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Scesi dalla ruota panoramica, fu come se ci conoscessimo da cento anni: la sua mano che stringeva la mia non era più causa d'imbarazzo, anche se mi faceva lo stesso sobbalzare il cuore, la sua presenza accanto a me era naturale, come sentire il suono della sua voce che mi raccontava aneddoti, storie, favole, che mi faceva ridere e mi prendeva in giro.

Io, come una ragazzina alla prima cotta, sorridevo al suo sorriso, mentre il mondo si fermava, restavo incantata dalla curva delle sue labbra, dalla ruvida musicalità della sua voce, trovavo tutto ciò che diceva e faceva meraviglioso, perfetto, affascinante. Guardavo il suo viso e non trovavo nulla che avrei cambiato: gli occhi, il profilo del naso, la bocca carnosa, i capelli studiatamente arruffati, da scarmigliare ancora di più, le grandi mani che sembravano enormi rispetto alle mie, il modo dolce che aveva di colmarmi di attenzioni, il fatto che non si fosse distratto per un secondo da me, che mi avesse sempre guardata dritta negli occhi, facendomi sentire al centro del suo mondo.

Era bastato un giro tra le nuvole per scoprire che Gabriel era il ragazzo più spettacolare che avessi conosciuto in diciassette anni di vita, non solo per il suo bellissimo aspetto fisico, ma anche perché era dolce, premuroso, affettuoso, non si vergognava di tenermi la mano e farmi sentire al centro della sua totale attenzione, quasi volesse proteggermi e difendermi da tutto ma, malgrado questo, non aveva tentato di approcciarmi in nessun modo.

Lui non lo sapeva, ma se avesse provato a baciarmi, sarei scappata terrorizzata.

Lui non lo sapeva, ma se avesse provato a baciarmi, sarei stata la ragazza più felice del mondo.
Avrei dato qualsiasi cosa per un bacio.

Gabriel era sorprendente e stentavo a credere fosse vero, al punto che non avrei cambiato una virgola di lui, nemmeno il neo che aveva all'angolo del mento, nemmeno l'abbigliamento trasandato che avrebbe fatto storcere il naso a mia madre o alle mie amiche al collegio.

Bastava qualche minuto tra le nuvole, per perdere la testa per qualcuno?

E io avevo davvero perso la testa per lui?

Perso la testa nel vero senso della parola, persa e pronta a dargli la mia fiducia, a crederci, a dargli il mio tempo, a concedergli di entrare nel mio mondo e non perché fosse un posto particolarmente entusiasmante o esclusivo dove stare, ma perché non vi avevo mai fatto entrare nessuno.

L'unica cosa che sapevo era che mi piaceva, mi piaceva in tutti i sensi, mi piaceva passare il tempo con lui, che mi tenesse la mano, che mi facesse battere forte il cuore, che non se la tirasse come ogni ragazzo che sa di essere bello, ma, anzi, che fosse anche un po' goffo ed imbranato, tanto da inciampare nelle sue lunghe gambe o fare all'improvviso battute sceme alle quali ridevo solo perché erano davvero troppo stupide, mi piaceva che avesse deciso di passare il suo tempo con me, che riuscisse a concentrare su di sé tutta la mia attenzione, al punto che tutto scompariva quando mi sorrideva e restavamo solo io e lui, tra le nuvole o con i piedi per terra.
Mi comprò zucchero filato rosa, che non avevo mai mangiato perché mia madre, oltre a ritenerlo dannoso per il mio sorriso perfetto a prova di dentista, non avrebbe mai potuto indulgere sul miliardo di calorie che conteneva. Lo mangiai senza sentirmi in colpa, strappandone i pezzi con le dita via via sempre più appiccicose, come avrei fatto se fossi stata ancora una bambina. Provammo alcune giostre: la casa degli orrori che non faceva paura con le sue attrazioni di plastica, il labirinto degli specchi, dove riuscii a perdermi fino a quando non venne a riprendermi lui, ci fermammo al tirassegno, Gabriel imbracciò una carabina e, sparando gommini su alcune innocenti papere di gomma, vinse un piccolo peluche polveroso, che pareva aver almeno trent'anni.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora