19. HARRY TI PRESENTO SALLY

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Soltanto per un istante i nostri baci e le nostre carezze restano delicate ed esitanti, ma subito dopo, quella sorta di familiarità e agio che ha sempre contraddistinto il nostro rapporto prende il sopravvento. Mi sento perso, eppure ritrovato dalle sue braccia; la guardo, la ascolto e so quali sono le cose giuste da fare; non è un'estranea che ti porti a letto una sera, e con la quale non sai fino a che punto spingerti. Sally è diversa: è vera e istintiva, mi dona tutto, anima e corpo.

La luce è spenta, ma riesco comunque a vederla in viso mentre mi muovo sopra di lei; il bagliore dei lampioni le disegna il profilo e le illumina gli occhi, che si accendono del loro particolare colore della notte.

E io non ho fretta: l'ho desiderata e ora voglio godermi la sensazione di essere dentro di lei il più a lungo possibile.

Con la mano sul suo viso, per accarezzarla, per sentirla mordere piano quando spingo più a fondo, la sento mormorare il mio nome, in una leggera litania che si sincronizza con i nostri movimenti.

Non ho mai amato parlare in queste circostanze, e neppure lei lo fa, ma ora vorrei urlare quanto anche io la desideri, e lo faccio; lo sussurro, ripeto che la voglio tutta, fino in fondo, fino all'ultimo, e continuo a farlo perché ogni mia parola, ogni mio respiro, è seguito da un piccolo e flebile gemito, uno dei suoni più dolci e incredibili che io abbia mai sentito. Non sono quelle espressioni finte di desiderio, preconfezionate dai film erotici che convincono le donne che a noi piaccia sentirle urlare come delle forsennate; il suo piacere è vero, concreto, e lo vedo sul suo viso, misto al dolore, alla sensazione di non riuscire a farcela.

«Non posso», geme piano, disperata nella sua frustrazione. «Non ci riesco, Harry.»

Mi accascio su di lei per rallentare il ritmo e perdermi nei suoi occhi, sperando di riuscire in qualche modo a tranquillizzarla e infonderle fiducia. «Non ho fretta, Sally... abbiamo tutto il tempo di provarci... insieme.»

I suoi occhi sono già lucidi, ma non cerca di evitare il mio sguardo. «Non posso... non ci riesco... è così frustrante. Io non... non valgo niente.»

Le prendo la mano e la porto sulla mia guancia. «Guardami... sono io... non è nessun altro. Non devi dimostrare niente a nessuno, non di certo a me. Sono qui per te e voglio che ci provi insieme a me.»

Lei mi guarda e lo vedo, sta per piangere, ma si trattiene. «Scusami, Harry.»

Le sorrido appena e non stacco gli occhi da lei mentre la sollevo e la porto delicatamente sopra di me. Voglio che lei provi tutto quello che riuscirà a donarmi; anche se non riuscirà a provare il massimo del piacere, voglio che lei sappia che ci avremmo provato fino all'ultimo respiro.

«Non dirlo mai più», la ammonisco, la mia voce rotta dal piacere di sentirla su di me e dallo sforzo di resistere quanto più tempo possibile.

La parete a contatto con la mia schiena è ruvida, ma non mi importa, e Sally posa le sue piccole mani sulle mie spalle e prende a muoversi piano, lentamente ma in profondità, dettando lei il ritmo senza smettere di guardarmi. È così bella che potrei immaginare che tutto questo sia un sogno. E quando chiudo gli occhi per riuscire a sopportare il maremoto di sensazioni che si muovono dentro di me, la sua bellezza non cambia, ma si trasforma. La percepisco sotto le mie dita, la sua pelle che sfiora e scivola contro la mia... riesco a visualizzarla perfettamente anche a occhi chiusi, e il contatto con la sua pelle di velluto, accaldata e appena umida, non si fa assolutamente superare dalla vista, ma la completa.

«Che cosa non devo dire, Harry?»

Stringo la mascella quando le sento aumentare la velocità. Mugugno soltanto qualcosa, ma non riesco a pronunciare completamente una risposta.

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