Casa

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Casa: è una parola semplice.
Quattro sole lettere per descrivere un luogo familiare, a volte amato, a volte odiato, ma pur sempre approdo finale dopo una giornata o un lungo viaggio.

L'appartamento dove viveva Leonardo e quello di sua nonna occupavano un intero piano ed erano collegati da una porta che non era mai chiusa a chiave.
L'anno in cui Leonardo aveva iniziato il liceo, i suoi genitori, un brillante latinista e un'archeologa di fama mondiale, erano partiti per Oxford lasciando al ragazzo e a suo fratello Vittorio una casa decisamente troppo grande rispetto alle loro esigenze.
Le regole erano semplici: niente feste, niente alcool, niente ragazze; durante la settimana bisogna essere a casa alle nove. Ma la nonna a queste regole non voleva badare, anzi, forse le piaceva coprire i nipoti nelle loro "scorribande".

Leonardo fece capolino nella cucina della nonna《Ciao, sono a casa》. I mobili erano tipici degli anni '60 e ovunque spiccavano foto di nipoti, centrini e merletti e tante cianfrusaglie regalate che nessuno aveva mai avuto il coraggio di buttare.
La donnina, che con i capelli argentei e raccolti era impegnata a friggere dei peperoni, alzò lo sguardo e subito le  brillarono gli occhi, urlò: 《Ragazzo mio, oggi sei arrivato troppo presto.  Vuoi le patatine fritte, o le carote, o tutti e due?》. Il rumore dei peperoni fritti quasi copriva la voce soave ma vivace della vecchietta.
《Quello che c'è, grazie mille》 il ragazzo le diede un bacio e in quel momento entrò Vittorio tutto allegro con due grandi buste della spesa.
《Ohi nonna, sta sera a cena c'è anche Michelle》. La ragazza entrò nella stanza e salutò affettuosamente la signora che, incrociando le braccia, un po' imbronciata, esclamò:《Potevate dirmelo, anche solo un'ora fa! Avrei cucinato qualcosa di speciale! Cara, ti fermi a dormire?》.
La ragazza sorrise e annuì, insistendo per apparecchiare la tavola.

In quello stesso momento, in una cucina che profumava ancora del pollo arrosto del pranzo, Camilla stava infornando una torta pere e cioccolato per il compleanno del padre. Non aveva avuto il tempo per farne una più complessa, ma, come diceva sempre lei "un compleanno senza torta non è un vero compleanno".
Si era messa sul tavolo della cucina, verso il tardo pomeriggio, a mescolare tutti gli ingredienti in una vecchia terrina di ceramica colorata.
Insieme alle uova e allo zucchero aveva aggiunto la strana tranquillità e senso di appartenenza - appartenenza a che cosa ancora non lo aveva capito - che la pervadeva in quei giorni, insieme ad un pensiero per il ragazzo dello zainetto.

La ragazza si guardò intorno: le poche foto della sua famiglia riunita la facevano pensare a quei bei momenti della sua infanzia, quando la nonna le preparava una calda torta alle mele nei freddi pomeriggi invernali.
Proprio da lei aveva ereditato questa piccola passione per la pasticceria.
Non vedeva l'ora che tornassero i suoi per festeggiare il compleanno del padre.

Alice infilò tre pizze surgelate nel forno nuovo. Sua sorella stava lavando i piatti appena tolti dall'imballaggio nel lavandino. Erano rosa antico, larghi e brillanti, senza una storia.
Tutto sapeva di nuovo ed era freddo, comprese le luci, che rendevano tutto l'ambiente asettico, come quello di  una sala operatoria.
"Eppure dovevano essere aranciate..." pensò la ragazza un po' sconsolata, mordendosi le unghie.

Dal balcone si vedeva la Gran Madre e da ogni stanza si poteva sentire il rumore di tram e pullman che passavano senza sosta, fino a tarda notte.
Tutte le luci dei palazzi vicini brillavano di colori caldi e, da lontano, si potevano scorgere sagome indefinite di uomini e donne oltre le tende.
Ad Alice piaceva immaginare un futuro dai colori aranciati, in un piccolo appartamento che profumasse e colorasse di vita.

Leonardo accedette a Skype, puntuale come sempre, alle 22.00.
Attivato lo schermo apparvero subito i volti familiari dei genitori, stanchi ma sorridenti.
La madre, una bella donna dai capelli ramati, aveva il volto segnato dal troppo lavoro, mentre il padre aveva la barba brizzolata non rasata da almeno due giorni.
《Sono state settimane impegnative》 spiegò lei 《Io e la squadra forse abbiamo trovato degli indizi su una nuova tomba》.
Dietro, svettavano mille libri universitari e fogli che fuoriuscivano da ogni angolo.
《Tua madre torna solo per dormire》rise il padre 《Io sto preparando delle conferenze sul latino arcaico di notte e insegnando di giorno》.
Leonardo strinse le spalle. Si sentiva stanco e voleva solo infilarsi sotto le coperte il prima possibile. Disse che stava bene, che Vittorio era sotto la doccia e che li avrebbe chiamati presto.
Sorrisero tutti e tre e interruppero la comunicazione. Il ragazzo rimase in silenzio con uno strano vuoto dentro.

Non era raro che Camilla si addormentasse sul divano, per la troppa stanchezza, tra i cuscini e le coperte morbide di plaid. Quando succedeva, suo padre la svegliava con un bacio e, pazientemente, la accompagnava fino alla soglia della camera, come una bambina.
Successe anche quella sera.
Stancamente si trascinò sotto le coperte e chiuse gli occhi.
Il sonno la rapì immediatamente.
Quella sera non ebbe il tempo di pensare a nulla, né ai compiti in classe del giorno dopo, né al ragazzo misterioso, né tantomeno a quello che aveva fatto durante la giornata, ma tutte queste cose fecero capolino nei suoi sogni, senza, però, turbare il suo sonno profondo. Era bello vederla dormire; se ne stava rannicchiata da un lato, col viso sereno e un sorrisetto appena accennato, specchio della sua serenità. Nulla avrebbe potuto turbare il suo sonno.

Alice finì di sparecchiare tardi. Sua madre, appena tornata da una seduta di yoga, parlava fittamente al telefono con una sua amica riguardo a una dieta a base di tofu. Aveva un tono alto, squillante, poco adatto a un qualunque giorno lavorativo.
La ragazza si chiuse in camera, in silenzio, e si sedette per terra, cercando di estraniarsi per un attimo dagli starnazzi della madre.
Le pareti erano immensamente vuote e tristi.
Avevano bisogno di ricordi felici con cui riempire fisicamente la loro immensa area.

A volte una mancanza necessita di essere compensata, un sogno ha bisogno di avverarsi ed il vuoto esige di essere riempito.
Forse, solo così, ci si potrebbe sentire veramente a casa.

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