🌸23(Parte II/II)

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Passarono altri due giorni dall'accaduto, ma niente all'interno della Buke-Zukuri appartenente ai Tanaka sembrava essere cambiato.

Minari era rimasta a crogiolarsi nel suo bozzolo di tristezza anche quella mattina, mentre guardava fuori dalla finestra della Stanza Preziosa. I suoi occhi erano gonfi, il viso pallido, i capelli spettinati e il Kimono pesante sulle membra smagrite a causa della poca voglia di mangiare che si portava dietro.

Le sue pupille erano fisse sul sole morente, che si stava lentamente nascondendo dietro le cime delle colline di Ohara per trovare il suo riposo.

Le ante scorrevoli della stanza si aprirono in quell'istante, lasciando che la figura ormai furiosa di Kyoden si facesse strada all'interno. Nemmeno il suo passo pesante riuscì a scuotere Minari dalla propria immobilità, niente ci sarebbe riuscito.

«Ascoltami, dobbiamo parlare.» incominciò lui, usando un tono di voce che non ammetteva repliche. «Guardati. Ti rendi conto della maniera in cui ti sei ridotta? Pensi forse che Eijiro voglia questo? Pensi che lui sarebbe felice di vederti così?!»

Gli occhi della Shinigami incrociarono quelli del compagno d'armi, altre lacrime lasciarono le sue ciglia e l'ennesimo singhiozzo si propagò dalle sue labbra. «Basta, Kyoden... basta, vattene. Lasciami... in pace...»

«No, non ti lascerò in pace. Non lascerò che il tuo stesso egoismo ti divori, quando hai due figli che hanno solo bisogno di te.» la rimproverò ancora, e ancora, sollevò il tono della voce sempre di più, ma sembrò essere tutto inutile.

Minari non ascoltava e Kotori suonava più velocemente, per cercare di attutire la voce dell'uomo che imperversava lungo il corridoio fino a raggiungere le sue orecchie e quelle di Mei nella sala da pranzo.

La giovane era riuscita a sollevarsi dalla sua tristezza solo grazie a lei, alla sua gentilezza e al suo sorriso. Si era lasciata accompagnare a tavola, aveva finalmente messo qualcosa sotto i denti e aveva salutato Nobu e Ryo prima che entrambi uscissero a cercare Ichiro.

Kotori lasciò che le corde del Koto vibrassero sotto le sue dita, mentre accompagnava Mei in una canzone insegnatale quello stesso pomeriggio.

Cercava di prendere le note giuste, ascoltando la voce dolce di Mei intonare parole e frasi nella lingua Cinese. Una lingua che aveva appreso solo in minima parte, ma che le sembrava ora tanto dolce e ammaliante da farle provare il desiderio di conoscerla.

Quando entrambe arrivarono alla fine della melodia, Mei si complimentò con lei abbassando il capo a mo' di inchino. «Sei davvero molto brava a suonare, Kotori. Prendi subito confidenza con le nuove melodie.»

Lei sorrise appena, massaggiandosi le dita gonfie. «Sì, mi è sempre piaciuto suonare, ma pecco nel canto. Sono stonata come una...»

La giovane non riuscì a terminare la sua frase, che si ritrovò costretta a sollevarsi a causa dell'improvviso suono di una voce ben conosciuta.

Prima di correre verso il corridoio, aiutò Mei a sollevarsi lentamente dal suo cuscino e poi, insieme, si diressero fuori dalla sala da pranzo per poi trovarsi davanti allo stesso uomo a cui Kotori aveva subito pensato.

«Ojii-sama...» mormorò non appena lo vide sulla porta, accanto a una domestica, con il volto rilassato e un sorriso furbo ad assottigliargli gli zigomi. «Qual buon vento?»

«Kotori-chan.» le sorrise lui, inchinandosi davanti alla nipote e davanti a Mei. «Vorrei vedere tua madre, ho delle cose molto importanti da dirle.»

La ragazza si avvicinò di più alla donna, lanciandole uno sguardo colmo di indecisione. Non sapeva se rivelare al nonno l'attuale posizione della madre, visto che lei stessa aveva chiesto di non vedere nessuno. Come se non bastasse, le due donne avvertivano un'inconsueta sensazione di fastidio nei confronti di quell'uomo. Qualcosa di profondamente negativo.

𝐋𝐀𝐌𝐄 𝐃𝐈 𝐒𝐀𝐍𝐆𝐔𝐄 - 𝑂𝑠𝑐𝑢𝑟𝑖𝑡àWhere stories live. Discover now