Capitolo 36

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Non so esattamente cosa mi sia passato per la testa. Rimanere da sola con lui? Pura follia.

"Io non ti ho chiesto niente" mi dice, mentre raggiungiamo la stazione degli autobus.

"Infatti l'idea è mia. Ma vedo che tu non si sei sottratto alla proposta".

Stringe i denti, dimostrandosi sofferente. "Sto cercando di resistere, ma non è facile". Lo guardo. "Resistere a cosa?" chiedo, conoscendo già la risposta. Si volta verso di me guardandomi dritta negli occhi e facendomi nuovamente perdere in quell'immensità di quelle due nocciole.

"A questo" dice, spingendomi fino a farmi appoggiare con le spalle al parabrezza del bus.

Mi bacia come non ha mai fatto prima. Facendomi percepire tutte le emozioni che prova in questo momento.

Dolore, per il fatto che dovrebbe lasciarmi andare. Rabbia, perché non riesce a farlo. Dolcezza, che non gli manca mai. E paura. La paura di perdermi per sempre. In questo momento non riesco a pensare ad altro, se non a godermi questo bacio carico di sensazioni.

Appoggia le mani al vetro del parabrezza, intrappolandomi così tra le sue braccia. Appoggia il suo corpo sul mio, facendomi andare in estasi. Fa caldo e sto iniziando a sudare. Un telefono che squilla interrompe questo momento. Toglie le mani dal parabrezza e prende il cellulare dalla tasca dei pantaloni. Sbuffo.

Vedo che esita a rispondere e immagino chi sia.

"Allora? Non rispondi?" chiedo, vedendolo fissare il telefono. "È Michael" mi dice alzando gli occhi e fissandomi. "E con questo? Mica ti proibisco di parlargli". Il telefono smette di suonare e segnala la chiamata persa."Perché non hai risposto?" gli chiedo accarezzandogli la barba. "Non lo so. Non mi va di sentirlo quando sono con te!".

"Sono cambiato da quando mi sono innamorato di te."

Lo guardo mentre si siede al posto di guida. Travolta dalla serietà del discorso, mi ero completamente dimenticata di essere ancora all'interno dell'autobus. "Cosa significa?" chiedo, mettendogli una mano sulla spalla.

"Andiamo a casa" mi dice alzandosi. Camminiamo in silenzio. Sono le 15.00 e il sole brucia. Mentre camminiamo, vengo sommersa da mille dubbi. Che gli sta succedendo? Beh, che sia cambiato me ne sono accorta anche io.

Oltrepassiamo il viale di ghiaia, incorniciato dalle rose, e giungiamo sulla soglia di casa. Apre e mi fa cenno di entrare prima di lui. Chiude la porta alle sue spalle e si toglie la giacca. La cosa mi fa sorridere, perché non capisco come abbia potuto tenerla addosso fino ad ora con il caldo che fa.

Metto la mano davanti alla bocca, per nascondere le mie labbra che sorridono. "Ti faccio così ridere?" mi chiede guardandomi con la coda dell'occhio mentre si sbottona la camicia. "No. Sei magnifico" dico raggiungendolo e abbracciandolo da dietro.

Le mie mani calde, cingono i suo fianchi, ritrovandomi così in un lampo di fronte a lui. I nostri corpi si ritrovano ancora una volta così vicini e percepisco ancora quelle maledette scosse. "Marta, lasciami" dice. Mi allontano come mi ha chiesto di fare. "Ma tu non le senti?" chiedo, riferendomi alle scosse che percepisco ogni volta. "Cosa?" chiede guardandomi. "Quelle scosse appena ci sfioriamo" dico, spostandomi i capelli.  Si dirige verso la cucina, senza rispondere. Rimango in silenzio.

Voglio che mi risponda. Prende una birra dal frigo e me la passa, sapendo che l'avrei bevuta volentieri per rinfrescarmi, e ne prende una per sé. "Sì che le sento Marta! Tu credi che io non senta nulla?" beve un sorso di birra. "No Alessandro, non ho detto questo. Ma mi chiedevo perché ci succede.Che significa? Mi succede solamente con te".

Non riesco a capirne il motivo.

Ripenso a tutto ciò che è successo in questi mesi. A ciò che mi ha portato qui, adesso. Come me, anche lui rimane in silenzio. "Come abbiamo fatto ad arrivare fino a qui?" gli chiedo, fissando la bottiglia di birra ormai vuota. "Sappiamo solo che ci siamo innamorati. Io ho quarant'anni. Tu diciannove. Come può andare avanti, non lo so. Questo sta a noi deciderlo" risponde, avvicinandosi a me. Mi bacia sulla fronte e si dirige verso l'esterno.

"Allora, ti muovi?" mi incita a seguirlo.

Odio profondamente i suoi continui sbalzi di umore. Prima è cupo e freddo. Poi ad un tratto, è felice, calmo e rilassato.Poi ha un nuovo scatto di rabbia. Odio questo carattere.

Ammetto però che, nonostante mi irriti parecchio, non riesco a farne a meno. Amo vederlo cambiare espressione così facilmente, anche se a volte ho un po' di paura.

Mi alzo dal bancone della cucina e sto per avvicinarmi alla porta scorrevole che da sulla piscina esterna, quando si illumina il display del suo cellulare. "Ti aspetto stasera alle otto" riesco a leggere, senza però riuscire a vedere il mittente. Mi tolgo quel mezzo sorriso che mi si era dipinto spontaneamente sul viso qualche istante prima, rimuginando quella frase.

Resto impietrita. Magari il messaggio è di Michael. O magari si tratta della sua ex moglie.

Non dovrebbe interessarmi. Ma quel messaggio ha innescato qualche meccanismo dentro di me.

Lo raggiungo fuori, facendo finta di niente. Si siede sul bordo della piscina, a petto nudo e con gli occhiali da sole. "Quant'è bello!" penso, mentre cammino. "Pensavo che te ne fossi andata. Non ti vedevo arrivare" mi dice, preparandosi per entrare in piscina. Non ci penso due volte e mi tuffo.

******

Ore 19.30. Finisco di cenare e mi ricordo del messaggio che è arrivato ad Alessandro nel pomeriggio. Sono troppo curiosa e perciò decido di andare a dare un'occhiata.

Dico a mia madre che esco, senza darle troppe spiegazioni. Prendo l'auto e raggiungo il parcheggio antistante alla casa di Alessandro.  Lo vedo uscire vestito nel solito modo.

Mi fa sorridere questa sua mania della giacca.

Mi sposto per seguirlo e lo vedo uscire a piedi.

Continuo a seguirlo. Probabilmente sto facendo una cavolata.  Cosa si nasconde dietro questo appuntamento? Cammina molto velocemente, guardando spesso l'orologio. Questo induce anche me a guardare l'ora. Scopro che, per la prima volta, è in ritardo di alcuni minuti.

Questo spiega il suo passo così veloce. Svolta l'angolo della strada e arriva ad un bar del centro. Rimango a debita distanza e guardo quello che succede. Si dirige verso un tavolo. Vedendo la persona seduta a quel tavolo, un gemito di stupore esce involontariamente dalla mia bocca, attirando la loro attenzione.

ASPETTAMIWhere stories live. Discover now