III

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I giorni seguenti passarono in fretta. Dopo quella notte non parlammo più di ciò che era accaduto, ci lasciammo definitivamente quella serata alle spalle. Tra noi era tornata la serenità e dormivamo anche insieme. All'inizio dormivamo in camere separate ma una notte venne nella mia e mi chiese di poter restare, e come potevo dirgli di no. Da quel giorno dormivamo insieme, fu un gesto totalmente spontaneo dirigerci la sera tardi nella stessa camera. Non dormivamo abbracciati, anche se non nego che mi desse un po' di fastidio, ci bastava sapere che eravamo l'uno accanto all'altro.

E poi arrivò quella fatidica sera. L'indomani avrebbe compiuto gli anni ed eravamo insieme al suo gruppo di amici in un pub, in cui suonavano musica dal vivo. Mi fece sedere in braccio a lui e mi sentii davvero emozionata per quella dimostrazione pubblica di affetto. Non facevamo altro che ridere e scherzare, era come se fossimo nella nostra bolla, non badavamo più neanche ai suoi amici, c'eravamo soltanto noi. Quando Andrea gli fece notare che stava diventando troppo sdolcinato, definendolo "poco virile", lo vidi immediatamente cambiare atteggiamento. Anche se ero ancora seduta su di lui, non mi considerò più e sono sicura che non mi chiese di spostarmi solo per non ferirmi. Non capii totalmente il suo cambiamento d'umore. Perché è così strano per un ragazzo essere dolce in pubblico?
Con una scusa mi levai da lui e mi sedetti dalla parte opposta alla sua. Cercavo di ignorare i continui sguardi che mi lanciava perché sennò sarei scoppiata in lacrime da un momento all'altro. Mi aveva fatta sentire stupida.
Dopo aver salutato i suoi amici, tornammo a casa a piedi. Tra noi c'era molta tensione e sapeva che aprendo bocca avrebbe rischiato di dire qualcosa di sbagliato e di peggiorare la situazione. Quella notte fu la prima volta che non dormimmo insieme da tanto. Cercai di non piangere e di convincermi che il giorno seguente si sarebbe scusato, mi avrebbe abbracciato e mi avrebbe detto che gli dispiaceva. Se solo avessi saputo che il bello doveva ancora arrivare.

Essendo il suo compleanno, decisi di lasciare le divergenze da parte. Gli preparai la colazione e lui sembrò davvero contento. Lessi sul suo volto della gratitudine: con uno sguardo mi fece capire che gli dispiaceva davvero. Ci sapeva fare con gli occhi. Come avrei potuto rimanere arrabbiata con lui se due grandi occhi azzurri mi chiedevano di perdonarlo?
Non aveva organizzato nulla quell'anno, non gli andava di festeggiare, così mi proposi di preparare qualcosa per cena, tanto lui sarebbe stato in università per la sessione estiva tutto il giorno. Lui accettò volentieri.

Andai al supermercato a comprare gli ingredienti. Decisi di preparare qualcosa di davvero basilare e veloce, puntano sulla torta, il pezzo forte della cena. Era tutta ricoperta di cioccolato, come piaceva a lui, e sopra ci avevo scritto il suo nome e il numero ventuno.
Lo aspettai per non so quante ore, ma di lui non vi fu alcuna traccia. Mi allarmai un pochino e decisi di chiamarlo, ma non rispose. Dopo la milionesima volta in cui riprovavo a chiamarlo, sentii la porta di casa aprirsi. Mi sentii sollevata nel vederlo ed in un attimo tutta la preoccupazione sembrò sparire. Ma lui non era da solo, era con Rebecca ed erano impegnati a baciarsi. Quando si accorse della mia presenza, disse solo: "Stiamo andando in camera mia, ci vediamo domani."
Ci rimasi così male che chiamai chi non avrei mai pensato di chiamare: Andrea. Dopo quel commento al pub avevo cambiato opinione su di lui. Ero sicurissima che influenzasse Michele a tal punto da fargli cambiare comportamento, ma in quel momento mi sembrava la persona più adatta da chiamare. Quando rispose al telefono non dissi nulla, capí la situazione e mi disse solo che stava venendo a prendermi. Andammo in un parco e lasciò che io piangessi sulla sua spalla. Non dimenticherò mai le sue parole: "Michele in fondo ti ama, fa così perché ha paura di ammetterlo a se stesso. Dagli un po' di tempo, deve rendersene solo conto."

Così è la vitaWhere stories live. Discover now