Che uomo credi che sia?

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Qualche giorno dopo, Lavinia era al magazzino, intenta a studiare l'infinità di cianfrusaglie che avevano accumulato negli ultimi anni: frammenti di marmo, stoviglie dipinte ma in frantumi, lacerti di mosaico, tessere, monetine ricoperte di patine azzurrine, frammenti di bronzo di poco valore come cardini o serrature. Tutte cose a cui nessuno a parte lei, al momento, sembrava interessato. Alcuni pezzi, più belli di altri, li stava già imballando: avrebbero costituito il nucleo della sua collezione. Una brocchetta di argilla scura; alcune monete più grosse e meglio conservate delle altre, sul cui dritto era visibile un ritratto di profilo circondato da alcune parole; un'anfora rosata, che recava sul collo una lunga iscrizione; la pietra incisa che doveva essere saltata al castone di un gioiellino, forse un anello. Del resto non sapeva ancora cosa fare, e durante quei giorni di pioggia improvvisa non aveva potuto neppure stabilire quale zona della città andare a indagare, anche se aveva già qualche idea. La cosa che più la preoccupava era il pericolo di imbattersi senza volere in una necropoli: ad Amor probabilmente non valeva la regola che vigeva ai suoi tempi, di seppellire i morti fuori dalle mura. Dovunque si cercasse di fare un lavoro o si volesse ampliare una cantina, sbucavano cunicoli pieni di nicchie al cui interno riposavano i resti degli antichi abitanti di Amor, raccolti all'interno di un vaso o di uno scrigno. Una volta, da ragazza, ne aveva visto uno nella collezione di suo padre: a quell'epoca non era ancora vietato profanare quelle tombe. Sul coperchio dello scrigno di prezioso marmo colorato erano incise alcune parole, una citazione forse, sulla vita luminosa oltre la morte, e sulla bontà del proprietario di quell'oggetto deputato a raccoglierne le ceneri.

Mentre avvolgeva quello che sembrava un dado da gioco in una pezza vecchia, per proteggerlo, qualcuno aprì la porta ed entrò all'interno del magazzino. Senza neppure alzare lo sguardo dal suo lavoro, riconobbe il passo di Fabrizio che si affrettava a camminare verso il centro dello stanzone.

"Come sta andando al palazzo dei Pallante?" gli domandò, sentendolo tossicchiare.

"Benone" rispose la voce allegra di Cesare: "Benone, direi. Vero, Fabrizio?" Lavinia scattò, rendendosi conto solo in quel momento che Fabrizio era accompagnato. Il fratello stava frugando in una cassa, e sollevò appena la testa per sorridere a entrambi, con una risatina nervosa:

"Benone, signore. Sorellina, eravamo passati solo per recuperare questi" le disse sollevando un astuccio di pelle scura, che conteneva i suoi arnesi da lavoro.

"A che ti servono i raschietti?" gli domandò, perplessa.

"Intanto che è a palazzo, ho pensato che Fabrizio poteva sistemare alcune cosette" rispose Cesare, iniziando a gironzolare come se fosse a casa sua. Lavinia inspirò a fondo, guardando dinnanzi a sé per un momento.

"Spero che abbiate concordato un onorario, la presenza di Fabrizio è molto..." non riuscì a finire, perché Cesare sollevò una mano verso di lei intimandole di non proseguire:

"Sì, è molto preziosa per te, lo so. Sempre attenta all'aspetto economico, mi congratulo. Abbiamo concordato un onorario. E tu, invece, cosa fai, donna Lavinia?" le domandò, avvicinandosi.

Lavinia si alzò in piedi.

"Nulla, sto solo facendo ordine." Rispose, andandogli incontro per evitare che potesse curiosare. In altre circostanze lo avrebbe lasciato fare, ma avevano deciso di non commerciare più con lui: non poteva smentirsi ad appena una settimana dalla sua decisione! "Piuttosto, signore, avete di certo saputo dell'arresto di Settimo Della Vite" cercò di distrarlo, e lui annuì, gonfiando appena le guance prima di emettere un lungo sospiro.

"Non avete qualche buona notizia? Speravo che avreste potuto mettere una buona parola col Principe, visto che le cose fra di voi si sono appianate" insistette, incapace di aggiungere quella frecciatina. Cesare le rivolse un sorriso che non gli contagiò gli occhi, cogliendo la provocazione.

"Mia cara" le rispose scuotendo appena il capo "credi forse che io non abbia onorato l'amicizia di lunga data col buon Settimo? Che uomo credi che sia?"

"Un uomo che tradisce le sue amicizie per proteggersi?" replicò Lavinia, più diretta di quello che avrebbe voluto. Vide Fabrizio alle spalle di Cesare boccheggiare, mentre il nobile abbassava lo sguardo verso terra, le labbra strette per un momento, anche se pur sempre atteggiate in un sorriso.

"Chi avrei tradito, sentiamo?" le domandò quando ebbe risollevato il capo, spostando il peso da un piede all'altro per mettersi più comodo di fronte a lei.

Amor oblita - Di congiure e catacombeOnde histórias criam vida. Descubra agora