Stupidissima piccola El.

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Ero nella mia camera in attesa di un suo messaggio o di una sua chiamata. I miei genitori, come avevo immaginato, mi avevano rimproverata duramente, attaccando la solita ramanzina della fiducia che ci donavano e della delusione che gli causavamo – e tu Joe dov'eri? - sarebbe stato quindi da matti chiedere loro il permesso di uscire da casa la sera stessa.

Sapevo cosa avesse intenzione di fare Nathan, eravamo abituati a quella vecchia e nostalgica routine. Ad un suo segnale dovevo essere pronta ad aprire la finestra che si affacciava al mio piccolo balcone. La mia stanza si trovava al secondo piano, ma era così semplice arrampicarsi e raggiungerla che ne ero in grado perfino io che ero l'esempio dell'antisport in persona.

Il pomeriggio lo avevo trascorso con Sarah e la logorroica Liz, che non aveva smesso nemmeno per un secondo di parlare di Tom e di come fosse bello, simpatico, intelligente, adorabile, maturo e beh, da un certo momento in poi avevo smesso di darle retta.

Seppur non sopportassi l'esagerata dolcezza, le dimostrazioni continue e superficiali di affetto smielato e raccapricciante, ero innamorata dell'idea stessa dell'amore.

Suonava strano addirittura pensarlo.

Credevo con tutta me stessa fino in fondo che amare fosse la scelta più giusta e sensata che l'uomo potesse mai compiere.

Bisogna scegliere sempre d'amare, anche quando si rivela un fallimento, quando provoca più ferite che gioie, quando si dimostra inconcludente e terribilmente sbagliato: amare è l'unica vera speranza da perseguire. Le lacrime, le cicatrici nel cuore, il dolore, le preghiere e le grida di sofferenza verso il cielo fanno parte di quella giostra che si avvia nel momento stesso in cui si ama. Parti giustificate seppur causate dall'amore. E chi o cosa se non l'Amore racchiude in sé le leggi del paradosso?

Occorreva sottolineare però che grazie a Liz avevo staccato completamente la testa. Avevo spento i riflettori sulla storia di Nathan ed Ethan, da cui non riuscivo più a tirarmene fuori. Come era possibile accostare quei due in un unico pensiero? Erano così diversi l'uno dall'altro se non nella similarità del nome che mi faceva sempre sorridere un po'.  I due ragazzi – escludendo quella scimmia di Joe – più importanti della mia vita. Certamente avevo trovato un'altra caratteristica che li accomunava, ma che li faceva scontrare come una macchina sbandata ad alta velocità contro un muro. Dovevo ancora capire chi fosse cosa e tutto quello strano mistero non aiutava di certo a vederci chiaro.

Nathan ed Ethan. Uno lo avevo amato e l'altro non era mai stato amore, ma forse...

Sobbalzai. «Ehi...»

Mi voltai di scatto e Nath era nella mia camera, vicino alla finestra che...

La mia finestra era chiusa!

«Come hai fatto ad entrare?», domandai incredula.

Scosse le spalle e sorrise. «Piccoli segreti».

Faceva così strano averlo lì, sebbene quelle mura, quei mobili, quei libri, quelle foto lo conoscessero a memoria. Ne era passato di tempo, ne erano passate di lacrime e di lamenti. Eravamo così diversi da allora, così contaminati dall'altro, ci eravamo macchiati del buono e del cattivo dono che non avevamo mai smesso di renderci. Che illusi incantati, non potevamo di certo uscirne illesi, non da Noi.

In piedi e non troppo distante dal balcone teneva fissi i suoi occhi sulla mia figura, tradendo un'espressione piuttosto turbata. Mi stava indubbiamente analizzando.
«Cosa hai saputo El?», domandò diretto senza chissà quali giri di parole.

Chiusi gli occhi e prendendo il respiro mi affidai alle mie doti penose di attrice.
«Che Ethan mi nasconde qualcosa di grande, come te. Ah – tirai un pugno alla mano sinistra aperta - ecco un'altra somiglianza!».

Quando passa l'InvernoWhere stories live. Discover now