Non sapevo cosa stessi provando. Ero felicissimo, ma al tempo stesso avevo paura di vederla.
Mi sentivo al settimo cielo per questa notizia: finalmente si era svegliata, finalmente era ritornata con me.
Ma forse non era proprio un "finalmente".
C'era quella cosa che continuava a spaventarmi di più: la sua memoria.
Era tornata? Era per questo che si era svegliata più tardi?
Non lo sapevo, in quel momento la mia mente aveva pensato solamente: "è sveglia".
Il respiro si era fermato per poco, i miei occhi erano fissi da qualche parte, e la mia mente continuava a ripetermi quella frase. Tremavo, ero agitato nel vederla, ma forse non lo sarei dovuto essere.
Il fatto che finalmente fosse viva non contava più di tutti gli altri fattori? Invece no, perché c'era quella dannata eventualità che potesse non ricordarmi.
Cosa sarebbe stato più doloroso? Non vederla, oppure sentirmi dire da lei "non ricordo nulla"?
Continuavo ad essere del parere che, da una parte poteva essere una cosa positiva, ma dall'altra no. Non volevo che si dimenticasse quello che eravamo stati, e quello che potevamo continuare ad essere, perché era felice con me, lo era stata per un po' di tempo, mi sembrava di averle regalato più sorrisi di quelli che ne aveva avuti in tutta la sua vita, eppure mi sembrava di non aver fatto abbastanza.
Regalare un sorriso ad una donna ti fa sentire meglio, ma di certo non puoi fermarti a questo. Ci sono tanti altri aspetti da conoscere e studiare, e bisogna capire se quei fattori siano indispensabili da sapere oppure ne si può fare a meno: io la amavo così com'era, fattori indispensabili o meno.
Sarebbe stato probabilmente più doloroso il suo smarrimento nel vedermi, ma mi sarei pentito se non l'avessi vista, se non le avessi parlato.
Che dovevo fare?'Stefano?' Disse Eleonora, ancora davanti al letto, e d'istinto alzai il capo.
Matteo mi guardava confuso. Già cercavano di dirmi qualcosa prima e non li stavo ascoltando, era chiaro, ma forse aveva capito il motivo per cui non ero riuscito a stare dietro al loro discorso.
'Che succede?' Chiese, non capendo. 'Insomma, dovresti essere felice, dovresti saltare dal letto per la gioia, dovresti correre da lei. Perché non l'hai fatto?' Continuò, e fui io a guardarla confuso.
'Mi hai detto che può darsi che non mi ricordi. Penso che sia la cosa più dolorosa da sentirsi dire' le spiegai, pensando che la cosa le fosse chiara.
Era stata lei stessa a dirmelo, se l'era già dimenticato?
Sentii la mano di Matteo stringere la mia spalla: significava che riusciva a capirmi, e per me era più che ovvio. Lui stesso si era ritrovato nei miei panni: non in un letto di ospedale, ma che la sua fidanzata non si ricordasse di lui.
Pensandoci, non la chiamavo quasi mai "fidanzata", mi sembrava un termine troppo comune. Tutti, con gli amici, dicevano "la mia fidanzata.." o roba del genere, quando la citavano, io invece la chiamavo Alice. Non sapevo se le andasse bene o meno, ma non pensavo che potesse importarle.
Forse non le importava proprio, ma non potevo saperlo, se continuavo a stare lì ed a riflettere sul vederla o meno.Eleonora continuava a guardarmi dispiaciuta, e forse ero stato anche un po' brusco con lei. Mi aveva aiuto tanto nella mia guarigione, non avrei dovuto trattarla in quel modo, ma ero fatto così: ero impulsivo e mi ambientavo alle situazioni, ma forse un po' troppo.
'Scusami' dissi, alzandomi dal letto. 'Voglio vederla, ora, solo che sto anche cercando di prepararmi a quello che potrebbe accadere' la informai, non appena fui vicina a lei.
Lei mi sorrise, probabilmente per tranquillizzarmi.
'Ero solo troppo felice, me ne ero dimenticata. Lei ha aperto gli occhi e sono corsa da te, ed ho mandato un altro medico per farle degli accertamenti. Sei tu che mi devi scusare' disse, perdendo tutta la sua felicità.
Sembrava che si fosse spenta lentamente, e quella donna non mi aveva ancora raccontato quello che mi stava per dire poco più di una settimana fa. Mi dispiaceva, ma dovevo farle notare anche la realtà dei fatti, perché doveva sempre essere presa in considerazione: meglio una dura verità che una sporca bugia.
Tentai di sorriderle, di farle capire che stavo bene, nonostante lei fosse cambiata in un nano secondo. Non sapevo quanto le potessi interessare, ma magari si sarebbe fatta più forza.
'Andiamo a vedere l'esito, va bene?' Le chiesi e lei annuì.
Era normale che ci tenesse così tanto ad un paziente? Si vedeva che era una persona emotiva, ma di solito un dottore non dovrebbe affezionarsi così tanto ad un paziente: il loro obiettivo è salvare delle vite, ed a volte possono commettere degli errori. Alla morte di un loro paziente ci rimarrebbero male, fin troppo, e potrebbe farli quasi pentire di aver fatto quella scelta.
Ma chi ero io per giudicare? Eleonora si occupava soltanto della sua paziente, aveva dei figli ed era un po' come se Alice fosse la sua, perché sapeva cosa si potesse provare alla morte di una ragazza giovane.
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Our All. ||Stefano Lepri||
Fanfiction'Ah, sì? Dovrei continuare a fidarmi delle tue parole? Non so neanche se quello che mi hai detto sia tutto una cazzata inventata sul momento' 'Si, perché ti sto proteggendo' Sequel di 'My all. ||Stefano Lepri||' Dopo l'incidente, tutto sarà ancora p...