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Mi lasciai condurre nella sua camera, nel buio dell'appartamento a luci spente.
Si chiuse la porta alle spalle e guardai il soffitto, le pareti, illuminate da centinaia di stelle bianco latte, di quelle che si appiccicavano al muro. Mi guardai intorno, gli occhi sgranati, colpita dalla bellezza di una stanza qualsiasi, in un palazzo qualsiasi, che conteneva dentro un cielo di stelle.
Forse, il fatto che fossi accanto a qualcuno che non era uno "qualsiasi", faceva una bella differenza:
-Lo so che sembra la stanza di un bimbo di sette anni... - commentò Gabriel scuotendo la testa riccioluta, a disagio.
-È bellissima – feci una piroetta, rapita e, ridendo come una bambina, gli spiegai: – Una volta, Claudio mi portò al planetario e la vista era più o meno la stessa. Sembra di essere isolati... un po' come stare nel deserto, in un posto lontano da tutto. Fuori dal mondo.
-Noi siamo fuori dal mondo – mi sussurrò alle orecchie, alle spalle, riacquistando fiducia.
Piegai la testa di lato e mi lasciai baciare sul collo, lentamente, senza fretta.
Sentii le sue mani scivolare dalle mie spalle, fino al bordo della t-shirt blu che indossavo, ne sollevò i lembi ed iniziò a sfilarmela: stava succedendo davvero?
O mamma mia!
Era davvero arrivato il momento?
Quel momento?
Il momento che avevo sognato per anni, fin dall'ingresso nell'età puberale, quando le mie amiche perdevano la verginità come le foglie cadevano in autunno, mentre io rimanevo quell'ultima dannata foglia sull'albero, che nessuno voleva, forse perché troppo attaccata all'albero.
Ero pronta?
Come stavo?
Me ne sarei pentita?
Avrei vomitato?
Mi sarei messa a piangere?
Beh, di una cosa ero certa: poteva finire nel peggiore dei modi, ma, in quel momento, non esisteva al mondo ragazza più convinta di me, più sicura, tranquilla.
Ogni parte del mio corpo voleva essere sua.
Lo desideravo, col cuore, con l'anima e, soprattutto, lo desideravo con ogni parte del mio corpo, al punto da sentirmi male, da gemere, da svenire, quasi, al suo semplice tocco.
Ecco, il potere che aveva su di me.
Perché tutto quello era solo causa sua, merito suo, colpa sua.
Era tutto per lui.
Alzai le braccia in un buffo ed involontario segno di resa, aiutandolo a togliermi la maglietta, lasciò baci dal collo alle scapole, alla spina dorsale, fino alla cintura dei miei jeans, le sue mani grandi, in grado di farmi sentire il centro del suo mondo, o di rompere un osso, spostarono i miei capelli di lato e continuarono a sfiorare ogni centimetro della mia pelle, fino a raggiungere la punta delle dita, in piccoli, delicatissimi baci a fior di labbra. Mi girai e gli circondai il collo con le braccia, stringendolo in un abbraccio che sperai risultasse sensuale, il mio seno premuto con il suo petto, i bacini a contatto, mentre, con dolcezza, mi spingeva verso il letto e, man mano che i secondi passavano, i suoi baci diventavano sempre più insistenti, provocanti, difficili da resistere.
Potevo amarlo
Poteva amarmi?
Potevo sopravvivere a tutte quelle emozioni, in una sola sera?
Il mio cuore non avrebbe battuto un altro colpo, prima di capire dove stessi andando a finire.
Quando mi scontrai contro il bordo del letto, non seppi che fare, se sedermi o buttarmi all'indietro tipo tuffo suicida, rimasi semplicemente immobile, trattenendo il fiato. Lui sorrise e, senza alcuno sforzo, mi sollevò per la vita, gli circondai il bacino con le gambe e mi strinse forte, facendomi sentire sicura, anche senza il terreno sotto ai piedi.
Con delicatezza, mi appoggiò sul letto, sovrastandomi col suo peso di uomo, continuando a baciarmi, quasi ogni bacio portasse con sé più luce, speranza e vita.
In realtà, a parte il non sapere come comportarmi, tutti i miei dubbi e le mie paure, sommate alle infinite insicurezze che nutrivo nei confronti del mio aspetto fisico, visto che lui pareva un dio sceso in terra, mentre io una bambina appena uscita dal catechismo del sabato pomeriggio, fino a quel momento le cose andavano più o meno bene: sembrava nato per tenere caldo il mio corpo, il suo cuore contro il mio petto, le labbra premute contro le mie, mi sentivo come se mi innamorassi di lui, di più, ogni secondo che passava, ogni atomo che si formava, ogni centimetro in cui mi avvicinavo di più a lui.

Sentivo tutto, dall'amore, all'attesa, alla frustrazione, al desiderio, la strana sensazione al basso ventre che mi faceva sentire calda e smarrita, fino alla lussuria più incontrollabile, mentre mi baciava come non mi aveva mai baciato nessuno.

Un gioco da ragazzi - PRIMO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora