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Appena aprii gli occhi, mi ritrovai circondato da mura bianche, da tubi e su un morbido letto.
Non sapevo da quanto tempo mi trovassi lì, ma sembrava passato molto tempo da quel giorno.

L'incidente poteva essere considerato il momento peggiore della mia vita. Ce ne erano stati tanti, ma quello era sicuramente il peggiore.
Vedere Alice in quelle condizioni, a causa mia, mi stava distruggendo.
Non avrei mai dovuto permettere una cosa del genere: sarei dovuto stare più attento a chi mi trovavo intorno, a non far sapere nulla a nessuno, ma a quel gruppo nulla poteva sfuggire.
Eppure, avevo cercato di non destare sospetti, di concentrarmi solo su me ed Alice, ma la cosa non mi riuscì affatto bene: nella mia testa, c'era sempre il pensiero che, un giorno o l'altro, tutto potesse finire. Per Giuseppe, quello doveva essere il giorno stabilito.

Peccato che, per quello che riguardava me, ero salvo, nonostante sentissi dolore ovunque.
Avevo bisogno di parlare con qualcuno: non solo delle mie condizioni fisiche, ma dovevo assolutamente sapere dell'unica persona che importava davvero nella mia vita. Mi sarei voluto alzare da quel letto per andare da lei, ma non ne avevo le forze, che mi facevano un po' preoccupare della mia salute.
Il volto insanguinato di Alice si presentava alla mia mente: non potevo fare nulla per salvarla, non potevo curarla, portarla fuori dall'auto, non potevo evitarle quell'incidente, ed era quello che faceva più male.
Non mi sarei mai aspettato di voler salvare la vita a quella ragazza: l'avevo odiata dalla prima volta che aveva messo il suo sguardo su di me, che mi aveva subito irritato, e non avrei mai pensato che avrei continuato a cercarlo. Quegli occhi marroni così irritanti, così fastidiosi ma dei quali, in quel momento, avevo più bisogno: quegli occhi erano diventati il mio punto di riferimento, così profondi e pieni di cose da raccontare.

Avevo cercato di alzarmi da quel letto, ma soltanto alzando la schiena sentii il dolore espandersi più forte in tutto il corpo. Mi appoggiai di nuovo al cuscino, amareggiato: dovevo sapere come stesse, se si fosse svegliata, se si ricordasse qualcosa, se fosse incazzata con me, perché sarebbe stata colpa mia se fosse morta.
E se fosse morta?
Quasi non ricordavo più la mia vita prima di lei, se non i momenti più brutti. Vivevo andando avanti giorno dopo giorno, senza un motivo preciso, se non quello di sopravvivere e di scampare a Giuseppe e alla sua compagnia. Alice mi aveva ridato la vita, e non potevo toglierla a lei; non avevo potuto far nulla per Salvatore, ma potevo evitare che la stessa sorte accadesse alla persona che amavo.
Era strana, quella sensazione: amare qualcuno, sentirsi amati, significare qualcosa per qualcuno, pensare costantemente a qualcuno. Erano cose che non avevo mai provato: qualcuno aveva cercato di rimanere con me, di essere dalla mia parte, ma con scarsi risultati.
Pregare non faceva per me, e non pensavo che una persona si potesse salvare in quel modo: dovrei esserle accanto, ma non riuscivo neanche a muovermi, ma il mio pensiero era fisso su di lei.

La porta della stanza si aprì, rivelando una donna che ricordavo bene: almeno, quell'incidente non mi aveva portato via la memoria.
La donna mi rivolse un enorme sorriso, anche se non riuscivo ancora a sorridere: ero vivo, si, ma non sapevo ancora nulla di lei, e questa era la cosa più fastidiosa.
'Ben svegliato' disse, non appena si trovò accanto al mio letto.
Controllò i parametri e tutto quello di cui aveva bisogno per conoscere le mie condizioni e, appena ebbi la sua attenzione, le feci la domanda che mi stavo facendo da quando ero sveglio.
'Lei dov'è? Come sta?' Chiesi, anche un po' spaventato.
Potevo risultare maleducato, ma non mi importava: Alice doveva averle parlato di me, e doveva capire che certe cose non ero abituato a dirle. Certo, la maggior parte delle cose che avevo detto ad Alice erano nuove, ma lei poteva meritarsi la nuova parte di me, che usciva solo in sua presenza.
Quanto mi mancava poterla stringere a me, baciarla, parlarci: mi mancava, terribilmente.
'Non vorresti prima sapere di te?' Domandò la donna, anche se doveva già sapere la risposta.
'Sono sveglio, sto bene, quindi non ho bisogno di sapere come sto. Ho bisogno di vedere Alice e di sapere come sta' cercai di non dirglielo con un tono alto, anche perché quelle parole potevano essere mal interpretate.
Ci tenevo talmente tanto a quella ragazza che quasi dimenticavo del mio stato di salute ma, a parte quei dolori, non avevo nient'altro di preoccupante.
'Prima lascia che ti dica qualche cosa, poi ti parlerò di lei' disse, ma non aveva ancora capito che non mi importava più di tanto.
'Dottoressa, la prego, mi parli di Alice: mi dica come sta, mi..' non riuscì a terminare la frase, dato che fui interrotto da un gemito di dolore.
Veniva dal petto, e faceva davvero male: la donna mi tenne giù, toccando quella zona e cercando di farmi rilassare. Fortunatamente, fu questione di secondi, e lentamente mi ripresi.
Perché mi aveva fatto così tanto male? Era il segno che non mi dovevo preoccupare, o che dovevo assolutamente farlo?

Our All. ||Stefano Lepri||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora