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Si dice che nessuno muore sulla terra finché vive nel cuore di chi resta, ma Kotori, quel giorno del mese delle foglie, sentiva il cuore dilaniato dal dolore.

Lacrime silenziose le rigavano il viso, lacrime che non era riuscita a frenare. Singhiozzi sommessi abbandonavano le sue labbra, mentre il vento le scuoteva le gonne del Kimono bianco usato per il lutto.

Quel giorno, tutta Isao si era riunita nel comune Cimitero degli Shinigami per assistere al funerale di Keiji e Minari Daiki.

Kyoden e Shiba reggevano in mano due fiaccole brucianti. Entrambi erano posti davanti gli altari di legno su cui erano stati adagiati i due cadaveri, aspettando che il Sommo Sacerdote finisse di pregare.

Sul viso di Shiba non passava alcuna emozione, era solo serio e freddo, con gli occhi fissi sulla pila legnosa ad osservare ciò che restava di Keiji con indifferenza.

Per Kyoden, invece, era tutto completamente diverso. I sensi di colpa gli contorcevano lo stomaco e la mano con cui reggeva la fiaccola aveva preso a tremare, mentre gli occhi si erano fatti lucidi.

Se solo fosse tornato indietro, se solo non si fosse fatto guidare dalla rabbia, Minari sarebbe di certo stata ancora viva. Vederla adagiata su quel letto di morte lo faceva sentire un mostro. Solo il Cielo sapeva quanto avrebbe voluto averla ancora con sé, per poterle anche solo parlare o abbracciarla perché, nonostante tutto, quella donna lo aveva sempre aiutato. Gli era sempre stata vicina al pari di una sorella, e ora non c'era più.

Persino Mei aveva cominciato a piangere, cercava di rasentare la compostezza ma non riusciva. Non era in grado d'essere esente dalle proprie emozioni, perciò aveva preferito lasciare che le lacrime scorressero leggere sulle guance.

Il Sommo Sacerdote smise di pregare, abbassò le mani, e i due uomini lasciarono che il fuoco divorasse la paglia posta al di sotto dell'altare. Pian piano, le lingue ardenti bruciarono il legno, fino a raggiungere i corpi del padre e della figlia.

Kotori singhiozzò ad alta voce, stringendo i pugni a causa del dolore atroce che sembrava averla completamente travolta. Avrebbe voluto farsi piccola e scomparire, ubicata fra Nobu e Ryo che, impotenti, non potevano fare altro che osservarla soffrire.

Nobu le prese una mano, accarezzandogliela come per farle capire che non era sola e che si sentiva parte del suo dolore, sebbene non fosse davvero così.

Più di una volta il ragazzo si era chiesto perché non fosse stato in grado di versare nemmeno una lacrima per quella madre che non si era mai premurato di amare nel modo giusto, senza trovare risposta. Si sentiva ancora sorpreso, ma al contempo non aveva ancora realizzato la completa morte di Minari come, a differenza sua, aveva fatto Ichiro.

Quest'ultimo si era allontanato da loro, posizionandosi vicino a Mei per sfuggire direttamente al contatto fisico con chiunque. Sapeva che quella donna non gli avrebbe posto alcuna domanda indesiderata, in tal modo, non avrebbe avuto remore nel mostrare il proprio dolore dinnanzi quella disarmante folla di Shinigami.

Lasciava che quelle lacrime, che aveva sempre cercato di reprimere, gli rigassero il volto, mentre lui non batteva ciglio. Voleva vedere il corpo di sua madre finché ne avrebbe avuto la possibilità, voleva osservare il suo viso sereno persino nella morte prima che le fiamme lo deturpassero.

Un lamento lasciò le sue labbra nel momento stesso in cui una nube di fumo arse completamente il suo corpo. Il ragazzo si portò una mano alla bocca, sopprimendo altri lamenti che continuavano a propagarsi dalla bocca. Non voleva che sua madre se ne andasse, non lo aveva mai messo in conto.

Per Ichiro e Kotori era stato più facile, forse, dire addio ad Eijiro. Avevano sempre vissuto nell'ansia e, nonostante fosse stato difficile, avevano cominciato fin da bambini ad abituarsi all'idea che il rischio di non vedere più il padre tornare a casa fosse sempre presente.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àOù les histoires vivent. Découvrez maintenant