66. SECRETLY

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I giorni corsero via, così rapidi, così intensi.

Aver passato quel momento condiviso ci aveva rafforzati, uniti a un livello più profondo ancora. Superare ciò che per me era si era posto come ostacolo insormontabile fu destabilizzante nella sua semplicità e naturalezza.

La notte del mio compleanno avevamo sperimentato la perfezione di coscienza, carne e cuore uniti, indissolubili. Nei giorni seguenti, invece, provammo sulla pelle la realtà concreta del nostro rapporto. Era una realtà composta da piccoli dettagli, tanti tasselli di normalità condivisi nell'arco delle nostre giornate, che ci resero consapevoli di aver toccato una vetta, ma che avremmo dovuto lavorare sodo per poter restare a quell'altezza e ammirare il panorama di cui potevamo godere.

Quella notte non fu l'originale di altre mille copie identiche. Sapevamo che avremmo dovuto mantenere anche spazi riservati a solo due di noi, che le regole le avremmo dovute costruire insieme, un passo alla volta. Eravamo in tre nella nostra relazione e mantenere intatto il nostro equilibrio non era semplice. Non si trattava solo dei momenti che ricercavo con Will, oppure con Edward, ma erano loro stessi gli angoli che a volte sentivano il bisogno di prendere le distanze dal vertice. I due fratelli erano uniti da qualcosa che io riuscivo a malapena a comprendere, e una segreta invidia mi costringeva a sopportare di vederli ridere e scherzare senza di me. Giocavano a carte sfidandosi a vicenda, parlavano insieme di football, basket o di auto che io non conoscevo, oppure borbottavano segretamente tra loro quando volevano prepararmi uno scherzo divertente. Se prima ne soffrivo, con il passare delle settimane imparai che per tenere unito un triangolo come il nostro, periodicamente avremmo dovuto curare lati differenti: solo così saremmo potuti andare avanti.

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«Ed», sospirai in un tremolio sommesso.

Contorcendomi tra le lenzuola, non riuscivo in alcun modo a stare ferma mentre i suoi capelli spettinati mi solleticavano la pelle più sensibile dell'interno coscia. Quando la sua bocca si allontanava, allora gemevo per riaverlo; quando si tuffava di nuovo su di me, giocando con la lingua, le dita e il mio misero autocontrollo ormai andato alla deriva, allora nascondevo le mani tra i suoi capelli per non lasciarlo scappare di nuovo. Nella luce ambrata della camera, riuscivo a scorgere i suoi occhi cercarmi. Se il mio contorcermi lo soddisfaceva a sufficienza, allora appariva un lampo in quegli smeraldi che tanto amavo, una nota di divertimento e profonda soddisfazione.

L'unica abat-jour della camera del motel era accesa da tutta la sera, illuminava un soffitto tinteggiato in chissà quale decade, con chiazze di umidità giallognola che ne addobbavano ogni angolo. Seguii con gli occhi la debole striscia di fumo che arrivava a lambire il nostro letto. Danzava sopra di noi, leggera e impalpabile, unendoci con un filo a malapena visibile alla poltrona che ospitava Will. Ci stava guardando, così vicino ma non troppo da permettermi di toccarlo. Uscito di fresco dalla doccia, indossava solamente i pantaloni della tuta, tra le dita una delle sue immancabili Marlboro Rosse. Era bello da togliere il fiato.

Mentre Edward mi dava piacere seguendo un ritmo sconosciuto di lingua e mani, io ancoravo gli occhi in quei due lampi azzurri che parevano rischiarare la penombra della stanza. La sua compostezza si mantenne a lungo. Ci osservava concentrato, come se non gli facesse alcun effetto, come se vederci in quel modo non lo eccitasse. Sapevo che non era così. Ormai, avevo imparato a riconoscere ogni pensiero e sensazione solo dalle espressioni del suo viso. La mano avvicinava alle labbra il cilindro bianco per aspirarne il fumo, ma si bloccava nel suo intento quando sentiva i miei gemiti farsi più insistenti. E più vedevo quegli occhi su di me, e più perdevo il controllo e la ragione.

Non sempre partecipava ai nostri giochi, Will. In silenzio, mi illudeva di farlo se avessi ricambiato il suo sguardo con la stessa insistenza, ma questo non accadeva. A volte, per la frustrazione stringevo con più forza i capelli di Edward e lo attiravo alla mia bocca per fingere che fossimo solo noi due. Allora il suo corpo nudo scivolava su di me, la sua bocca si incastrava con la mia, le nostre lingue a muoversi con un ritmo scoordinato ma familiare, e per quanto lo spingessi a entrare dentro di me premendo le mani sulle natiche, rivendicando il possesso su di lui così come il mio essere sua, non potevo togliermi dalla testa gli occhi di ghiaccio che seguivano ogni nostro movimento. Erano anche quelli che mi portavano a raggiungere il limite. Era incredibile, magnificente nella confusione di emozioni e pensieri che riuscivano ad agitarmi dentro. Eravamo Edward e io a giocare, eppure mai eravamo un duo: Will c'era sempre, con il corpo, con la mente. Ecco cosa faticavo ancora a comprendere: il profondo legame che li univa, la paura di non riuscire ad afferrarlo mai del tutto.

Contenuti Maturi - Secretly, Unfaithful, Top Secret, Harry Ti Presento SallyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora