Capitolo 9

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Han correva.
Correva con quanto fiato aveva in corpo.
Come se fosse la sua ultima corsa.
Non sapeva perché stesse correndo né dove stesse andando. O meglio, una parte di lui non lo sapeva.
Riusciva a sentire dei passi che si allontanavano.
E delle grida.
Una donna.
La sentiva chiamare aiuto.
Poi vedeva un'astronave.
Dei pirati stavano portando Leia a bordo.
La strattonavano, perché lei si dimenava.
La ragazza continuava a chiamare Han.
«Sto arrivando, Leia! Resisti!» urlava lui, continuando a correre.
Poi si rivolgeva ai pirati: «Fermi! Lasciatela andare, brutti bastardi!» Ma più correva più l'astronave sembrava lontana.
Non riusciva a raggiungerla.
Faceva allora scorrere la mano sulla fondina, ma il blaster non c'era.
E ormai la nave stava decollando.
Con la ragazza a bordo.
Subito dopo, Han assisteva a diversi scenari, uno dopo l'altro, che si alternavano con un ritmo incalzante davanti ai suoi occhi: prima Leia era barbaramente incatenata a Jabba, poi veniva torturata dagli Imperiali, poi aggredita da Wookie selvaggi e furiosi.
La poverina urlava disperata ma lui era impotente, non riusciva ad avvicinarsi, come se un muro invisibile lo tenesse lontano.
E alle grida di Leia si sovrapponevano delle voci, che sussurravano qualcosa di inomprensibile ma che suonava minaccioso, e delle risate malvagie.
Il Corelliano si sentiva scoppiare la testa e implorava di fermare quella orribile tortura.

Han si svegliò di soprassalto nella notte, ansimando. Aveva la fronte grondante di sudore e i capelli più scompigliati del solito.

Si girò di scatto verso l'altra parte del letto; nel buio riusciva a distinguere la sagoma di Leia, che dormiva tranquilla accanto a lui.
Rincuorato dalla sua presenza, il pilota si alzò dal letto e andò in bagno a rinfrescarsi il viso con dell'acqua. Fece dei respiri profondi, tentando di calmarsi, ripetendo a se stesso che quello era stato solo un brutto incubo.

Quando tornò in camera, vide Leia sveglia, seduta sul letto. «Han, cosa c'è?» gli chiese, ancora mezza addormentata.

«Niente. Sono solo andato in bagno...» mentì lui, avvicinandosi al letto e rimettendosi seduto sotto le coperte.

La principessa però non se la bevve, perché fin troppo bene conosceva lui e i suoi sbalzi d'umore. «Han, dimmi che cos'hai. È da ieri che sei strano. Ti ho già detto che puoi sempre parlarmi dei tuoi problemi.»

«E io ti ho già detto che non ho niente. Sono solo stanco. Lasciami dormire,» la rimbrottò lui, stendendosi di nuovo sul letto. Con uno strattone, tirò su le coperte e voltò le spalle a Leia; tuttavia, riusciva a percepire che lei lo stava ancora guardando -- e odiava quella sensazione.

E poiché la principessa non sembrava avere intenzione di arrendersi, alla fine Han si decise a sputare il grosso rospo che aveva in gola; si mise nuovamente seduto, sospirò e disse: «Io... Ho avuto un incubo.»

Tanto si vergognava di quelle parole che esse, verso la fine, risultarono un sussurro sbiascicato. Ma non avevano superato del tutto la soglia dell'incomprensione, così che Leia riuscì a comprenderle.

«Un incubo?» chiese, in un modo tale che se avesse detto “Tutto qui?” sarebbe suonato esattamente allo stesso modo. Ma non c'era ombra di scherno nelle sue parole: semplicemente sapeva che Han non era il tipo da farsi spaventare da visioni oniriche moleste e rimase genuinamente sorpresa nel vederlo così agitato.

«Sì... Era solo un po' diverso da quelli che faccio di solito, tutto qui...» precisò lui, con il tono tipico di chi non vuole dare troppa importanza a una faccenda.

Ma Leia era tutt'orecchi. «Dimmi.»

Han non aveva voglia di prolungare il discorso, ma ormai non poteva più tirarsi indietro di fronte all'insistenza della moglie che, da seduta, oltre alla testa, aveva girato anche il corpo verso di lui.

Imperfectly Perfect // HanleiaDonde viven las historias. Descúbrelo ahora