14. Indiana

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/Leonid Afremov/

Potevo sentire il cuore pulsare nelle mie orecchie. Avevo trovato un ragazzo, che conoscevo a malapena e che mi aveva rifiutata, in piedi nel bel mezzo del mio giardino, gridando cose a caso che difficilmente avevano senso.

Scossi la testa in silenzio. Avrei dovuto essere a studiare. Dovevo togliermelo dalla mente. Andai per conto mio al balcone, separando la tenda e, quando ero in procinto di chiudere completamente le finestre, urlai per lo spavento.

Si trovava di fronte allo specchio, le sue mani erano dietro la schiena e un sorriso giocava sulle sue labbra.

Il mio primo istinto fu quello di sbattere la porta e chiuderla a chiave, che feci. Solo che era di vetro, e mi stavo piegando in un piccolo vestito che odiavo mentre aspettavo il bucato per essere pronta. Mi raddrizzai e sistemai esso intorno a me, facendo intensificare il suo sorriso e allontanare esageratamente i suoi occhi dal mio corpo.

Le mie dita erano ancora premute sul vetro. Mi resi conto di questo solo quando si sporse in avanti e allineò le mani con le mie, i suoi occhi studiarono silenziosamente il mio volto per il secondo in cui lo permisi.

Non appena le emozioni si separarono dal mio cervello, mi tuffai all'indietro, separandomi dal suo forte sguardo. Gli feci segno di lasciarmi in pace, tornandosene da dovunque provenisse.

Come faceva a trovarsi qui?

Tirai un sospiro di sollievo nel vederlo abbassare le spalle e allontanarsi. La curiosità mi raggiunse a quel punto. Lo osservai da un punto vicino al letto mentre raggiungeva la scala (Aveva rubato anche la nostra scala?). Un attimo prima che sembrava stesse scavalcando, la spinse semplicemente indietro sull'erba. Lo schianto echeggiò nella casa vuota.

Probabilmente non si aspettava di vedere la scala spezzarsi e schiantarsi quando cadde, facilmente visibile dalla sua espressione preoccupata mentre controllava la mia. Alzai gli occhi al cielo, tenendomi la testa fra le mani e scuotendola per la disgrazia.

Andai alla porta e afferrai le maniglie, provocando nuovamente un sorriso sulle sue labbra. Tornai pudicamente al mio punto di partenza, sbattendo le ciglia verso di lui. Questo fu solo un momento prima che io tirai le tende per chiuderle e mi trascinai di nuovo sul letto. Se questo era il suo piano per fare irruzione, era uno inutile. Stronzo.

Mi sedetti a gambe incrociate di fronte ai libri di testo e appunti disordinati, aspettando qualche istante in silenzio. Mi trovai un po' in preda al panico. Non sapevo cosa farmene di lui. Avrei potuto chiamare la polizia oppure farlo entrare. Quelle erano le mie due opzioni. Sembrava troppo innocuo per la polizia, ma non potevo permettere di farlo entrare nella mia stanza. Non sapevo cosa stesse succedendo nella sua testa. Un minuto mi rifiutava, l'altro irrompeva nella mia casa. Che strana situazione.

Saltai nel sentire un piccolo colpo sul vetro. Cominciò a battere a ritmo, lentamente e fastidiosamente.

Mi misi in piedi e strattonai nuovamente il vestito prima di tirare le tende. La sua guancia era premuta sulle porte di cristallo trasparente. Si tirò indietro, offrendomi un veloce cenno.

"Vattene!"

Toccò con entrambe le mani il vetro sui entrambi i lati delle sue spalle, premendo la metà inferiore contro di esso. "Voglio vederti" disse con la sua voce roca e rauca.

Mi accigliai e scossi la testa. Chi diamine dice anche salire—


"Allontanati da me." Le mie mani esercitarono la stessa quantità di passione che il mio tono fece, anche se difficilmente sgranava gli occhi.

Styles of Expressionism H.S [Italian Translation]Where stories live. Discover now