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2 settembre 1987

È una calda serata di inizio settembre, tra le strade aleggia ancora quel che resta di un'estate che non si decide a lasciare Los Angeles; mentre io sono in piedi, con la fronte appoggiata sulla finestra a contemplare con aria triste la città.

La stanza è invasa da un terribile silenzio, interrotto a volte da qualche sospiro ineccepibile da parte mia e qualche rumore dovuto al suo preparare le valigie.

Sento una zip chiudersi, e come se mi stesse facendo fisicamente del male strizzo gli occhi, quasi a voler far finta che sia tutto un sogno da cui presto mi sarei svegliata.

Ma purtroppo non è così, Michael sta per partire per il tour e io non lo vedrò per mesi, questa è la fottuta realtà.

Mi volto lentamente, appoggiando la schiena al vetro e tirando giù le maniche fino a coprirmi le mani, mantenendo un'espressione impassibile mentre lo guardo preparare le ultime cose.

Lui sembra non accorgersi di niente, o fa finta.
Chissà a cosa sta pensando, il fatto che l'avrò lontano per così tanto tempo lo distrugge come fa con me oppure no?
Muoio dalla voglia di saperlo, ma resto zitta comunque.

Continuo a osservarlo in silenzio.
Adoro il modo in cui si muove, elegante e allo stesso tempo sicuro: potrei passare giornate intere ad ammirarlo.

Un tonfo mi distoglie dai miei pensieri, gli è accidentalmente caduta una valigia dalle mani: sorrido leggermente senza volerlo nel vederlo così impacciato anche nel fare le cose più normali.

"Stai dimenticando questa" gli dico piano porgendogli la sciarpa da cui non si separa mai, la stessa che mi ha rubato una della prime volte che ci siamo conosciuti e che non mi ha mai restituito.
O forse sono io che non la rivoglio indietro, preferisco che la tenga lui visto che gli piace così tanto.

Nel prendermela dalle mani mi sfiora le dita e in quel momento si accorge di quanto effettivamente stia a pezzi.

Lascia perdere quello che stava facendo e mi avvolge in uno degli abbracci più belli che abbia mai ricevuto.
Non so se per il fatto che probabilmente quello è uno degli ultimi, o per il fatto che in quel momento mi sento così piccola al pensiero di non averlo accanto che mi rannicchiai al suo petto, come fanno i bambini.

"Non fare così..." mormora dopo un po', accarezzandomi la schiena.
Io stavo decisamente piangendo da un pezzo, imbrattandogli la camicia con il mascara sciolto. Tutto il pianto represso mi è scoppiato all'improvviso e non ho potuto fare niente per fermarlo, non stavolta.

Sai Michael, nemmeno io vorrei reagire così, l'ultima cosa che voglio è darti ulteriore stress e preoccupazioni, ma non ci posso fare proprio niente.

Vorrei dirglielo, ma l'unica cosa che riesco a fare in quel momento è continuare a piangere sempre
più forte.

Non mi era mai successo, lui non mi aveva mai vista in queste condizioni e conoscendolo si starà sentendo davvero in colpa.

Lo stringo forte, come se mi stesse scivolando via dalle mani ed io non potessi fare nulla per impedirlo.

"Prometti che mi chiamerai ogni giorno?" riesco a dire asciugandomi  le guance con la manica del cardigan.
È un po' cliché come frase e lo so bene, ma ho la mente talmente confusa che mi gira la testa, e la vista di quel caos sul letto, le valigie piene e la situazione in generale non aiutano per niente.

Mi prende delicatamente le mani e se le appoggia sui fianchi, ridendo leggermente per allentare la tensione.

"Ogni ora del giorno e della notte, promesso"

Mi scappa un sorriso enorme e allo
stesso tempo malinconico mentre qualche lacrima mi riga ancora il viso.

In quel momento un clacson improvviso ci interrompe, e un panico allucinante mi assale dalla testa ai piedi.
Sta succedendo davvero.
Tra pochi instanti Michael varcherà la soglia di quella porta con tutte le valigie e non lo vedrò più da qui a fin troppo tempo.

Voglio urlare.

E allo stesso tempo, invece di essere felice per lui che sta finalmente coronando uno dei suoi sogni più grandi, faccio la figura della bambina capricciosa e viziata che non vuole lasciarlo andare.

Fisso a vuoto un punto indefinito della camera, mentre Michael continua a guardarmi senza dire nulla.
Non so dirlo con certezza, ma
credo che sia anche lui sul punto di piangere.

Invece scommetto la vita che i miei occhi sono due complete pozze d'acqua, di nuovo.

"Mi mancherai, cazzo, se mi mancherai" sussurro circondandogli il collo con le braccia e poggiandogli la testa sul mio petto.

So quanto non sopporti che io dica parolacce, ma credo che in quel momento non gli importi più di tanto.

Mi avvolge un braccio attorno alla vita e mi stringe un po', mente con l'altra mano recupera la "sua" sciarpa abbandonata sul letto.

"Anche tu mi mancherai tanto, mi mancherà averti accanto tutti i giorni e mi mancherà stritolarti la mano quando sarò nervoso in pubblico"

Sorrido mentre gioco distrattamente con una ciocca dei suoi capelli e
chiudo gli occhi, appoggiando il mento sulla sua spalla.

Un altro colpo di clacson lo invita alquanto sgarbatamente a sbrigarsi e ci sciogliamo dall'abbraccio.

In quel momento noto come non abbia messo la sciarpa in valigia con tutte altre cose, e come se mi leggesse nella mente me la mette al collo, avvicinandomi a lui.

"Questa la terrò sempre addosso ogni volta che ne avrò la possibilità, mi ricorda di te e ha il tuo stesso profumo"

Sorride nel dire l'ultima frase non sapendo che così mi fa solo piangere ancora.

Dà un'ultima occhiata in giro per controllare di aver preso tutto e lo aiuto a scendere le valigie, ritrovandomi ancora una volta a pregarlo con gli occhi di non andare, come se potesse farlo davvero.

Mi abbraccia di nuovo, ma stavolta non riesco a ricambiare.
È come se tutto il mio corpo si rifiutasse di accettare quello che sta succedendo, impedendomi di reagire.

"Non fare cavolate, mi raccomando"
Me lo sussurra tra i capelli mentre finalmente trovo la forza di abbracciarlo.

"Potrei dirti lo stesso, idiota"

Ride come un bambino prima di lasciarmi un bacio sul naso e chiudersi la porta alle spalle, dopo avermi salutata davvero per l'ultima volta.

Appoggio la schiena alla porta e mi lascio scivolare verso il basso, trattenendo un pianto isterico.

Mi brucia la gola e mi tremano le mani, mi sento come se il mondo mi fosse caduto addosso tutto in una volta, e fa male, tanto male.

Resto lì per terra come un pezzo di carta accartocciato, a cui nessuno importa niente.
Nemmeno a me stessa.

Dopo qualche minuto sento qualcuno da dietro la porta e mi affretto a ricompormi prima di aprirla: tutto potevo immaginare tranne di trovarmi Michael davanti, solo e come se non fosse successo nulla.

"Scusa ma...tu...dovresti essere...cosa...?"
Sono più confusa che altro e non riesco nemmeno a formulare una frase completa.

"Lo so, ho solo dimenticato una cosa"

Scrollo le spalle, guardandolo in cerca di una risposta.

"Cioè?"

"Te."

Fragments || Michael JacksonWhere stories live. Discover now