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Jimin

Avevo passato tutta la giornata a chiedermi cosa stesse facendo. Avevo passato tutta la giornata a chiedermi se fosse arrabbiato con me. Avevo passato tutta la giornata sotto le coperte sperando che il dannato telefono suonasse, che mi avvertisse di un messaggio, di una chiamata, ma non era arrivato niente. Sentivo che questa volta dopo la litigata, che avevamo avuto la mattina prima in corridoio, qualcosa si era spezzato. Solitamente dopo una litigata facevamo subito pace. Non era mai passata una giornata intera. In quell'unico giorno avevo avuto un assaggio di cosa vuol dire stare un giorno senza Yoongi, senza un suo messaggio, senza una sua parola, senza un suo sguardo, senza un suo sorriso. Non era affatto bello. L'unica cosa che volevo era vederlo e rintanarmi tra le sue braccia, chiedergli scusa per tutto quello che gli stavo facendo, chiedergli scusa per quello che gli avrei fatto, chiedergli di non odiarmi, chiedergli di non abbandonarmi, sapendo perfettamente non fosse possibile. Nel momento in cui avrei definitivamente rotto con lui lo avrei perso per sempre. Niente più Yoongi nella mia vita. Al solo pensiero mi bruciavano gli occhi. non mi ero mai sentito tanto confuso in vita mia, non sapevo cosa stessi facendo, agivo d'impulso non pensavo, non mi controllavo, non ci riuscivo. Li volevo entrambi, ma sapevo perfettamente essere un desiderio malato ed egoista, ma come facevo a rinunciare ad una qualsiasi delle due parti più importanti della mia vita? Come può qualcuno privarsi di una parte di sé senza sentirsi morire giorno dopo giorno? Io non ero tanto forte da farlo. Non ero tanto forte da riuscire ad andare avanti senza uno dei due. Avevo voglia di prendermi a pugni, avevo voglia di urlare, di strapparmi la pelle di dosso. Quello non ero io, io non gli avrei mai fatto una cosa del genere. O forse sì? "non sembri neanche più tu". Lo so. Neanche io mi riconosco più. Guardai il letto accanto al mio. Era vuoto. Chissà lui cosa stava facendo. Chissà a lui cosa passava per la mente. Tae mi hai incasinato la vita. Buttai le gambe giù dal letto e le lasciai penzolare, mentre le mani stringevano il tessuto della coperta accanto a me. Presi un respiro profondo, due, tre, mi sembrava di soffocare, di esser rinchiuso in una bolla priva di aria, di avere un masso legato alla caviglia che mi trascinava in basso, sempre più giù, lontano dalla luce, lontano dall'aria. Sono i sensi di colpa amico mio. Mi alzai d'impulso dal letto, mi infilai una felpa e dei pantaloni puliti e volai fuori dalla porta. Ero perfettamente consapevole di dove stessi andando, ero perfettamente consapevole di quello che stessi facendo, ma mi sembrò di rendermene conto solo quando il mio pungo picchiò sulla superficie di legno. I secondi mi sembravano un'eternità mentre aspettavo che la porta si aprisse. Non importava quanto cercassi di allontanarmene avevo bisogno di lui, avevo ancora bisogno di lui.

- Jimin – il tono di voce sorpreso mi fece sollevare la testa per incrociare il mio sguardo con il suo.

-sei solo? – chiesi sbirciando dentro la stanza alle sue spalle –possiamo parlare? – lui senza rispondere si scostò e mi fece spazio per entrare all'interno della camera. Era rimasto anche lui tutto il giorno lì? Gli ero mancato come lui era mancato a me? Sentii la porta chiudersi e i suoi occhi addosso mentre mi muovevo lentamente nello spazio ristretto

-di cosa vuoi parlare? – era ancora arrabbiato? Cosa potevo fare per farmi perdonare? Cosa posso fare per non farmi odiare?

-sei arrabbiato? – chiesi sedendomi sul suo letto e iniziando a giocare con gli anelli che avevo alle dita

-dovrei? – dovresti odiarmi, dovresti urlarmi addosso, prendermi a pugni, distruggermi così come io sto facendo con te senza che tu te ne renda conto. Mi limitai ad alzare le spalle.

-perché non lo sei?- sbuffò

- No. Non arrabbiato. – avevo la sensazione che quello che stesse per dire fosse anche peggio –forse più deluso- infatti. –ferito – alzò le spalle –non lo so neanche io- mi morsi il labbro

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