Il giorno in cui mi persi // vola gabbiano, tanto ti metto in gabbia

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Forse è fra qualche ora, il tempo adeguato per segnare un riferimento di questo tipo --- detestabile, odioso, incisivo. Dagli la data che preferisci, lettera, tanto ti brucio non appena ti avrò terminata.
Cosa? No, merdate di questo tipo mica lo necessitano un titolo.
Okay: il giorno in cui mi persi. Irrimediabilmente. Totalmente. In maniera inarrestabile.
Persi? Il giorno in cui l'ho conosciuto.
Mettici questa come data, lettera del cazzo: il giorno in cui ero troppo stupida per rendermi conto quanto affascinante fosse.
Come mi sono persa? Ci sto arrivando, l'amore ha i suoi dannati periodi --- ehy, ehy, non apprezziamo l'arte scurrile qui.
Fammi scrivere di verde, lettera, e dammi una tregua: già penso di essere difettosa.
È oggi, quindi. O quattro anni fa. Preferisco sia oggi, mi tiene meno patetica sulla scena.
Dunque? Oggi.
Cosa? Perfino il luogo? /// non ti chiedo la bara che desideri -- certo. Luogo? Bene. Facciamo i miei sogni. Così idilliaco. Così delicato.
La realtà. Mettiamola così, il luogo è la realtà. Verace, triste.
Sai cosa? L'ho scelto, quindi accontentati e non interrompermi, non ho certamente la voglia di divagare --- zitta, ho espresso con chiarezza la mia frustrazione.
Oggi, le mie parole.



T'avessi scelto, mentre te ne stavi camminando con uno zaino grigio e un ciuffo di capelli assolutamente immobile. Ma sai cosa? Non ti ho preso perché ne avevo bisogno. Non ti ho beccato per la disperata voglia di provare dei sentimenti. Scherzi? I sentimenti sono roba per persone, hai visto la mia faccia?
La verità sta nel fatto che non ti ho cercato e nemmeno ricordo com'eri quando ti ho visto per la prima volta. Forse odioso, intrattabile e mi detestavi. È davvero cambiato qualcosa? Eri odioso. Mi trattavi con sufficienza, i tuoi commenti --- credi non li sentissi, i tuoi commenti? Le tue battute, pensi restassero impregnate di pessimo umorismo fine a se stesso? Mi sgretolavo. Non avevo sensazione per l'irascibile persona che sei, eppure --- eppure mi demoliva. Il tuo menefreghismo, intendo, cazzo e se struggeva il mio cervello.

Non mi dilungo, non mi piace. Che tanto, che me ne faccio dell'uccellino indipendente e felice che liberi in me ogni volta che per errore mi guardi per più di un secondo e avvicini gli occhiali alla fronte. Il dito, il dito tocca gli occhiali con una disattenzione tale che --- fai schifo. Fai enormemente schifo. Ma ci arrivo a questo, stanne certo.

Dicevamo, c'ho dato un luogo. Il piccolo o grande, bianco o grigio, magari dal petto rosso, o forse senza la capacità di volare --- c'ho dato un nome, al luogo dove il mio sentimento vaga. Do un nome anche al sentimento. Mi piace dare nomi. I nomi mi salvano. Le parole attutiscono la tua scansata delicatezza. Lo chiamo gabbiano -- è libero. Il gabbiano vola veloce, no? Non sarà mai abbastanza.
E c'ho dato un luogo all'immensità del tuo carattere.

Vado al sodo, stronzo. Ci vado eh. Non pensare che io sia una che fa e non arriva. La maggior parte delle volte funziona così e beh. Ti sbagli. La maggior parte. È il modo che ho, l'arte che tento di innalzare -- la merda che creo è ciò che mi dona spensieratezza e la capacità di bramarti. Mica l'hai compreso tu, per te è solamente difendere i personaggi del cazzo che ti dedico. Sono sempre i preferiti dei pochi lettori che ho. Sono sempre i miei preferiti. Andiamo, tesoro, le stranezze hanno appena avuto un inizio.

Il giorno in cui mi sono persa si colloca a poco più di un anno fa, quando una pudica e idiota Martina camminava e tu nemmeno credevi lei esistesse. Neppure adesso, ma adesso sai. Fai schifo, ma ci arrivo eh.
Ricordo perfettamente. No, invece no. Scherzavo. Ricordo. Non troppo. Nemmeno poco. Quanto basta perché l'anima mi si riempia di diavolerie positive.

Solo Voglia Di ScrivereOnde histórias criam vida. Descubra agora