44. Devi ricordare

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Due giorni dopo

Erano passati ben due giorni e i boschi ancora affollavano gli occhi dei quattro sopravvissuti. I rapporti erano tornati pressoché gli stessi tra Erick, Thomas e Lidia, ma Ellie si ostinava ad isolarsi ancora dal gruppo. Sembrava quasi che li stesse solo sfruttando per la sua incolumità, ma che in realtà per lei non contassero nulla.
Fortunatamente, il tragitto da percorrere sembrava meno snervante, dato che avevano ancora i cavalli rubati da Peter. Ognuno si era tenuto il proprio, mentre quelli dei compagni morti erano stati liberati tra i campi.
Il gruppo stava incominciando a dare di matto: neanche una città per chilometri e chilometri; solo il verde delle chiome degli alberi e il marrone delle cortecce; un silenzio di morte che non li abbandonava mai del tutto. Erano ben quattro giorni che se ne erano andati dal palazzo di Peter e altrettanti giorni che vedevano solo boschi, Rinati e morti.
In quel momento si trovavano in una foresta dalle molteplici specie di vegetali; per uno scienziato sarebbe pure potuta risultare interessante, ma agli occhi dei ragazzi appariva estremamente noiosa ed inquietante. Solo il rumore degli zoccoli dei cavalli che sbattevano sul terreno era leggermente più familiare e rassicurante rispetto agli altri strani richiami animaleschi.
Erick non sopportava il silenzio di quel posto, perciò si avvicinò a Thomas e gli disse: << Sai, mi dispiace tantissimo per Jack. Non riesco a non pensarci, e ogni giorno mi sento più colpevole della sua morte. Inoltre, ti chiedo ufficialmente scusa per tutte le cattiverie che ti ho detto quella notte.>>
<< Oh, Erick! È la milionesima volta che mi ripeti questo discorsetto! Ti ho perdonato, calmo. Non avresti dovuto farlo, ma è successo. Perciò, non posso evitare il mio migliore amico per una cosa accaduta nel passato. Comunque, anch'io ci sono andato leggermente pesante con le offese. Ancora male il naso?>>
Erick si tasto' il setto nasale, gemette di dolore, ma disse: << No, non fa più male.>>
<< Non mentire. Ogni volta che lo fai ti agiti, perciò so che adesso mi hai detto una bugia.>>
Okay, segugio! Mi hai sgamato>> Erick rise leggermente << Ma sono sicuro che il naso guarirà.>>
I due amici continuarono a parlare del più e del meno, finché anche Lidia non si unì alla conversazione. Alla fine, i discorsi caddero sulle provviste che stavano per esaurirsi. Cosa avrebbero fatto? Non c'era neanche un villaggio nei paraggi. Erano disperati, perciò si dissero che se avessero visto dei frutti sugli alberi o tra i cespugli avrebbero dovuto avvertire.
Quando Thomas rimase da solo, si ritrovò a riflettere. In quei giorni lo faceva molto spesso, visto che non c'era nient'altro da fare. Aveva lasciato in sospeso la faccenda di Anton, dello strano impulso che lo aveva attraversato appena aveva visto la vecchia guardia. Si era ricordato di quell'uomo al servizio di Peter. Non aveva visto dei ricordi concreti che gli avessero svelato chi era quel vecchio, più che altro uno strano déjà-vu che gli indicava qualcosa del passato riguardante Anton.
Si concentrò, cercò di non pensare più al dondolio del cavallo al passo, bensì ai suoi ricordi. Per un attimo, non gli parve di vedere niente, poi una scena passata gli sfrecciò nella testa. Thomas afferrò il ricordo e finalmente...
Era piccolo, avrà avuto e no cinque anni. La cartella scolastica ondeggiava sulla sua schiena, mentre il sole faceva risplendere tutto. Tanti altri bambini correvano fuori, verso un cancello in ferro battuto, verso i propri genitori. Tutti indossavano grembiulini bianchi e zainetti variopinti o raffiguranti personaggi dei cartoni animati.
Il cortile della scuola era completamente vuoto, tranne che per un bambino biondo che scrutava la folla fuori dal cancello, in cerca di qualcuno.
<< Thomas, chi stai aspettando?>> una donna mora, vestita elegantemente mise una mano sulla spalla dell'alunno. Quella doveva essere la sua maestra delle elementari.
<< Mmm...o il papà o Erick>> rispose il bambino, continuando a scrutare il cortile. Non era triste o deluso, semplicemente sorpreso.
<< Tesoro, Erick se ne è già andato, quindi credo che dovrai aspettare il tuo papà.>> la maestra stava per afferrare il cellulare, quando Thomas le disse: << No, si fermi. Non chiami nessuno. Ho visto mio padre! Arrivederci e grazie di tutto!>>. La donna rimase con un palmo di naso, ma lasciò andare l'alunno verso un uomo dai capelli neri, piuttosto vecchio. La maestra scosse il capo e se ne tornò dentro la scuola.
Thomas si incamminò verso il tizio, che non era assolutamente suo padre. Si era inventato quella balla per andarsene dal cortile scolastico: non ce la faceva più ad aspettare. Il bambino stava per tornarsene a casa da solo, quando lo sconosciuto che aveva spacciato come suo papà gli si avvicinò, lo afferrò per una spalla e lo voltò, in modo che si potessero guardare negli occhi.
<< Thomas, ti devo riportare a casa io, tuo padre è occupato in questo momento.>> l'uomo sorrideva mentre pronunciava quella frase insolita ma perfettamente sensata. Ma Thomas non era mai stato uno stupido, perciò aveva assunto quell'aria che vedeva comparire sul volto della madre quando una borsa costava troppo.
<< E io come faccio a sapere se sei un maniaco, uno stalker o uno stuprat...>>
<< Ehi, ehi, calmati piccolo! Vuoi una prova? Okay, bene.>> l'uomo aveva estratto da una tasca il suo cellulare di ultima generazione, aveva cliccato sull'icona dei messaggi e...eccone uno in bella vista firmato proprio dal papà di Thomas. Diceva che per un contrattempo di lavoro non avrebbe potuto riprendere il figlio da scuola. Chiedeva gentilmente ad un certo "Anton, mio carissimo collega" di fare quella piccola commissione al posto suo.
L'uomo, a quel punto, rimise il telefono in tasca e assunse la stessa aria scettica dipinta sul volto del bambino che aveva davanti.
<< Contento ora?>>
<< , abbastanza. Quindi il tuo nome è Anton?>>
<< , esatto. Sono un collega di tuo padre>>
Fu così che i due si diressero verso un'auto nera e spaziosa che Anton mise in moto. Nel tragitto verso casa, l'uomo raccontò a Thomas una storia -su richiesta del bambino-. Era un racconto strano, che parlava di un palazzo in cui viveva un re cattivo. Dei ragazzi erano stati da lui rinchiusi in delle celle, ma come un vero gruppo, sfruttando le capacità l'uno dell'altro, erano riusciti a scappare via.
Alla fine, il viaggio in macchina era finito e Thomas era sceso dal sedile, per poi dirigersi verso la sua casa gialla, circondata da rose e da tantissimi tipi di fiore. Ad un tratto, a metà strada per arrivare alla porta, il bambino si era voltato verso Anton.
<< Un giorno ci rivedremo, vero? Mi piacciono molto le tue strane storie...>>
L'uomo aveva sorriso e poi aveva detto: << Be', credo proprio che ci rivedremo. E ogni volta ti raccontero' qualcosa di nuovo.>>
I due si erano salutati, mentre Thomas entrava dentro casa e la macchina di Anton sfrecciava sull'asfalto della strada. Il bambino non sapeva cosa sarebbe successo in futuro, non sapeva che sempre più spesso avrebbe riascoltato la filastrocca ed il racconto del re cattivo e del suo palazzo.
Thomas tornò alla realtà sbattendo le palpebre. Ora sapeva chi era Anton. Come aveva fatto a dimenticarlo?

Ciao a tutti! Scusate se in questi giorni non mi sono fatta sentire, ma prometto che mi farò perdonare grazie al prossimo capitolo, in cui finalmente apparirà il nuovo personaggio. Commentate e votate!😋
Bye bye!
ILTSASID7🌈

Preferiresti morire   ( #Wattys2017 )   (SOSPESA)Where stories live. Discover now