Capitolo 8

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CAPITOLO 8

Erano ormai passati diversi anni dalla scomparsa dei miei genitori ed era ormai un anno che avevo intrapreso la vita accademica. Mi allenavo da quando avevo compiuto tredici anni ed erano ormai sei lunghissimi e maledettissimi anni che volevo vendetta.

Avevo il terrore delle tempeste lo ammetto ma non mi facevo scoraggiare da nient'altro ero diventata ormai una cadetta e non potevo avere paura o meglio non volevo.

Ero la cadetta migliore a quanto si diceva per tutta l'accademia, primo perché ero l'unica ragazza nonché donna li in mezzo e secondo perché non c'era nessuno che potesse battermi.

Si diceva in giro che ero la più veloce ma soprattutto la più spietata. Nell'anno in cui ero diventata cadetta avevo già combattuto e ucciso parecchi nemici della mia patria, compaesani di coloro che avevano ucciso i miei genitori, non provavo alcuna emozione quando li uccidevo provavo solo disgusto per loro erano persone squallide, che rapivano i miei amici, le persone a cui tenevo per torturali e io non potevo sopportarlo.

All'età di quattordici anni il colonnello Malik mi rivelò finalmente il segreto che stava dietro l'uccisione dei miei genitori, a quella verità diventai furiosa.

L'esercito afghano aveva mirato a me solo per uccidere i miei genitori, sapevano di chi ero figlia e che loro non mi avrebbero fatta uccidere a costo della loro stessa vita. L'esercito afghano voleva solo una cosa che i miei non gli avrebbero mai dato, era un'eredità che si tramandava la mia famiglia da anni, un medaglione all'apparenza normale di quelli nei quali si possono inserire le foto ma in quello era racchiusa una lettera.

La lettera spiegava come costruire una delle armi più potenti al mondo la cosiddetta BOMBA ATOMICA.

Dopo quella rivelazione aprii il medaglione e mi accorsi che era vera tutta la storia vi era davvero quella lettera.

Una lettera che con il permesso dei miei superiori decisi di bruciare, e così pensavo avrei risolto tutto ma ancora nessuno sapeva della sua distruzione ancora mi cercavano e ancora continuavo ad uccidere ma solo per difesa, nessuno credeva al fatto che la lettera fosse andata distrutta e continuavano a rompermi, in un certo senso ero costretta a uccidere se volevo essere lasciata in pace, ma ogni volta tornava qualcuno.

* 7 MARZO 2013 *

Stava iniziando la primavera si poteva notare dagli alberi che piano piano iniziavano a riempirsi di fiori.

Anche quella mattina avevo iniziato la solita routine di sempre.

Mi ero alzata alle sei per prendere i miei allenamenti mattutini delle sette. La notte precedente vi era stato l'ennesimo temporale, troppo forte per essere soppresso con della musica così fui costretta ad alzarmi per dirigermi dall'unica persona di cui potevo fidarmi e che sapevo non mi avrebbe presa in giro per la mia stupida paura. Arrivai davanti alla sua porta spaventata e bussai, non apriva nessuno così riprovai una seconda volta ma ancora niente, stavo per colpire la porta una terza volta ma il rumore di una chiave girata nella serratura mi fece fermare.

Si aprii la porta lentamente rivelando un ragazzo con solo dei boxer addosso che si strofinava gli occhi, probabilmente lo avevo appena svegliato.

<< mmh... s-s-scusa Stephan, so che probabilmente ti ho svegliato ma potrei entrare?... >> iniziai a parlare impaurita dall'idea che un tuono sarebbe potuto cadere da un momento all'altro emettendo quel terribile suono che tanto odiavo e di cui avevo una fifa tremenda

<< Alice?! >> disse con sguardo interrogativo e stupito dal fatto che fossi davanti alla sua porta a chiedergli di poter entrare

Army - Zayn Malik[z.m.]Donde viven las historias. Descúbrelo ahora