10: "Sorpresa!"

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Alla fine dalle ricerche di Fury emerse un elenco di ben quattordici agenti di nome Mark, di cui solo cinque avevano famiglia ed erano morti per mano dell'HYDRA. Avevo ricevuto la lista completa con allegata una nota che mi invitava a contattare il direttore se uno qualsiasi dei cognomi mi suscitava qualche sensazione particolare, ma al momento c'era solo il vuoto.
Mi sembrava strano che dai dossier degli agenti non fosse emerso qualche dettaglio utile a restringere ancora di più la cerchia, ma avevo deciso di dare più fiducia allo SHIELD e di smetterla con le troppe domande.
Ero persino riuscita a scendere a patti con la parte di me che continuava a opporsi all'idea di incontrare una psicoterapeuta e avevo accettato di buon grado - o quasi - il primo appuntamento, non restava che aspettare.
«Ricominciamo?» domandò Wanda, gettando la bottiglietta d'acqua vuota in un cestino lì vicino.
Affrontare qualcuno con capacità simili alle mie era davvero sfiancante e nonostante ci stessimo allenando da meno di un'ora e mezza, avevo le gambe che mi facevano malissimo. Era stato un continuo abbassarsi e saltare di qua e di là per evitare che i suoi poteri potessero colpirmi, mentre il massimo che io riuscivo a fare era lanciarle addosso qualche oggetto o tentare di colpirla con pugni e calci.
«Dammi un secondo che mi rifaccio la coda» le risposi con un sorriso, sciogliendo la lunga chioma che un giorno o l'altro avrei accorciato. Scossi la testa e i capelli ricaddero disordinatamente sulla schiena; non feci in tempo a raccoglierli tra le mani che qualcosa di sibilante mi sfiorò la tempia, passando tra il braccio e la testa.
Mi gelai sul posto, non riuscii neanche a urlare tanto ero stata presa alla sprovvista: cosa diamine era stato?
«Clint, potevi ferirla!» urlò Wanda, raggiungendomi di gran carriera. Seguii il suo sguardo e trovai proprio Occhio di falco appostato in un angolo della palestra con un nuovo arco in mano, un sorriso sornione gli campeggiava in viso.
«Ma per favore! Nessuno sa tirare meglio di me» si vantò, ridacchiando divertito. Lo guardai con tanto d'occhi, indecisa se tirargli addosso qualcosa o tentare di calmarmi, e alla fine decisi di trattenermi. «E poi, dovevo pur vendicarmi in qualche modo per l'arco che mi ha distrutto!»
«Sei serio, Barton?» sbottai divertita, ricordandolo perfettamente cadere dall'albero a cui avevo spezzato un ramo.
«Era il mio arco migliore, strega!» rispose lui, aggrottando la fronte e incrociando le braccia al petto. Sentendo l'epiteto che mi aveva affibbiato, mi portai teatralmente la mano al cuore e finsi d'esserne rimasta offesa. Wanda, al mio fianco, ridacchiò appena.
«Tutto ciò è molto divertente, sì, ma noi due dovremmo continuare ad allenarci» parlò lei e fece cenno a Clint di andarsene, ma a quanto pareva l' uomo aveva altre intenzioni.
«Eh no! Hecate deve andare urgentemente nella sua stanza, Tony la sta aspettando» rispose prontamente Clint, rivolto alla collega, e poi spostò l'attenzione su di me. «Hai capito, no? Fila via, distruttrice di archi!»
«Va bene, va bene! Appena capisco cosa vuole Tony, torno» borbottai con un mezzo sorriso. Nonostante l'allenamento mi avesse distrutto le gambe, non volevo interromperlo: in quell'ora e mezza ero riuscita a non pensare alla morte di papà, alla voce di mamma, alla confusione che sembrava regnare intorno a me.
Allo stesso tempo però, ero curiosa di sapere cosa volesse Tony e fu per questo motivo che mi precipitai da lui, la mente che lavorava all'impazzata per comprendere cosa sarebbe potuto accadere da lì a pochi istanti.
Aprì la porta con un colpo secco, quasi aspettandomi di ritrovarmi con un'arma puntata contro, e rimasi di sasso nel vedere Tony parlottare con Visione e Natasha. Cosa ci facevano loro due nella mia stanza?
«Eccomi» cominciai sospettosa, facendo un paio di passi verso di loro, ma senza chiudere la porta alle mie spalle. La situazione aveva tutte le carte in regola per essere una trappola e non volevo farmi fregare. Mi guardai intorno alla ricerca di qualche particolare diverso e notai, addossati al muro, tre scatoloni sconosciuti.
«Alla buon ora!» esclamò Tony, allargando appena le braccia e sorridendo sornione. Passai lo sguardo da lui agli altri due Avengers alla ricerca di qualche rassicurazione, ma nessuno dei tre riuscì a convincermi pienamente. Perfino Visione sembrava stesse nascondendo qualcosa.
«È successo qualcosa?» domandai, avvicinandomi con cautela agli scatoloni. Non feci neanche in tempo a fare due passi che Natasha mi prese gentilmente per un braccio e mi fece sedere sul letto. «Cos'è questa storia? Pretendo spiegazioni!»
Lanciai un'occhiataccia a Tony che, al momento, se la stava ridendo con gusto e mi spostai un po' più a destra, aumentando il distacco tra me e la Vedova Nera. Fu Visione a prendere la parola, ma non provò neanche per un istante a guardarmi in viso.
«Non serve tutto questo astio, Hecate. Sei parte della squadra e Natasha ha pensato di farti sentire un po' più a tuo agio por-» parlò l'androide, ma venne interrotto dalla Vedova Nera non appena fu nominata.
«Evitiamo tutte queste smancerie» borbottò lei, alzando gli occhi al cielo.
«Oh, la nostra cara Natasha è in imbarazzo!» sogghignò Tony e la diretta interessata sbuffò, palesemente innervosita. Fossi stata in lui, non avrei tirato la corda così tanto. A quanto pareva, si erano appena palesate le manie suicide.
«Posso sapere cosa succede o devo arrangiarmi?» domandai, lo sguardo fisso sui tre scatoloni. Cosa ci poteva essere dentro? Ogni possibile risposta era facilmente eliminabile e avevo bisogno di sapere.
Usai i poteri per avvicinarmi i tre cartoni, non senza difficoltà: l'allenamento mi aveva seriamente sfiancata, anima e corpo. Tony provò a trattenerne uno, ma l'unica cosa che ottenne fu cadere a terra con un tonfo sordo. Natasha si limitò a guardarmi, l'espressione ancora corrucciata per l'affronto del collega, e Visione sembrò diventare tutto contento all'improvviso.
Una volta ai miei piedi, aprì con uno strappo lo scatolone e vedendone il contenuto rimasi a bocca aperta.
«Sorpresa!» esclamò Tony, ora seduto a terra con le gambe incrociate e lo sguardo attento ad ogni mio gesto.
All'interno c'erano miei vestiti e un mucchio di altre cianfrusaglie che riempivano i cassetti del mio comodino a casa di Fort. Presi tra le mani il primo indumento - una magliettina azzurro cielo - e sorrisi nel vedere il piccolo sole stampato ad altezza del cuore. Cercai più a fondo e trovai la mia tuta da ginnastica preferita, era l'unica che non aveva mai visto l'ombra di un allenamento.
C'erano un paio di miei selfie che risalivano ad un anno prima: in ognuno sorridevo abbracciata a Flamme o a Spettro e mi fecero tornare alla memoria tutti i nostri momenti spensierati e sereni.
Passai al secondo scatolone e vi trovai la maggior parte dei vestiti che utilizzavo per allenarmi, finalmente avrei potuto utilizzare le mie comodissime maglie oversize! Sul fondo c'era l'intimo, mi ritrovai ad arrossire d'imbarazzo mentre speravo con tutto il cuore che né Tony né Visione si fossero occupati di quel particolare. Cercai ancora e trovai solo altri vestiti, decisi così di passare al terzo pacco.
Gli occhi di tutti e tre gli Avengers erano fissi su di me in modo quasi inquietante e gli unici rumori che si sentivano nella stanza erano i miei sospiri sorpresi quando ritrovavo qualcosa di caro.
Il contenuto del terzo scatolone fu il più sorprendente: c'erano un mucchio di carte del MOS che non ricordavo nemmeno fossero ancora integre, la mia prima pistola semiautomatica, il portafoglio con dentro la sacrosanta carta di credito e i documenti falsi, un paio di libri che non leggevo da un sacco di tempo, alcuni origami e cibo. C'era lo zampino di Tony, ci avrei scommesso!
Era stata una decisione di Natasha fare tutto ciò, così aveva detto Visione, e senza ulteriori indugi l'abbracciai forte, sperando comprendesse quanto le ero grata per il pensiero.
Avere alcuni miei effetti personali era sicuramente un passo avanti e potevano aiutare a non farmi più sentire troppo sola, ma il vero percorso per tornare ad essere me stessa era ancora molto lungo.
«Grazie mille, davvero. Non pensavo di rivedere più nulla di tutto ciò» dissi tutto d'un fiato, tornando lo sguardo agli scatoloni. Raccolsi una delle vecchie magliette con cui mi allenavo e la strinsi al petto, era da moltissimo tempo che non mi sentivo così serena e tranquilla. Se non fosse stato per la situazione in cui mi trovavo - lontana da quelle poche persone che avevo sempre considerato la mia famiglia e di cui ero diventata pressoché un target - avrei potuto dire d'aver trovato il mio posto nel mondo.
«Perdonami Hecate, ma ho un problema urgente da adempiere» spezzò il silenzio Visione, facendomi quasi ridere nell'utilizzare certe parole altisonanti. Riuscì a guadagnarsi un'alzata di occhi da Tony, ma sembrò non farci troppo caso: sembrava impaziente di uscire dalla stanza date le occhiate veloci che lanciava fuori dalla porta. C'era forse qualcuno che gli interessava?
«Devi migliorare nel dire bugie, così mi deludi!» lo rimproverò scherzosamente Tony, invitandolo ad uscire con un gesto delle mani. Natasha, ancora al mio fianco, scosse il capo con un sorriso in viso: visti così sembravano due genitori che rimproveravano il figlio, cosa assai difficile da poter concepire nella realtà. «Torniamo a noi! L'idea non è stata solo di Natasha, comunque. Fosse stato per lei non avresti ritrovato tutte queste carte!»
«Perché a lei servono a molto, giusto? Un po' come tutto il cibo che hai preso...» sbuffò la rossa, lasciando la frase in sospeso come a sfidarlo nel contraddirla.
«Siete stati tutti e tre gentilissimi, dico sul serio, ma come siete arrivati all'appartamento? Voglio dire, io non vi ho neanche mai detto di averne uno» dissi, provando ad evitare la catastrofe che sarebbe potuta accadere se avessero cominciato a litigare per davvero.
«Lo SHIELD ha i suoi metodi per scoprire le cose» rispose prontamente Tony, abbozzando un sorriso che lasciava intendere una verità nascosta.
«È stato Spettro, non è vero?»
«Colpito e affondato!» esclamò Natasha, facendo schioccare la lingua divertita. Tony annuì e scosse la testa rassegnato, forse non si aspettava troppe domande o contestazioni.
Se avevano raccattato tutte quelle cose voleva dire che in casa non c'era nessuno o se invece qualcuno c'era, l'avevano fatto fuori.
Fort amava quel piccolo appartamentino, diceva che era una delle poche cose che riusciva a tenerlo ancorato alla realtà, e non poteva averlo abbandonato, non ne sarebbe stato capace.
«Vi siete scontrati con qualcuno? Un uomo magari?» domandai allarmata. Sentii il cuore sprofondarmi nel petto quando vidi l'occhiata che si scambiarono i due Avengers e temetti davvero il peggio quando vidi Tony inspirare nervosamente.
«L'appartamento era ridotto piuttosto male: molti mobili erano spostati o distrutti, una porta scardinata, fori di proiettile nel muro Nord del salottino, vestiti maschili sparsi un po' dovunque e molti soprammobili in frantumi.»
Proiettili, Fort non poteva esserne ferito per cui c'era da sperare che fosse stato lui a sparare. A chi però? Era stato lui a distruggere il mobilio in uno scatto d'ira o era opera di qualcun altro?
«Non c'era traccia del tuo amico, se è questo che ti stai chiedendo» disse piano Natasha. Mi voltai verso di lei: ero amareggiata, sentivo come se tutta quella confusione fosse colpa della mia scomparsa.
«Bene. Io ora devo andare, ho fatto aspettare Wanda fin troppo» borbottai alzandomi in piedi. Tutta la stanchezza dell'addestramento parve crollarmi addosso all'improvviso, facendomi vacillare sulle mie stesse gambe. Dovevo riprendere il via con l'allenamento altrimenti non sarei più riuscita ad essere agile e scattante come voleva Alpha... anzi, come volevo io.
«Aspetta! Metti questa, è piuttosto carina» parlò Natasha e mi lanciò una maglietta da allenamento rosa con scritto bello in grande "peace and love", un simpatico regalo di Flamme. «Va di pari passo con il tuo animo dolce e sensibile, no?»
«Se la uso per gli allenamenti c'è un motivo» risposi piccata, cercando di evitare ulteriori battutine poco divertenti.
«Ho capito, me ne vado» s'intromise Tony, attirando l'attenzione mia e di Natasha. Alzò le mani davanti a sé a mo' di difesa e cominciò a indietreggiare lentamente. «È stato un piacere aiutarti, Hecate!»
«Sì Tony, grazie ancora! Provvederò anche a farvi leggere le carte, se non le hai già scannerizzate in qualche strano modo.»
«Vedo che la nostra Ombra sta imparando velocemente!»
La scarpa che gli lanciai contro, purtroppo, non lo colpì neanche di striscio.

Alla fine acconsentii all'idea di Natasha, ma entrai lo stesso a testa bassa in salotto: non mi sentivo ancora completamente a mio agio tra gli Avengers e con quella maglietta avrei senza dubbio attirato l'attenzione di coloro lì presenti... e così fu, alla fine.
Seduti sul divano a guardare un programma televisivo c'erano Tony, Rhodey, James, Sam e Natasha: fu proprio quest'ultima a far spostare lo sguardo di tutti su di me e non passò molto prima che Falcon buttasse lì una delle sue simpatiche frecciatine, qualcosa del tipo «Non credevo esistessero assassini hippie!» che fece ridacchiare un po' tutti.
Probabilmente divenni di mille colori in viso, ma trovai lo stesso il coraggio di ribattere con un seccato «Anche se sono stata un'assassina non vuol dire che devo vestirmi con indumenti scuri e monocolore!». Tutti gli sguardi si spostarono su Barnes e ci fu una seconda ondata di risate che coinvolse anche me quando notai il suo outfit non troppo colorato... alla fine non mi sentii neanche troppo in colpa!





Angolo autrice.
Ho finalmente deciso la ship predominante di questa storia: non vedo l'ora di riempire i capitoli di momenti fluff tra i due aww.
Detto ciò, che vi pare dello svolgimento della storia fino ad ora?

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora