La spada e il pugnale

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Suscitando non poche proteste del guardiano, i fratelli Fabiani erano riusciti a entrare all'interno del palazzo e a far chiamare il medico di famiglia, anche grazie all'intervento di Cesare e Marco che, seduti al tavolo nel loro salotto, erano stati interrotti nel mezzo di una partita a dadi. I due nobili fratelli rimasero in silenzio a squadrare gli altri due, che si affaccendavano esausti intorno al corpo privo di sensi di Angelica, deposto su un divanetto.

"Posso sapere cosa sta succedendo?" si decise infine a dire Cesare, rompendo il silenzio perplesso che riempiva la sala. Fabrizio era così preso ad osservare il volto imperturbabile di Angelica che toccò ad Antonino raccontare tutta la storia.

"Signori, io lo so che mia sorella si è comportata in modo davvero incredibile, e ingiusto, e anzi vorrei approfittarne per rinnovare il nostro personale rispetto per la vostra famiglia..." iniziò formale, ben ricordando che Lavinia aveva combinato un po' di scompiglio l'ultima volta che era stata lì.

"Va' avanti" lo esortò Cesare, improvvisamente impaziente. "Per esempio, comincia col dirmi dov'è tua sorella..."

Antonino, sconfortato, abbassò le spalle e la testa come di fronte a un maestro severo: "Non c'è nulla che vorreste sapere, prima di questo? Potrei raccontarvi di Angelica, che non si chiama davvero così, ma..." Marco si schiarì la voce, sorridendo nel vedere la faccia terrorizzata di Antonino a quel solo rumore.

"Mio fratello ti ha fatto una domanda, Antonino. Perché non rispondi?"

Con un sospiro, Antonino raccolse una sedia e si mise comodo di fronte a loro, con l'espressione di un cane bastonato. Iniziò a raccontare, spiegando che Lavinia aveva deciso di fingersi interessata a partecipare alla congiura per permettere loro di scoprire chi fosse colui che guidava i congiurati. "Ma forse le abbiamo dato una botta troppo forte, e anzi... Angelica è una spia di Fedro Poccolani, quindi forse non abbiamo preso l'uomo giusto" concluse affranto. Cesare e Marco lo guardavano come se fosse uno scherzo della natura. Ma fu Cesare il primo a riaversi dallo smacco, balzando in piedi come se gli fosse scattata una molla.

"Perché l'avete lasciata andare?" esclamò incredulo. Sentendosi chiamato in causa, anche Fabrizio rivolse a Cesare la stessa espressione di Antonino: due paia di occhioni scuri e affranti sostennero lo sguardo del nobile Pallante per pochi momenti, prima di soccombere di fronte alla sua espressione severa.

Mentre Cesare prendeva fiato, Antonino ebbe la certezza che Lavinia non avrebbe trovato molto di lui su cui accanirsi. E infatti pochi secondi dopo Cesare avanzò minaccioso e lo afferrò per il farsetto, sollevandolo dalla sedia su cui si era appena appoggiato.

"Come avete potuto permettere che vostra sorella, il vostro sangue, facesse una simile pazzia?" domandò a entrambi, ma quello che veniva scosso come un bambolotto era Antonino.

"Signore!" cercò di richiamarlo al controllo, sollevando le mani in segno di resa "Lo sapete che quando Lavinia si mette in testa qualcosa, non c'è modo di fermarla!"

"Avreste dovuto venire subito da me!" replicò Cesare, mollando Antonino con uno strattone e indietreggiando di qualche passo per evitare di perdere il controllo. Antonino ricadde a peso morto sulla sedia, terrorizzato. Si voltò verso il fratello maggiore, sull'orlo delle lacrime: "Fabrizio, sei tu il capofamiglia! Prenditi qualche responsabilità!" lo esortò, con voce strozzata. "Diglielo anche tu, che ci aveva vietato di venire qui! Ha detto che era possibile che anche loro fossero..." si zittì subito, colto dal timore che la sorella potesse avere ragione: in tal caso, erano già morti. Marco se la rideva sotto i baffi mentre Antonino tornava a guardare i due Pallante, la fronte ricoperta di sudore.

"Certo che Lavinia ha proprio un bel caratterino, Cesare, potrebbe mettere in riga anche te..." commentò spensierato, ignorando completamente la vena tragica che percorreva la situazione dei Fabiani. Cesare emise uno sbuffo, guardando storto il fratello, ma quello aveva un ulteriore asso nella manica: "Antonino, perdonami, ti ho interrotto... cosa dicevi? Lavinia ha detto che è possibile che anche noi siamo... cosa?" lo imbeccò raccogliendo un acino d'uva dalla fruttiera sul tavolo. Antonino si coprì il viso con le mani.

"Congiurati" rispose al posto suo Cesare, incredulo e deluso. Tutti rimasero in silenzio per un lungo momento, tanto che era possibile sentire Marco che masticava imperterrito l'acino d'uva. Poi Cesare riprese a parlare, ancora più furioso di prima: "Quella pazza! E dire che le avevo chiesto chiaramente di tenere un basso profilo! Mi farà perdere il senno, quella..." non riuscì a trovare un altro termine per descriverla, anche perché le risate di Marco lo distrassero. "E tu cos'hai da ridere? Lavinia è una preziosa risorsa per noi e per Amor! Non può rischiare la vita come le piace! E poi le avevo anche detto che non avevo niente a che fare con questa congiura, ma lei non poteva fidarsi e basta, no! Quanto può essere testarda una donna?" Marco faceva il verso alle frasi del fratello maggiore, sfrontatamente scettico, ma il loro battibecco fu interrotto dall'ingresso del medico, un vecchio uomo dall'aria assonnata e parecchio infastidita seguito da un servo che portava la sua borsa di pelle. Dopo aver guardato con insofferenza ognuno dei presenti, si diresse senza esitazioni verso Angelica e iniziò a intervistare Fabrizio su quello che era successo.

"Ha subito un trauma?" domandò, mentre si accertava che vi fossero battiti.

Fabrizio singhiozzò, sopraffatto: "Sì, un farabutto le ha dato una bastonata in testa... ed è scappato..." mentì, senza che nessuno osasse confutare la sua versione. Mentre le domande si susseguivano – "Quanto tempo fa è successo? Ha dato segni di essere cosciente? Presenta lesioni?" – Cesare passò accanto ad Antonino, facendogli cenno di seguirlo.

"Marco, gestisci tu questa situazione per me. Se la ragazza si sveglia, vedi di cavarle qualche informazione."

"Tu dove vai?" gli chiese il fratello in risposta, con un gran sorriso in faccia. Cesare gli lanciò un'altra occhiataccia.

"A un ballo in maschera" rispose facendo scoppiare Marco in un'altra fragorosa risata.

"Accidenti, fratello, non è giusto che io debba restare qui. Portami con te!" gli disse, scherzoso. Antonino invece era serio: "Sì, signore, prendete lui, lasciatemi qui! Vi sarei solo d'intralcio!"

"Marco ha dei doveri, tu pure" rispose Cesare impaziente.

"Porta Fabrizio!" propose allora Antonino, trattenendosi ancora.

"Non penso che tuo fratello ora abbia tempo per noi" replicò Cesare aiutandolo a oltrepassare la porta molto spontaneamente, con una bella manata al centro della schiena. Con un sospiro affranto, il più giovane dei fratelli Fabiani si rassegnò al fatto che la notte sarebbe durata veramente molto, e che non sarebbe stata affatto tranquilla. Prima di uscire dal palazzo, passarono dalla sala delle armi. Il servitore che la custodiva parve molto sorpreso di vedere il primogenito del padrone.

"Signore, come posso aiutarvi?"

"La spada, e un pugnale per me e per il mio compare." Il servitore tornò poco dopo e aiutò Cesare ad assicurarsi la spada e il pugnale alla cintura di cuoio, poi si offrì di fare altrettanto con Antonino.

"Perché dovrei aver bisogno di un pugnale?" si lagnò, terrorizzato, mentre si lasciava fare.

"Via, è solo una piccola sicurezza in più. Le strade sono buie, non si sa chi si può incontrare..." disse Cesare, facendo il vago.

"Certo, ma mi proteggerete voi, non è vero, signore? Non vi ho mai visto gareggiare ai tornei..." replicò Antonino sospettoso, mentre lo seguiva verso le porte del palazzo.

"Con chi pensi che si sia allenato mio fratello per vent'anni?" rispose Cesare, piccato.

"Magnifico" ansimò Antonino, che avrebbe preferito mille volte essere al posto di Angelica, ora.

"Avanti, poche storie. Fammi vedere dove avete permesso a vostra sorella di infilarsi..." e detto ciò spinse Antonino davanti a sé nel buio perché gli facesse strada.

"Potremmo prendere una carrozza..." tentò di proporre, ma Cesare non era dello stesso avviso.

"Elettra, spero che tu stia pregando per me, ne ho tanto bisogno!" piagnucolò Antonino, guidando Cesare Pallante verso la piazza del Tempio.

Amor oblita - Di congiure e catacombeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora