Giovedì 8:50

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Keith quel giorno non sarebbe andato a scuola.
Lo aveva deciso quando, durante la notte, ripensando a Lance, al sorriso di Lance in quella dannata foto, il suo stomaco era impazzito e un miscuglio di nervosismo e impaziente attesa gli aveva riempito la testa al pensiero di ritrovarselo di fronte il giorno dopo.
Schiacciò la faccia contro il cuscino, sperando di sparirci dentro.
Che diavolo stai combinando, Kogane?
Morale della favola: aveva delle occhiaie da spavento e nessuna intenzione di affrontare - confermare - le sue paure.
Keith si alzò finalmente dal letto e andò in bagno. La casa era silenziosa, quindi Shiro e Allura erano già andati a lavoro. Il suo viso sembrava orribile nello specchio, eppure fissò intensamente il proprio riflesso, sperando di mettere ordine nella testa.
Per un po' girovagò per casa, in cerca di un modo in cui impiegare il tempo. A un certo punto, Pidge gli inviò un messaggio per chiedergli che fine avesse fatto. Non rispose, ma prese le chiavi della moto, s'infilò la giacca e uscì.
I suoi genitori gliel'avevano regalato un anno prima, per il suo compleanno, nella speranza che incanalasse la sua eccessiva energia. Qualunque cosa ciò significasse.
Quello che sapeva era che, spesso, il rombare della sua bambina e la sensazione del vento tra i capelli erano le uniche cose che lo rendessero davvero felice.
E fu esattamente come si sentì quando salì a cavalcioni e accese il motore.
Mentre scivolava sull'asfalto, nessun pensiero per la testa, era leggero e libero.

Lance era nella merda.
Non letteralmente, grazie al cielo, ma era come se lo fosse.
Quella mattina aveva scoperto che, quando dormiva profondamente, né la sveglia (impostata con Hips don't lie), né le urla di sua madre, né il rumore provocato da 10 persone in casa, e nemmeno i pastelli infilati su per il naso dal suo fratello più piccolo erano capaci di svegliarlo.
Conseguenza di ciò: un ritardo clamoroso.
E ovviamente l'autobus sarebbe partito un secondo prima che lui arrivasse alla fermata. Perché la sfiga era nel suo fottuto sangue.
Sospirò e si sedette sul marciapiede, una mano tra i capelli.
Il prossimo autobus era tra un'ora. In teoria, avrebbe fatto prima a piedi, ma sarebbe stata una camminata di più di mezz'ora e figurarsi se lo avrebbero fatto entrare a scuola con un ritardo tanto vergognoso.
Oh beh, se questo è ciò che Dio ha deciso per me, chi sono io per obbiettare?
Improvvisamente sollevato all'idea di una mattinata di ozio e non poi così dispiaciuto per la giornata scolastica persa, si rialzò e, mani nelle tasche, s'incammino verso il McDonald's con l'intenzione di fare la colazione che aveva saltato.
Il tempo era piacevole: non faceva troppo freddo e poche nuvole gli fluttuavano pigramente sopra la testa.
Si chiese cosa stessero facendo in quel momento Pidge, Hunk e Keith, se si stessero chiedendo che fine aveva fatto.
Fischiettando lungo la strada, giunse presto al McDonald's, ma per entrare doveva prima passare oltre la stazione del gas, cosa che fece distrattamente, almeno fino a quando il suo sguardo non incrociò quello di Keith Kogane che riempiva il serbatoio di una moto rossa.
Non ci credo.
I due si immobilizzarono, guardandosi fissi.
Non ci posso fottutamente credere.
"Mi stai prendendo in giro?"
Lance lo raggiunse in meno di un secondo e alzò le braccia al cielo, esasperato nei confronti dell'universo.
"Perché ti ritrovo sempre tra i piedi? Perché?"
L'espressione stupida e confusa di Keith, molto infantile sul suo viso, lasciò il posto all'irritazione e il ragazzo tornò a concentrarsi sul serbatoio da riempire.
"Credimi, incontrarti era l'ultima delle cose che speravo accadessero oggi"
"Ma perché non sei a scuola? Non sei, tipo, a un passo così dall'espulsione?" incrociò le braccia.
"Come puoi rimproverarmi di non andare a scuola quando lo stai facendo anche tu in questo momento?" lo guardò interrogativo mentre posava l'oggetto per mettere la benzina che Lance non sapeva nemmeno lontanamente come si chiamasse.
"Ehi, nel mio caso è stata una serie di sfortunati eventi"
"Certo"
Rimasero in silenzio.
Lance guardò il casco nelle mani di Keith. Poi la moto rossa al suo fianco.
"Aspetta un secondo. Di chi è questa?"
"Mia?" la sua risposta suonò come una domanda.
"Tu-" Lance sgranò gli occhi, spostandoli dal ragazzo a disagio di fronte a lui al veicolo e viceversa "tu hai una moto?"
"Così sembra"
"Perché non l'hai usata per portarci a scuola ieri mattina?"
"Siamo andati a casa mia in bus, quindi l'avevo lasciata lì"
"Questo è- wow"
Lance non riusciva a trattenersi: la moto era una bellezza e si sentiva male al pensiero che il suo proprietario fosse un essere indegno come Keith.
"Ragazzino, muoviti!" qualcuno ricordò loro che quello non era il luogo più adatto dove parlare.
"Vuoi fare un giro?"

I'm falling so I'm taking my time on my ride // KlanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora