Capitolo 22. Lasciarsi il passato alle spalle

4.8K 165 86
                                    

La notizia di ciò che era successo quella notte nella Sala Comune di Serpeverde si diffuse rapidamente in tutta la scuola, sopprimendo l'ormai vecchia novità dell'arrivo di Harry Potter, partito la sera prima. Gli studenti non ebbero nemmeno modi di lamentarsi dell'infausta decisione della McGranitt di cancellare tutti i fine settimana a Hogsmeade, perché quel nuovo, succulento pettegolezzo attirò l'attenzione di tutti. Nessuno seppe mai da chi era partita la voce – Draco sospettava fosse stata la stessa Pansy Parkinson a metterla in giro – fatto sta che al mattino, quando il Serpeverde scese per fare colazione, nessuno gli risparmiò occhiate ostili o impaurite.
Quando quel particolare fatto giunse alle orecchie di Hermione, la ragazza pensò che fosse talmente improbabile che fosse accaduta una cosa del genere, da non dare inizialmente peso a quelle che riteneva semplici voci di corridoio. Tuttavia, quando Blaise Zabini non si presentò a colazione né alle lezioni, Pansy Parkinson si mostrò per tutto il giorno triste e inconsolabile, e Lumacorno confermò la punizione di Draco Malfoy e della sua compagna di casa, il dubbio si dissipò dalla mente della ragazza, e si trasformò in una rabbia piuttosto impaurita.

Durante la lezione di Difesa Contro le Arti Oscure, Draco ed Hermione non solo non si rivolsero la parola, ma finsero ostinatamente di ignorarsi, entrambi infastiditi dal comportamento dell'altro – lui perché lei continuava a non guardarlo, lei perché lui era stato così stupido da esporsi in quel modo.
La professoressa Dumont, così come tutti gli altri studenti, non pareva essersi accorta di quella distanza che i due sembravano voler interporre tra di loro, e proseguiva pacatamente con la lezione. Nonostante la penombra della stanza, sembrava perfettamente a suo agio mentre spiegava i benefici di un buon Patronus.
Hermione si permise di distrarsi: in fondo sapeva già padroneggiare perfettamente quella magia, e a giudicare dalla smorfia infastidita che Malfoy aveva sul volto, lui se ne ricordava perfettamente.
«... la concentrazione è fondamentale per ottenere un buon Patronus. Concentrazione, e ricordi felici» concluse la professoressa. Estrasse la bacchetta dalla manica entro cui era nascosta, la agitò con un lieve sorriso sul volto ed enunciò la formula: uno sbuffo argentato accompagnò la comparsa di un grazioso scimpanzè. Lo sguardo della donna si spostò sui suoi studenti, come se volesse invitarli a provare l'incantesimo.
I Grifondoro si misero subito all'opera: avevano i volti contratti per lo sforzo di mantenere la concentrazione, e qualcuno ostentava persino un beato e sognante sorriso, memore di ricordi piacevoli e allegri. I Serpeverde, invece, sembravano piuttosto restii a compiere quella magia: probabilmente, come Draco prima di loro, ritenevano la faccenda dei ricordi felici una cosa piuttosto stupida. L'unico che sembrava applicato era proprio Malfoy: agitava la bacchetta in aria, mormorando mute parole; di tanto in tanto, qualche sbuffo di fumo argenteo fuoriusciva dalla punta della bacchetta, e lui lo guardava con fastidio, come se non sopportasse l'idea di non riuscire in quella magia.
Animali di ogni genere cominciarono a vagare per la stanza: Hermione vide il leone di Neville produrre grandi cerchi, le grosse zampe sollevate a qualche metro dal suolo. La professoressa pareva piuttosto soddisfatta, e girovagava per l'aula dando consigli e correggendo i movimenti dei suoi studenti.
Lei non aveva nessuna voglia di evocare la sua lontra: sapeva di non averne bisogno, e in quel momento era sicura che qualsiasi ricordo felice sarebbe stato soppresso dall'angoscia che le aveva artigliato la gola non appena aveva saputo di ciò che Draco aveva combinato la sera prima. Il suo sguardo si spostò su di lui, e si fermò sui suoi lineamenti: vide la mascella contrarsi sotto la pelle diafana, e il suo sguardo oscurarsi nella delusione del fallimento.
Il Serpeverde agitò la bacchetta per l'ennesima volta, pronunciando a bassissima voce la formula dell'Incanto Patronus: temeva che se l'avesse gridata, sarebbe stata nota a tutti la sua sconfitta.
«Devi dirlo forte e chiaro» lo contraddisse invece la professoressa Dumont mentre gli passava accanto. Gli poggiò una mano sulla spalla e lo guardò con un lieve sorriso, poi proseguì, e disse la stessa cosa a Nott, che accanto all'amico tentava di produrre un Patronus corporeo.
Draco sbuffò, e i suoi occhi vagarono intorno alla stanza, fino a posarsi su Hermione. Incrociò il suo sguardo nocciola, e non sembrò sorpreso nel notare che la ragazza lo stava fissando; solo leggermente infastidito. La strega non abbassò gli occhi: sostenne il suo sguardo con fierezza, e lui accolse quella sfida silente, insita nelle sue iridi brillanti. Trasse un respiro profondo, agitò la bacchetta in aria e ad alta voce scandì: «Expecto Patronum». Dalla punta della sua bacchetta scivolò fuori un filo di fumo grigio chiaro, che ben presto prese la forma di un muso allungato. Hermione sgranò gli occhi mentre il corpo ateltico e scattante dell'animale si modellava sotto il suo sguardo sorpreso. La coda pelosa si agitò nell'aria una volta liberatasi dalla prigionia del legno della bacchetta, lasciando dietro di sé una debole scia argentea. Infine, uno splendido lupo bianco corse spensierato tra le pareti dell'aula.
Quando Draco vide il muso dell'animale comparire davanti a lui, si sorprese di quell'inaspettata riuscita, tanto che rischiò di lasciar cadere la bacchetta. Quello sconcerto si trasformò ben presto in trionfo, e fu con compiacimento che il ragazzo spostò lo sguardo su Hermione. Lei, incredibilmente, sorrise. Non c'era più traccia di indifferenza, nel suo sguardo, né di gelida rabbia sui suoi lineamenti: solo una spensierata felicità, e una soddisfazione ben evidente nella brillantezza degli occhi.
Quando suonò la campanella, Hermione gli si affiancò in modo disinvolto, come se fosse stato lo sciame di studenti che si accalcavano verso l'uscita a sospingerla verso di lui. Senza guardarlo, ma mantenendo sul volto quel sorriso leggero, si accostò al ragazzo.
«A cosa hai pensato?» domandò, entusiasta della perfetta riuscita dell'incanto.Draco le lanciò un'occhiata torva, e si prese qualche minuto prima di rispondere.
«A niente» replicò lui con voce piatta.
Niente. D'altronde, non poteva certo dirle che aveva pensato alla loro prima notte insieme, e a tutte quelle a seguire. Non poteva dirle che aveva pensato a lei.

IL FANTE DI PICCHE E LA DAMA DI CUORIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora