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Sono sempre stata bloccata da mio padre, non ho mai potuto conoscere gente nuova al di fuori delle mura domestiche e mai, seppur sedicenne, conosciuto l'amore.
Mio padre era un pazzo, violento con mia madre, insensibile, egoista, non ha mai voluto che fossi felice e sicuramente mai voluto una figlia.
Così all'età di vent'anni, spinta anche da mia madre, decisi di andarmene, via, per sempre da quel mondo pieno di porte chiuse in faccia ed iniziare a vivere la vita.
È stata molto dura, ma ora, che di anni ne ho venticinque, mi sento nettamente meglio.
Attualmente vivo a Seoul, nella periferia ovviamente, ma ho in programma di girarmi un po' il paese, quando avrò racimolato un po' di denaro.
Non avendo ricevuto nessun tipo di istruzione, grazie a quel meschino di mio padre, non potei trovarmi un lavoro ben pagato, però, riuscì comunque a procurarmi un piccolo lavoretto in un barbiere; non avevo nessuna precedente esperienza in questo campo, ma dal momento che il titolare del posto, un tizio anziano, simile a un babbo natale coreano, molto gentile, mi aveva fatto provare a tagliare i suoi baffi e giudicatami idonea al lavoro, fui assunta.
A differenza del proprietario, i clienti di quel negozio erano tutt'altro che amichevoli. Scorbutici, aggressivi, stressati, narcisisti, non ve ne era uno che fosse piacevole nel sentirlo parlare e, dato che il capo si faceva sempre meno presente, a causa di motivi familiari ed era l'unica persona gradevole e comprensiva che conoscevo, dovevo assorbirmeli tutti io.
Un giorno attiró la mia attenzione una telefonata che avevo ricevuto per una prenotazione, la voce dall'altra parte sembrava calma, affascinante, che attira "Qual'è il suo cognome?" dissi per appuntarmi l'orario dell'appuntamento "Lee, chiamami Lee, dolcezza" rispose chiamandomi in questo modo, così, confidenziale, non sapevo che pensare, volevo che arrivasse quel giorno per capire quale fosse il volto del "Signor Lee".

Champagne, Kim HyunaWhere stories live. Discover now