Capitolo 3

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Fiumi verde acido attraversano le rocce come vene, sollevando sottili colonne di vapore che s'innalzano nell'aria rarefatta, impregnandola con un'acre puzza di fumo. Il cielo è nero, ma nessuna stella brilla nella sua volta: è come un'enorme ombra immobile sopra la mia testa.

I piedi nudi poggiano su una distesa di pietra scura dura come il marmo e scalfita come se fosse un mare agitato. Il calore del vapore è così intenso che pare volermi ustionare la pelle nuda e coperta solo da liane e spine. Mi guardo intorno, persa in un quest'ambiente così surreale dove l'orizzonte si confonde con il cielo e dove l'unica fonte di luce proviene da... me. In mezzo ai piccoli seni, attaccato alla carne, c'è un grosso cristallo che illuminata tutto di un inquietante verde intenso. Voglio tornare a casa e disperata inizio a urlare a squarciagola, come mai in vita mia, implorando aiuto, ma invano.

«È inutile scappare.»

L'eco di una voce femminile risuona nell'aria. Mani invisibili iniziano a sfiorare il mio corpo, fino a toccarlo e a stringerlo con violenza. No, no, no! Cerco di strapparmele di dosso, però non riesco ad afferrarle nonostante il loro palmi siano così concreti. Esasperata grido e sento le lacrime attraversarmi le guance.

«Il tuo peccato è già marchiato.»

D'improvviso le mani smettono di tormentarmi. Torno a respirare e provo a cercare la provenienza di questa voce, sempre meno umana, finché non sposto lo sguardo verso l'alto...

«Non arrenderti.»

"Ma di che sta parlando?" So che mi ascolta, come so che, chiunque sia, mi sta osservando. Ma il mio è solo fiato sprecato.

Improvvisamente dei tuoni risuonano nel cielo e fanno tremare la terra. La mia vista si appanna sempre di più, fino a oscurarsi del tutto. Porto le mani agli occhi e, con la punta delle dita, riesco a percepire la superficie umida e liscia della cornea: il contatto non mi provoca bruciore.

Urlo ancora, con più forza, ma le mie grida sprofondano nel silenzio.

Dopo qualche istante la penombra viene divorata da una luce bianca, su cui appaiono due occhi verde chiaro privi di pupilla,che mi guardano come si guarda una preda. La loro immagine dura solo due secondi, poi il buio.


Il soffitto mi si para davanti.

«Ancora.»

Mi volto su un lato del letto, trovandomi davanti il profilo degli alberi, oltre la finestra, stagliarsi come figure scure su un cielo chiaro. Provo a chiudere gli occhi per altri cinque minuti, quando "Back in black "degli AC/DC me li riapre.

«Ma vafammocc...» Spengo la sveglia e mi alzo dal letto.

Rimango a sdraiata qualche minuto per riprendere conoscenza, ma la voce di Brian deve aver svegliato pure Tonia, che ha cominciato a far casino su tutto il piano superiore e come al solito tocca a me calmarla.

Esco dalla camera e vedo una ragazzina di dodici anni con lunghi capelli castani e il pigiama rosa correre per il pianerottolo, diretta verso la stanza dei nostri genitori.

«Sta' zitta, Tony» borbotto con la voce impastata dalla stanchezza. Come al solito non mi ascolta e inizia a bussare alla porta dei miei. Vado in bagno giusto per sciacquarmi il viso: allo specchio compare uno spaventapasseri dagli spettinati capelli scuri, il viso allungato e gli occhi neri che

non si tengono aperti. Nemmeno l'acqua fredda del lavandino migliora la situazione.

«Non voglio andare a scuola» bofonchio davanti al riflesso. «Voglio tornare a letto.» Ma la mia mente risponde subito, con la voce di mia mamma che mi sgrida dandomi della nullafacente.

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