15. Spes ultima dea

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-Harry, ho appena visto il tuo vicino passare di corsa- disse Liam ad Harry, non appena questi salì in auto dalla parte del passeggero. Il pianista aggrotto' la fronte e lo inchiodo' con lo sguardo:
-Cosa vuoi dire?-
-Voglio dire che correva come se fosse inseguito-
Harry non disse niente e si allaccio' la cintura, mentre Liam si immetteva nel traffico.
-Non avevano tutte le confezioni, dovrò tornare domani- lo informò Harry, accennando alla borsetta di carta della farmacia che teneva tra le mani.
-Va bene-
Ne seguì un silenzio teso; in breve raggiunsero la villa, ed Harry fece per scendere dall'auto, ma Liam lo fermo':
-Ehi, mi dispiace. So che odi farti scarrozzare in giro-
-Liam, non voglio la tua compassione. Davvero. Lascia stare- lo avverti' Harry, scocciato.
-Ok, come vuoi- alzò le mani l'autista, mentre l'altro sbatteva la portiera alle sue spalle.

Suzanne lo raggiunse poco dopo, bussando educatamente alla porta della camera per avvertirlo che il pranzo era pronto.
-Ma perché ti ostini a venire di persona? Non puoi semplicemente citofonare?- Sbotto' Harry, con un tono affettuoso a smorzare i modi bruschi.
-Signor Harry, mi sembra una mancanza di rispetto- spiegò lei, entrando ed approfittandone per aprire le finestre ed arieggiare la stanza.
-A che ora arriva Louis?- Chiese, a sproposito.
La signora Moreau si sorprese di quella domanda, ma si limitò a riferire:
-Ha telefonato poco fa, oggi non verrà perché non sta bene-
Harry annuì, lasciando che la donna uscisse e tornasse nell'aula sud. Rimase seduto immobile per qualche minuto, sul letto, e poi citofono' in cucina.
-Alexander, pranzate pure. Ho da fare- disse al signor Moreau, che gli chiese subito se avesse bisogno di qualcosa.
-No, grazie. Esco a piedi, non avvertire Liam-
L'uomo annuì e lo salutò. Non era insolito che Harry prendesse e di punto in bianco seguisse la sua ispirazione; erano abituati alle sue stranezze.

Harry si avvicinò al comò ed estrasse un blister di pillole dal cassetto; si verso' un bicchiere d'acqua dalla bottiglia di cristallo che era posata sul vassoio, e degluti' una compressa. Poi uscì dalla villa, recandosi a casa di Louis.

Il suono del campanello fece sobbalzare violentemente Louis, che si era addormentato a furia di piangere.
L'adrenalina mista alla rabbia per ciò che gli era capitato lo avevano sfinito; il campanello trillo' una, due, tre volte. Scocciato per l'insistenza si alzò suo magrado, andando a rispondere:
-Chi è?-
-Sono Harry. Aprimi-
Louis si raggelo'.
-Ho detto: aprimi-
-Harry, non sto bene e non vorrei contagiarti...- iniziò lui, ma Harry diede una manata sul cancello che rimbombo' per tutta la palazzina. Sgranando gli occhi Louis si affretto' a premere il pulsante di apertura, temendo che i vicini lo avessero sentito.
Harry salì gli scalini due a due con grandi falcate, e giunto davanti alla porta dell' appartamento mansardato di Louis, si fermò. La porta era socchiusa, e dentro c'era penombra.
-Cosa vuoi, Harry?- Mormorò la voce di Louis. Harry non riuscì a distinguerlo.
-Voglio vederti-
-Sono ammalato-
Harry forzo' la porta, trattenuta da Louis, e se la chiuse alle spalle.
Louis gli parve così piccolo, così indifeso che sentì l'impulso di stringerlo tra le braccia. Ma appena fece un passo verso di lui, Louis indietreggio', per cui si fermò.
-Che cos'hai, Louis?-
-No, tu cos'hai! Una volta mi cerchi, una volta mi respingi...cos'hai tu!- Reagì il ragazzo. Harry notò il labbro spaccato.
-Stiamo parlando di te, non di me. Cosa ti è successo?-
Louis evito' di guardarlo, mentre gli occhi si riempivano di nuovo di lacrime. Harry annullo' la distanza tra di loro e lo abbraccio' con dolcezza, mentre l'altro si appoggiava contro il suo petto, lasciandosi andare.
-Cosa ti hanno fatto?- Mormorò Harry, con un tono falsamente tranquillo.
-Non mi ha picchiato. Mi ha soltanto umiliato- rispose finalmente Louis, dopo una serie di singhiozzi. Harry lo cullo' tra le braccia e gli accarezzo' la schiena fino a che non si fu tranquillizzato; poi cercò per lui la giacca e le chiavi di casa, togliendo il bollitore dalla stufa. Gli fece indossare la giacca, mentre Louis era inerte e si lasciava fare. Lo sospinse fuori e gli mise un braccio attorno alle spalle, accompagnandolo attraverso il parco della villa, fino a casa sua.

La mancanza di reazioni di Louis lo preoccupò un pochino, fino a quando non si sedette accanto a lui e lo cullo', sentendo che le forze via via abbandonavano le sue membra sino ad addormentarsi. Lo guardo' a lungo; la ferita sul labbro non faceva che aggiungere un dettaglio realistico ad un viso che pareva persino troppo bello per essere vero. Accarezzo' con lo sguardo la linea della mascella, sino al collo, dove pulsavano le arterie. Era così indifeso. Così dannatamente bello. Gli si strinse il cuore, mentre un'ondata di sconforto lo assaliva: non poteva permettersi di farsi coinvolgere così. Il momento di insofferenza gli fece contrarre il braccio, in un movimento quasi impercettibile, ma sufficiente per destare il giovane, che sfarfallo' le ciglia e poi aprì su di lui uno sguardo perfettamente celeste che lo fece tremare.
-Stai bene, Harry?-
-Sì. Resta qui- gli disse il pianista, lasciandolo da solo sul divano e raggiungendo il pianoforte. Colse l'espressione di Louis: non lo capiva, lo trovava incoerente. Ma quello era l' unico vero rifugio che aveva; l'unica cosa che metteva pace nel suo animo.

Traduzione del titolo: "La speranza è l'ultima dea", è l'ultima a morire.

25/01/2016 Stiamo arrivando ad un momento molto delicato... nei prossimi capitoli conosceremo una sfaccettatura di Harry  inaspettata. Sto cancellando e riscrivendo varie volte perché risulti credibile. Ci tengo molto

Ad astraWhere stories live. Discover now