Arte di saper vedere

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Daemon qui in tenebris lucet

La famiglia Conticelli era al centro delle discussioni nel paese di Ciale, in Sicilia. Sicché la figlia maggiore, di tanto in tanto, quando era una bambina, gridava ai quattro venti di vedere i fantasmi. Certo, fino a una certa età pareva uno scherzo, ma quando la cosa divenne persistente, la gente cominciò a parlare di sfortuna e maledizioni.
La famiglia però non si curava di queste dicerie, soprattutto perché i genitori di Clara – la primogenita – sapevano bene che la figlia non era né pazza, né portatrice di sciagure. La ragazza fin da piccola vedeva spettri di persone sconosciute che le sussurravano, durante le notti prive di sogni, che sarebbe arrivato il giorno in cui, tornando nella sua forma più pura, sarebbe diventata cieca. Clara però non era cresciuta nel terrore di tali figure, anzi aveva passato l'infanzia e l'inizio dell'adolescenza tra il profumo di zagara e gli spiriti soprannaturali, su una collinetta in cui la madre coltivava aranci per poter fare i suoi profumi. Il padre lavorava da casa per un'azienda di computer con sede a Milano, e nei fine settimana, quando gli impegni glielo permettevano, suonava il flauto nei locali. All'apparenza, dunque, sembrava una famiglia normale a cui, malauguratamente, era nata una figlia colpita dal malocchio.

Un sabato mattina, il giorno del compleanno di Clara, una bambina fantasma si presentò ai piedi del suo letto. La bambina era paffuta, con i capelli neri, la pelle olivastra, il naso schiacciato e largo e due occhi dorati che fissavano insistentemente la ragazza. La primogenita dei Conticelli sobbalzò quando la bambina tirò fuori da sotto la veste una clessidra la cui sabbia aveva toccato il fondo. Le campane della cattedrale di Ciale cominciarono a risuonare nell'aria come un monito e Clara non poté far altro che rimanere ferma a fissare la bambina. Solitamente, i fantasmi che si presentavano ai piedi del suo letto erano soprattutto anziani che le chiedevano di portare dei messaggi ai loro famigliari ancora in vita. O a scuola ragazzi, più o meno della sua età, si sedevano sulla finestra o sotto un banco, e di tanto in tanto, come si fa con una vecchia foto appesa, la guardavano e sorridevano. Era frustrante per lei vedere che ognuno di loro portava cicatrici sulla pelle. Uno di loro aveva una cintura legata al collo e, quando si distraeva dalla lezione, questa si stringeva come punizione. I fantasmi si spostavano in giro per la scuola, ma solo durante la ricreazione, come fossero normali studenti. A volte erano proprio loro a dirle di ascoltare ciò che il professore stava spiegando. Ogni fantasma era accomunato dal fatto di essere visto o sentito solo da Clara e di avere colorazioni umane, ma sbiadite. La luce li attraversava e la notte li rendeva più cupi.
La bambina fantasma, a differenza degli altri fantasmi, non era andata via fluttuando, ma si era dissolta come fumo nell'aria, facendo sì che Clara, spaventata e confusa, cacciasse un urlo così forte da richiamare l'attenzione di sua sorella Oreana. Quest'ultima corse per tutto il corridoio del primo piano, arrivando in camera della sorella maggiore tenendo tra le mani un cuscino. Resasi, però, conto che non v'era alcun losco figuro in camera della sorella, Oreana emise un sospiro di sollievo, sedendosi poi a fianco a Clara.
«Lo dicevo io che ti dovevamo mandare dal prete. Chissà cosa devi aver combinato nella tua vita passata per essere tormentata in questo modo!» esclamò, passandole una mano sulla schiena con dolcezza.
«Me lo chiedo anch'io. Eppure, i fantasmi non mi hanno mai parlato di omicidio o di crimini commessi. Né so cosa intendano dire con "forma più pura" o "sarai il futuro".» borbottò Clara, alzandosi e andando a tastare con i piedi il pavimento. Si guardò intorno, ma c'era solo la sua stanza con il letto matrimoniale dal piumino verde, l'armadio in mogano a torreggiare sulla destra, la scrivania a sinistra, il televisore sulla cassettiera a fianco alla porta, i comodini con gli abatjours gialli e i libri che non aveva ancora messo nella libreria accostata alla cassettiera. Nulla di più, una semplice camera dalle pareti bianche che era costretta ad assistere ai suoi deliri e alle sue visite giornalieri.
«Era qui, Oreana. Proprio in questo punto. Era una bambina, aveva una clessidra tra le mani e la sua sabbia aveva toccato il fondo.» le spiegò velocemente, mimandole la grandezza dell'oggetto. Oreana si alzò dal letto, si mise vicino a lei in ginocchio e con le mani tastò il pavimento.
«Mh, niente portali magici o tracce di polvere di fata, oh, mia negromante.» la schernì, mettendosi poi a ridere.
«I negromanti controllano i morti, io li vedo, li sento e ci parlo, ma di controllarli non ne sono in grado. Ma sai chi sono in grado di far muovere a mio piacimento?» le chiese Clara, prendendo la sorella di peso e gettandola sul letto per poi farle il solletico. Oreana scalciò e rise; fortunatamente il letto era abbastanza grande da non farle cadere.

Cobalto - Pioggia ai viviWhere stories live. Discover now