7. There's no place like home

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CAPITOLO SETTE

THERE'S NO PLACE LIKE HOME


Layla e Bobby erano entrati nel convento, alla fine. Pur con­sapevoli di non aver fermato un bel niente, speravano di trova­re - da qualche parte all'interno dell'edificio - i fratelli Win­che­ster, ma non c'era traccia né di Sam né di Dean.

Che fine avevano fatto?

In quella che una volta doveva essere stata la cappella privata del St. Mary's, però, trovarono due cadaveri. Bobby ne riconobbe uno: capelli lunghi, volto fiero perfino nella morte - «Ruby,» aveva detto. Layla, invece, aveva intuito l'identità del secondo: Lilith.

E così Sam l'aveva uccisa... Lo avrebbe ringraziato, se solo non avesse rischiato di sollevare qualche dubbio sul suo conto. In ogni caso, c'era da ammetterlo: con Lilith fuori dai giochi c'era una gatta da pelare in meno. E poi, era anche ora che qualcuno la facesse cadere dalla scacchiera! Ne aveva causati fin troppi, di guai. Non era affatto sicura che a suo fratello sarebbe piaciuto il modo in cui aveva incasinato il mondo solo per farlo ritornare. "Avrebbe dovuto usare più cautela," aveva pensato e aveva scosso la testa.

Ora, seduti sullo stesso (e, per una volta, morbido) letto nella camera di motel che avevano preso dopo essere tornati in città, non riuscivano a dormire.

Layla era su di giri, non aveva un singolo motivo per es­sere disperata. Suo fratello era tornato e questo era davvero tutto ciò che avesse mai desiderato. Letteralmente.

Bobby Singer, al contrario, era ricurvo su se stesso, come se la perdita che aveva subito e la sconfitta che a malapena stava incassando fossero un peso troppo grande per poter esse­re sostenuto dalle sue spalle e dalla sua schiena. I suoi ragazzi se ne erano andati - all'Inferno, all'altro mondo, chi poteva dirlo? E, come se non bastasse, l'Apocalisse era scoppiata e lui doveva prepararsi ad affrontarla da solo, armato solo di quella ragazza dai capelli rossi così fuori dal suo mondo e dalla sua portata.

Sospirò e alzò lo guardo sulla parete davanti a loro. L'o­rologio segnava le due e diciassette del mattino e, nel giro di qualche ora, sarebbero dovuti tornare a Baltimora per salire sul volo di ritorno diretto a Sioux Falls.

Era stato tutto davvero così inutile... Scosse la testa.

Sobbalzò quando sentì la pressione leggera di una mano sulla sua spalla e, quando si girò, si trovò ad essere davanti al sorriso timido di Layla. «Non preoccuparti, Dean e Sam stanno bene, ne sono sicura,» cercò di rassicurarlo, anche se era lei la prima a non essere convinta delle sue stesse parole.

«Non c'è nulla che possiamo fare, ora,» esclamò rabbioso lui e si alzò in piedi, stringendo la mascella e i pugni.

Anche la ragazza si alzò. «I miei fratelli scenderanno in guerra. Gli uomini non saranno soli.» Forse no, i suoi fratelli - Dio, quanto le bruciava quella parola in bocca! - non sarebbe­ro entrati in guerra per salvare dei primate senza pelo, ma in quel momento quella era forse la cosa migliore che poteva dire. Conosceva Robert Singer da poco meno di una settimana, ma era diventato importante per lei, che lei lo volesse ammet­tere oppure no. Non riusciva a sopportare l'idea che quell'uomo potesse soffrire per una cosa qualsiasi tra gli infi­niti dolori del mondo e non riusciva a spiegarsi perché. Lo sentiva vicino a sé, alla sua stessa condizione e situazione, escluso da un mondo che sembrava averlo rigettato e per colpa del quale sembrava aver perso tutto.

Gli si avvicinò e gli prese un pugno tra le mani, allentan­do la presa di lui fino ad aprirgli la mano. Gliela strinse e gli sorrise. «Torniamo a casa, dai.»

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