uno

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(Ve lo ricorderò all'inizio di ogni capitolo. La storia non è raccontata in ordine cronologico, ci sono molti flashback e salti nel tempo, per cui vi consiglio di tenere a mente il numero che contrassegna il capitolo. I numeri scritti in lettere fanno parte del passato, le cifre del presente. E' complicato, I know) 

past

Gli alberi, le case, le nuvole, i colori e le strade corrono veloci intorno a noi. Sotto di me il costante tremolio dell'auto non proprio nuova di pacca che papà ha voluto noleggiare per questa vacanza non è abbastanza forte per far riuscire a ignorare i numerosi salti a causa delle buche nell'asfalto. Ogni sasso fuori posto, probabilmente rotolato giù dalle colline vicine, pare un dosso, la ghiaia un maremoto. Il tutto accompagnato dalla presenza di tre cartelli stradali in croce. Tutti e tre evidentemente sbagliati.

"Papà, se ci siamo persi puoi dirlo. Non lo rendi meno vero se non lo ammetti."

Mio padre, la fronte lucida di sudore e la camicia messa in condizioni pietose, si sforza di apparire confidente nel sorridermi attraverso lo specchietto retrovisore. "Non preoccuparti, Yoongi. Questa volta ci siamo, me lo sento."

Le mie sopracciglia si inarcano talmente tanto che spariscono sotto la frangia, dando man forte alla mia espressione scettica. Sarebbe solo la terza volta nell'arco di una lunga ora persa a girovagare in una scatola di metallo dotata di ruote sotto il sole di mezzogiorno che mio padre se lo sente.

Sbuffo, superando così in metà tempo il mio record giornaliero di sospiri.

L'auto è rovente, ho così tanto caldo che temo che la nuova tinta sui miei capelli si sciolga e io mi ritrovi con la fronte chiazzata di verde. Faccio ancora forza sulla manovella che dovrebbe abbassare il finestrino della portiera, ma continua ad essere bloccato a mezza via.

L'auto curva bruscamente, nonostante le premure di mio padre nel guidare questa ferraglia nel modo più coscienzioso possibile, portandoci su una stradina secondaria non asfaltata.

Percorre tre metri, una ruota scoppia.

Quando le mie mani bagnate di sudore toccano il grande cartello che ci da il benvenuto a Nessunposto il record di sospiri è stato doppiato.

Dopo aver chiamato l'agenzia dell'autonoleggio ed essere riusciti a farci dare qualche dritta su dove ci trovassimo, papà ed io abbiamo dovuto spingere l'auto fuori da quella stradina per riportarla sull'asfalto. Poi ci hanno istruito dicendoci di lasciarla lì e di raggiungere a piedi il paese dove verranno a prendere noi e le nostre valigie.

Quindi, dopo un'ora di autostrada alle quattro di mattina, un infinito viaggio in aero e altre due ore di auto (ci tengo a specificare che papà mi aveva detto che ci sarebbero voluti una ventina di minuti massimo) diciamo che una sgranchita alla gambe sotto il sole cocente con due valigie a testa, una colazione e un pranzo inesistenti nello stomaco e la minima idea di dove ci trovassimo, era l'ideale.

Se Giorno si era guadagnato la mia simpatia, dopo questa può considerarla andata alle ortiche.

Finalmente un'auto identica a quella usata da noi sbuca dalla strada da cui siamo arrivati e ci si ferma davanti. Un uomo ben piazzato scende, ci fa cenno di salire e carica le nostre valigie.

Vorrei dire che questo cambio di mezzo migliori la situazione, ma non lo fa.

Durante tutto il tragitto la radio locale è stata messa ad un volume così alto che sovrastava il ronzio dell'auto. Il nostro autista momentaneo si è messo a cantare fin troppo appassionatamente ogni canzone che passavano con una voce gutturale che dava la sensazione di starti grattando direttamente il timpano. Che la musica fosse indecente non c'è neanche bisogno di dirlo.

Parcheggiamo dopo esserci addentrati nel centro abitato; mio padre spalanca la portiera ed esce dall'abitacolo, immediatamente investito dal sole. Esco anche io e la prima cosa che vedo è un piccolo edificio color sabbia assalito da piante rampicanti, vasi e balconcini, appartato rispetto ad un paio di alberghi alla nostra sinistra.

Papà tira fuori dalla tasca anteriore dei pantaloni i documenti della prenotazione online, confrontando il paesaggio davanti a noi con la foto in bianco e nero stampataci sopra.

"Destinazione raggiunta." dice, le mani sui fianchi come se si ritenesse un grande condottiero.

La valigia pesante (non mia) che sto tentando di tirare fuori dal baule senza farmi uscire la spalla mi cade sul piede. Stringo tra i denti una bestemmia.

Questa valigia di merda, il sole e la sua vacanza padre-figlio possono benissimo andare al creatore per quel che mi riguarda. Quando è che si torna a casa?

Ingoio a fatica tutta la rabbia che mi trabocca dalla gola e continuo a scaricare le altre valigie. Mi ripeto e mi ri-ripeto che dovrei essere grato di questo viaggio non previsto, ma al momento proprio non riesco a fare il figlio riconoscente.

Papà si volta verso di me, il volto della soddisfazione.

Per una volta, lo squillo del suo telefono mi salva e non sono costretto a ricambiare il sorriso.

"Pronto? Si, sono appena arrivato di fronte all'appartament- no. No, non è un problema. Dieci minuti e sono lì."

La telefonata viene chiusa. Sbuffo numero quarantadue.

Mio padre tiene in mano il cellulare e gesticola con esso, come a sottolineare che se mi sta dando buca la colpa è di quell'aggeggio. "Era l'ufficio. Hanno avuto dei problemi, hanno indotto una riunione straordinaria ed è richiesta la mia presenza urgentemente. So che ti avevo promesso che non avrei iniziato a lavorare prima di lunedì, ma..."

Ma sarà per la prossima volta. Già.

Ho già letto questo copione.

"Non è un problema, papà. In fondo sei venuto qui per questo."

"Sicuro che vada bene?"

Non è che abbia molte possibilità di risposta.

"Certo. Mi prendo la stanza migliore , disfo le valigie e poi vado in esplorazione."

Alzo gli angoli della bocca e solo allora lui sembra convincersi. Mi spettina i capelli con una mano, completando la messa in piega che il vento non era riuscito a portare a termine. "Sei il migliore. Qualsiasi nuovo esperimento tu abbia voglia di fare con la tua testa quando torniamo a casa consideralo approvato e finanziato."

Ricevo una pacca sulla spalla prima che papà si torni ad avvicinare all'auto per dire qualcosa al tizio dell'autonoleggio attraverso il finestrino abbassato.

Si volta verso di me, la sua espressione da uomo d'affari già stampata in faccia.

"Ti mando un messaggio per farti sapere quando finisce la riunione. Aspettami per cena."

E così mio padre sale in auto e se ne va, lasciandomi solo con le valigie e i documenti necessari.

Le prendo tutte e quattro per il manico, due per ogni mano, e le trascino verso quella che sarà la mia casa per le prossime due settimane.

Inghiottito dal Mare, Rapito dalla Luna - UNDERNEATH THE MIRROR (BTS Yoonmin)Where stories live. Discover now