Alieno strizzato in un abitino di paillettes.

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«Vuoi ballare?».

Mi tese la mano con uno sguardo pieno di promesse silenziose. Posai la mia nella sua. Il viso si aprì in un sorriso luminoso mentre mi avvolgeva nelle sue braccia. Appoggiai dolcemente l'altra mano sulla spalla e mi resi conto solo in quel momento che non avevo mai smesso di sorridere. Lui si inclinò di lato e iniziammo a volteggiare, a ballare, a danzare spensieratamente. Ridendo, giocando, osservandoci emozionati come due bambini. La sala brillava, le luci erano soffuse e la musica era fantastica, tutto partecipava alla perfezione di quel magico momento.
Mi baciò con dolcezza ed io non feci altro che abbandonarmi a lui.
Naso contro naso. Occhi negli occhi.
Non ero mai stata un granché a ballare eppure ero così leggera che mi sembrava di volare a pochi millimetri da terra.

E lui, lui era fenomenale.
Lui era mio.
Lui mi teneva stretta a sé, come per dirmi: guarda che ti tengo qua, dove pensi di andare?
E a me andava bene così, del resto chi aveva intenzione di scappare.

«Portami via», mi sussurrò piano tra le note melodiose che accompagnavano i nostri movimenti.
«Da qui?».
Scosse la testa e avvicinò le sue labbra al mio orecchio.
«Dal dolore, sei l'unica che riesce a farlo», aveva una voce spezzata, che fosse sul punto di piangere?
Sentii freddo, l'atmosfera cambiò e la sala calò in un terrorizzante buio invernale.

Cercai il suo sguardo, era straziato. Mi bloccai.

«Cosa è successo?».

Si alzò il volume della musica, non riuscivo più a sentirlo. Vedevo le sue labbra muoversi e delle lacrime rigargli le guance, ma non capivo. Ero nel panico mentre il suo dolore entrò nel mio stomaco.

«Ti prego alza la voce, non sento!».

Cercai di portarlo via, di spingerlo verso l'uscita, ma con le mie sole forze non riuscivo a farlo muovere di un centimetro. Era immobile nella sua posizione diritta e nel suo sguardo assente peggiore.

La musica cessò per una manciata di secondi per poi invadere nuovamente la sala da ballo ad un volume ancora più alto ed era così maledettamente familiare da farmi domandare dove l'avessi già sentita.

Una volta riconosciuta iniziai ad  imprecare malamente ritrovandomi subito dopo sdraiata nel letto, coperta dal caldo piumone e circondata dai miei amati libri.

La sveglia, era un sogno.
Solo un sogno.
Mi stropicciai gli occhi sporchi di mascara - ancora una volta la sera precedente mi ero struccata male - e cercai a tastoni il cellulare sul comodino. Le notifiche di Whatsapp riempivano tutto lo sfondo costringendomi a focalizzare meglio lo sguardo.

Fatti trovare in piedi alle 11.30 😏.

Ancora stai dormendo?

Svegliaaaaaaaaaa! 🤬🤬

Fra mezz'ora siamo da te, puoi rimanere anche in pigiama, ma ti prego svegliati 🤦🏻‍♀️.

Che ansia. Elizabeth e la sua pazienza, mi sbrigai a risponderle prima di ricevere altri messaggi.

Da quando lei e Sarah erano venute a conoscenza dell'invito-gioco di Nathan avevano pensato bene di riempirmi l'agenda di cose super femminili e rosa da fare che da sempre disprezzavo e malamente giudicavo.

Mi volevano trasformare in un alieno strizzato in un abitino di paillettes.

Abito, acconciatura, manicure e pedicure, trucco, accessori... Avevo la nausea perenne. Ero diventata un povero e inerme giocattolo e dai loro sguardi eccitati non avevo coraggio di tirarmi indietro.

Avevo ancora una ventina di minuti per prepararmi, sospirai. Il dolore con cui Nathan mi aveva parlato nel sogno mi convinse a chiamarlo per accertarmi che stesse bene.

Una parte di me è convinta - e probabilmente lo sarà sempre - che il mondo onirico può lanciare segnali e avvertimenti importanti sulle persone a cui vogliamo bene e con cui siamo profondamente legate.
Segnali che nella realtà sfuggono alla nostra attenzione conscia.

«Buongiorno dormigliona», rispose al primo squillo.

«Buongiorno a te, tutto ok?», domandai con la voce preoccupata, ma ancora impastata dal sonno.

Qualche secondo di silenzio rotto dal tamburellare veloce del cuore. «Oddio sì, perché?».

Presi un profondo respiro di sollievo, meglio così. «Curiosità».

«Hai fatto un sogno triste?». Diamine, ma sono così prevedibile? Nel dubbio nego.

«No no, oggi esci con Ethan?».

«Sì, andiamo dal barbiere».

Sorrisi, chissà come avevano fatto per tutto questo tempo a rimanere lontani visto il chiaro bisogno che avevano l'uno dell'altro.

«Ok, dopo cerco di sentirlo», mi mancava davvero, ma prima dovevo capire come comportarmi con lui, quali limiti rispettare e quanta libertà mi era davvero concessa. Era tutta una questione di analisi e valutazione, come sempre.

«Dovresti, credo che gli manchi».

Abbassai lo sguardo dispiaciuta e colpevole.

«Lo so, anche a me», ammisi.

Ridacchiò. «E allora fatti meno problemi e sii la Elena di sempre, senza allargarti troppo però eh».

Mi alzai dal letto barcollando verso destra e toccai l'abito di pizzo argentato, attaccato alla porta, che le mie amiche avevano scelto per me. Nella sua bellezza attendeva solo di essere indossato. Per una volta ero stata pienamente d'accordo con loro, mi stava d'incanto ed era raro - quasi impossibile - che riservavo un buon giudizio del mio riflesso allo specchio. Eppure mi segnava al punto giusto e trasformava il mio corpo in quello di una donna a tutti gli effetti.

«Le raccomandazioni di un ragazzo geloso mi infastidiscono», mormorai mentre aprendo l'anta destra dell'armadio cercai in quella pila di vestiti monocolore una tuta nera da indossare.

«Un fidanzato, non un ragazzo».

Alzai gli occhi al cielo. «Come vuoi».

«Sei agitata per il ballo o per quello che ti aspetterà sotto le mani di Liz e Sarah?».

«Non mi ci far pensare».

Sentii la voce di Natalie interrompere la nostra conversazione e dire qualcosa a Nathan, forse un: "Dobbiamo parlare", ma non ne ero poi così sicura.

«Ok Natalie arrivo. Scusami El, ci sentiamo dopo, devo proprio andare. In bocca al lupo con quelle esaurite».

Riagganciò prima di darmi il tempo di rispondergli, cosa diamine è successo?

Le ragazze arrivarono poco dopo entusiaste e a braccetto.
Entrarono nella mia stanza insieme ad una valigia argentata che, scoprii poco dopo, conteneva una quantità di trucchi da far invidia ad un negozio super accessoriato.

Sdraiate sul letto cominciammo a chiacchierare del più e del meno, mentre Sarah mi sistemava le sopracciglia.

«Le devo fare anche a te Liz?».

Liz silenziosa era distratta dal cellulare che teneva in alto tra le mani.

«Liz?».

«Può venire Ash da te?», mi domandò tenendo lo sguardo fisso sulla chat e ignorando completamente Sarah.

Annuii. «Certo, è successo qualcosa?».

Alzò le spalle mentre muoveva velocissime le dita sullo schermo del suo IPhone.
«Ha detto che deve parlarci di una cosa importante».

Assottigliai le labbra. Speriamo che non sia nulla di grave.
«Almeno sarete distratte da lui e non mi farete uscire fuori di testa», mormorai fingendomi tranquilla.

Sarah diede una gomitata a Liz ed entrambe cominciarono a ridere. «No tesoro, sei comunque la nostra priorità».

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