68. HARRY TI PRESENTO SALLY

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Canzone per il capitolo:

My love – Sia

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Sally

Il sigaro nauseante, di cui porto la cicatrice ancora su di me, è finalmente rotolato via dalla sua bocca e io mi alzo di scatto e lo afferro, muovendomi con una lucidità irreale nei miei gesti e in quel modo di agire che mi avevano insegnato durante le lezioni di karate, alle lezioni che avevo iniziato a prendere proprio dopo che quell'uomo mi aveva fatto del male. Con il sigaro tra le mie dita, mentre Fred è ancora seduto a tavola gridando di dolore e con gli occhi sbarrati e fissi al coltello che gli ha bloccato la mano insanguinata al tavolo in legno, mi spingo verso di lui e glielo spengo sulla fronte, schiacciandolo con tutta la mia forza.

Ormai ho perso completamente il nume della ragione, sento spingermi ad agire solamente un profondo senso di rabbia e di vendetta per tutto quello che ho perso a causa sua, per tutti gli anni di dolore che mi ha fatto passare, e se non sentissi le braccia di Harry che mi trattengono sollevandomi in aria, i miei piedi che scalciano per fiondarmi su quell'uomo e sfogarmi fino ad esserne soddisfatta, non so se sarei riuscita a fermarmi. Urlo parole che non riesco a udire, gli sputo in faccia gli insulti che non ho mai avuto il coraggio di dirgli, e cerco di divincolarmi dalla stretta di Harry, purtroppo senza successo.

Ma io non sono nata da sola, per tutta la vita ho condiviso ogni momento con una persona che sarà per sempre la mia esatta metà; e ora è proprio quella mia metà, quella persona che mi ha sempre capita prima di ogni altra, che si è appena fiondata sopra al tavolo per afferrare Fred per il colletto della camicia prima di centrargli il viso con un pugno.

«È stato lui?» Ian grida verso di me. «Sally, è stato lui a farti del male, vero?!» ribadisce con più forza trattenendolo per la giacca e io, mentre tento di calmarmi tra le braccia di Harry che mi bloccano, posso solo annuire prima di vederlo accanirsi di nuovo contro quell'essere inerme.

«Ian!» tuona mio padre che arriva di corsa a dividerli, mia madre appena dietro con lo sguardo sconvolto. «Che cosa sta succedendo?!»

Spingo all'indietro Harry e riesco a sciogliermi dalla sua presa appena in tempo. «Harry, portami via da qui.»

Alzo gli occhi per guardarlo e lo sguardo che ritrovo è un miscuglio di soddisfazione, sorpresa e rabbia.

«Come stai?» boccheggia agitato.

Scrollo la testa rapida, le mani che tremano così violentemente da dover stringere le sue per trovare il controllo. «Non lo so... ho bisogno di tempo per calmarmi», balbetto senza fiato.

«Forse dovresti parlare con i tuoi.»

«Sally», mi chiama mio padre, ma io gli volto le spalle per guardare Harry.

«Ti prego, portami via», lo supplico. «Portami via da qui... non ce la faccio.»

Ho bisogno di fuggire, di scappare, ho corso troppo nella mia fuga dal dolore e adesso ho bisogno di respirare, di ritrovare il controllo di me stessa: ho solo bisogno di Harry, di quello che la sua sola presenza riesce a provocarmi. E lo so che dovrei restare, lo so che dovrei spiegare ogni cosa, ma non posso pensare di risolvere tutto adesso, di essere guarita a tal punto da potermi prendere questa immensa responsabilità. Non ce la faccio, ho bisogno di tempo...

Harry è ancora confuso dalla mia richiesta e guarda alternativamente me e poi la scena che si sta svolgendo alle mie spalle.

«Sally!» chiama di nuovo mio padre.

Alla fine il suo sguardo si concentra su di me e, prendendomi per mano, mi trascina via proprio quando sento la voce di mia madre unirsi a quella di mio padre.

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