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Rientrai in casa con un vuoto dentro di me.
La casa era silenziosa, nessuno aveva il coraggio di parlare.
Avevo un mal di testa allucinante e gli occhi pesanti per il pianto che non sembrava voler terminare.
Perché la mia vita dev'essere così difficile?
Per calmarmi decisi di fare l'unica cosa che mi avrebbe portato fuori dalla dura realtà: suonare.
Corsi di sopra ed entrai nella camera degli attrezzi musicali, presi la chitarra ed iniziai ad improvvisare qualcosa, qualsiasi cosa che mi passasse per la testa.
Stavo suonando da ore tanto da farmi male alle dita ma non volevo fermarmi, il suono della chitarra mi portava indietro ai ricordi della vecchia famiglia, delle risate con Dylan, dei viaggi con loro, dei litigi e pianti con loro, della felicità con loro. Ero così tanto persa nei miei pensieri che non mi accorsi di avere Matt davanti appoggiato alla porta della stanza.
"Kate?", mi chiamò per l'ennesima volta.
"Scusa Matt, ero...", non riuscì a finire la frase che lui mi anticipò, "Tranquilla, si vedeva quanto eri persa nella musica".
Non ero proprio persa nella musica, non sapevo nemmeno cosa stavo suonando ma non volevo dare a vedere che dentro stavo letteralmente morendo.
"Avevi bisogno?", chiesi sorridendo, il sorriso più falso del mondo.
"Beh volevo sapere come stavi, tutto ok vero?", chiese preoccupato e guardandomi.
"Sì va tutto bene, non ti preoccupare", mentì semplicemente.
Non volevo coinvolgere né lui né i genitori perché non volevo toglierli la felicità nel riavermi nella loro vita.
"Sicura?", chiese facendomi capire che non era poco sveglio.
Annuì e sorrisi più in modo convincente e a quanto pare funzionò.
"Va bene, se lo dici tu", disse con un alzata di spalle per poi aggiungere, "Comunque sei davvero brava con la chitarra".
"Grazie", lo ringraziai anche se pensavo di suonare malissimo, di solito quando improvviso qualcosa che mi viene in mente, il suono risulta terribile.
"Suoni da tanto?", chiese per cambiare discorso e lo ringraziai mentalmente per stare sul leggero.
"La chitarra non da tanto, il pianoforte invece da anni", risposi mettendo al posto la chitarra siccome avevo capito che lui non mi avrebbe lasciata da sola e dovevo parlargli per mostrare che andava tutto bene.
"Davvero? Allora perché non vieni a suonare qualcosa al pianoforte di sotto in salotto?", chiese entusiasta.
"Ma certo", risposi, mi alzai a malavoglia dalla sedia e quando lui si girò per uscire sbuffai, non perché non lo volevo attorno ma solamente perché in situazioni del genere mi piaceva stare da sola.
E questo Dylan lo sapeva bene, lo capiva anche se non dovevo dirglielo ma a quanto pare Matt no.
Non potevo nemmeno biasimarlo perché non aveva passato un intera vita con me e non sapeva praticamente nulla del mio strano carattere.

Arrivai al salotto e mi misi seduta davanti al bellissimo pianoforte color nero luccicante e posai le dita sopra ai tasti bianchi e neri.
"Dimmi qualcosa da suonare", chiesi a Matt senza distogliere lo sguardo dal pianoforte.
"Ecco, io non ne so tanto di musica classica, quindi il brano che ti piace di più", rispose sorridente.
"Va bene allora ti suono River Flows in You di Yiurma", dissi pur sapendo che lui non aveva la minima idea di che brano parlassi e iniziai a suonare.
Il suono del pianoforte coprì il silenzio della casa, la melodia del suono si impossessò in tutta la dimora.
Il suono del pianoforte era il mio preferito in assoluto, mi trasportava nel mondo della tranquillità e serenità, in un mondo diverso da quello disastroso che stavo vivendo.
Un suono che mi faceva dimenticatare ogni singolo problema e ostacolo che mi circondava.
Un suono che mi nascondeva da tutto e da tutti attorno a me, come se io non ci fossi nel presente.
Un suono dolce e fragile che mi faceva ritornare ai ricordi del mio passato, mi faceva scorrere dei brividi lungo tutto il corpo e rallentava il mio battito cardiaco in una maniera incredibile.
La melodia del pianoforte aveva un potere straordinario sulle mie emozioni, riusciva a controllare e a stabilizzarle in giro di pochi minuti.
Quella balena di emozioni contrastanti che stavo provando dopo la partenza di Dylan e i genitori si stanavo lentamente adeguando dentro di me.
E tutto grazie a un semplice suono del pianoforte, quanto è pazzesco il fatto che delle cose così piccole mi facevano stare miracolosamente bene?

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