle mie orecchie. Le sue unghie si conficcano nella mia pelle per provocarmi dolore e far sì che io smetta di porre resistenza. Apro immediatamente gli occhi spaventato e riesco a vederla sopra di me. Sono completamente immerso e sento l'acqua entrarmi dentro fino ai polmoni. Invadono la mia gabbia toracica intasandola. Non c'è niente che io possa fare per liberarmi dalla sua presa e scappare, ormai non ho più forze. Mi lascio andare piano e chiudo gli occhi.
Prima di perdere i sensi, mi sembra di aver udito un Tu devi dimenticare in lontananza, ma ormai è troppo tardi per accertarmene.

Mi sento morire.


Continua nel prossimo quadro...

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