20: Parola chiave: protezione -parte 2

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Fort era scomparso, sparito nel nulla nel giro di tre ore, e non ci voleva chissà che mente geniale per capire che c'era dietro lo zampino di Alpha. Se prima mi sentivo a disagio, ora era anche peggio: ogni ombra che vedevo con la coda dell'occhio mi metteva sull'allerta, lasciandomi per tutto il giorno con una perenne ansia addosso.
Senza contare che avevo il fiato di Tony e Bucky sul collo pressoché da quando era stato fermato l'assalto e avevano assunto il ruolo di mie guardie personali, impedendomi di fare anche solo un passo senza uno di loro. Volevano proteggermi - era una delle cose più belle che qualcuno avesse mai fatto da lì a quasi tre anni prima -, ma gettavano benzina sul fuoco, facendomi avvertire ancora di più la situazione in cui m'ero cacciata.
La notizia dell'attacco e della conseguente fuga di Fort raggiunse subito la direttrice James che si premurò di mandarci un videomessaggio in cui mi concedeva la totale libertà d'azione, a patto che non creassi danni a cose o persone a noi alleate. Ecco, questa poteva considerarsi l'unica nota positiva del secondo giorno di missione e per sfruttarla al meglio mi offrii di fare da guardia fuori dalla stanza del presidente Ellis insieme ad alcuni membri della sua scorta. Com'era da immaginarsi, Bucky e Tony espressero subito il loro disappunto, ma li minacciai con un fierissimo «Se non mi lasciate andare me ne vado» che li riportò subito sulla giusta strada.
La mia testardaggine, però, m'aveva portata ad essere seduta a terra con un terribile mal di testa e un'assurda noia che mi urlava di tornarmene subito in camera come alcuni degli altri agenti. Difatti, eravamo rimasti solo in tre e nessuno di noi sembrava troppo sveglio.
«Ehi, agente Turner» mi richiamò una voce che riconobbi subito come quella di Bucky. Voltai la testa di scatto verso di lui e lo vidi avanzare a passo lento verso di me, guardai perplessa la pistola che reggeva saldamente nella mano sinistra e subito tastai dietro di me per cercare la mia.
I due componenti della scorta lanciarono un'occhiata al nuovo arrivato - entrambi si concentrarono per un attimo sul braccio artificiale - e non dissero nulla, permettendo così a James di accosciarsi davanti a me.
«Qualche problema, sergente?»
«Come procede?»
«Si lotta per non addormentarsi» risposi con una risatina e mi stropicciai gli occhi nel vano tentativo di darmi una svegliata. «Che ore sono?»
«Le tre. Dovresti andare a dormire almeno un po'» sussurrò lui, poggiando l'arma a terra per poi intrappolare una mia mano tra le sue. Abbozzai un sorriso nel sentire la differenza di calore e per un attimo mi rilassai contro la parete, ignorando volontariamente tutto ciò che mi circondava.
«Non posso, rimarrebbero solo loro due» mormorai a mia volta, alzando le spalle.
«Ti do il cambio, sono qui per questo» fu la risposta e non feci in tempo a contestarlo che lui mi fulminò con un'occhiataccia. «Non accetto un no come risposta, quindi alzati e fila in stanza.»
«Non devi rinunciare al sonno per me» parlai quindi, assecondando i suoi movimenti. Un'assurda fitta di mal di testa mi tolse il fiato non appena mi rimisi in piedi, ma tentai di dissimulare la cosa voltando la testa verso i due agenti mezzi addormentati.
«Ho sopportato di peggio» mi bisbigliò all'orecchio. Rabbrividii nell'avvertirlo così vicino e mi mancò il fiato quando avvertii i suoi polpastrelli tracciare una delicata linea dalla mascella all'incavo del collo, da quando mi faceva quest'effetto? «Vai, ne hai bisogno.»
Annuii, incapace di proferir parola, e non appena Bucky fece un passo indietro tirai un sospiro di sollievo. Raccolsi la mia pistola, lanciai un'ultima occhiata ai due agenti della scorta e mi obbligai a pensare solamente al letto che mi stava aspettando nella mia stanza... cosa piuttosto difficile dato lo sguardo di James ancora fisso su di me.

Alla fine bastarono una doccia calda e due cuscini - uno dei quali preso in prestito dal letto di Bucky - per farmi dormire fino alle nove di mattina e solo i bruschi modi di Tony riuscirono a svegliarmi. Dovetti dare un paio di spiegazioni riguardo la mia presenza in camera, ma alla fine mi concesse un po' di tempo da sola, uscendo dalla stanza per andare a cercare James.
Il programma della giornata prevedeva un secondo e ultimo incontro tra i due presidenti che, se fosse finito bene, li avrebbe portati a pranzare in un famoso ristorante italiano. E così fu: a quanto pareva era stato raggiunto un accordo vantaggioso per entrambe le parti e da lì a pochi mesi sarebbero iniziati i lavori per quella fantomatica base militare tanto agognata.
Erano quasi le due di pomeriggio e probabilmente i presidenti avevano appena cominciato a mangiare quando il tempo sembrò cambiare, con tanto di improvvisi e grossi nuvoloni scuri carichi di pioggia.
«Le previsioni dicevano sole e caldo tutto il giorno» brontolò Tony, scrutando con attenzione il cielo. Non passò inosservato il suo cipiglio preoccupato, tant'è che cominciai a controllare morbosamente la piccola via dove si affacciava l'entrata del ristorante. Certo, il meteo era sempre imprevedibile, ma un cambiamento così repentino non sembrava affatto normale. A parte qualche sguardo annoiato, non vidi nulla degno di nota.
«Ci prenderemo un bel raffreddore» scherzò Noah, l'agente che tanto premurosamente aveva messo al tappeto Fort per salvarmi. Qualcuno ridacchiò, ma la maggioranza si limitò a guardare preoccupata le nuvole scure che sembravano essere immobili sopra le nostre teste.
Mi voltai verso Bucky e lo scoprii a caricare la pistola - come se gli convenisse usare un'arma al posto dell'illimitata potenza del suo braccio artificiale -, cosa che mi fece sorgere ulteriori dubbi. Aveva forse visto qualcosa di sospetto? Il MOS voleva ritentare l'impresa?
«Stai mettendo tutti sull'allerta» gli sussurrai, indicando con un cenno del capo tutti gli altri che lo stavano imitando quasi fosse diventato il loro capitano.
«Fidati che -» cominciò James, ma fu interrotto da un rumore del tutto inusuale in una città come Roma. O, perlomeno, in un punto così nell'entroterra e lontano dal Tevere. Quel suono poteva essere paragonato allo sciabordio dell'onde del mare quando si alza un po' di vento: fossimo stati in spiaggia, sarebbe stato rilassante, ma lì, circondati da cemento e mattoni, c'era da preoccuparsi.
Mi sfuggì un urlo quando vidi un'onda arrivarci dritta contro e, presa dal panico, mi accucciai a terra con le mani a proteggermi la testa. Non volevo succedesse di nuovo, non volevo avvertire ancora l'acqua serrarmi la gola come fosse una mano pronta a togliermi la vita, non volevo precipitare nell'incubo ch'era stato il giorno della mia "operazione".
Per questo, quando sentii qualcuno tirarmi su per il collo della maglietta senza troppe difficoltà, cominciai a dimenarmi come un'ossessa, riuscendo pure a dare una manata al diretto interessato... che scoprii essere Tony.
«Devi andare» mi disse, lanciando un'occhiata alla mia destra. Seguii il suo sguardo, ma poco prima che riuscissi a focalizzarmi su ciò che aveva destato la sua attenzione, mi prese il viso tra le mani e mi voltò la testa verso di sé.
«Posso aiutarvi!» lo contestai e gli mostrai la mia arma. C'erano anche i poteri, certo, però volevo fossero il mio ultimo appiglio.
«Non lo metto in dubbio» mormorò con un tono così dolce da lasciarmi senza parole. «Preferisco che tu ti metta al sicuro.»
Spostò le mani sulle mie spalle e con delicatezza mi invitò a scappare, indicandomi una viuzza poco lontana. Avrei voluto dirgli tante cose in quel momento, ma le parole sembrarono morirmi tutte in gola, lasciandomi soltanto mille pensieri confusi che correvano veloci nella mia testa. Abbassai lo sguardo sul piastrellato tutto rovinato e con un sospiro mi voltai, correndo via.
Non arrivai molto lontano e non perché mi ritrovai la strada sbarrata da Alpha in persona, bensì perché mi resi conto che il mio comportamento era del tutto sbagliato: Tony non mi voleva al suo fianco per timore che potessero farmi del male, ma tutti gli altri agenti? Era da codardi nascondersi e lasciarli tra le mani di un nemico che aveva nuovi assi nella manica... diciamocelo, quell'onda doveva essere per forza frutto di qualche nuovo modificato.
Tornai dunque indietro, ma rimasi ad osservare attentamente ciò che stava succedendo prima di entrare davvero in gioco: un paio di agenti, privati delle loro armi, cercavano in tutti i modi di atterrare Lupin, Bucky si stava occupando di Ombra 14, palesemente ferita ad un fianco, e Tony era impegnato a proteggere un paio di cittadini che, a quanto pareva, non avevano visto i segnali di divieto di passaggio. Poi vidi la colonna d'acqua. C'era un uomo biondissimo che si muoveva proprio come Flamme e ciò poteva significare una sola cosa: aveva il dominio dell'acqua.
Avrebbe potuto annegare tutti facendo ricadere quella massa - o generando un diluvio -; era possibile che non gli fosse venuto in mente? Guardai verso l'alto e scoprii con orrore Noah e un altro agente dimenarsi per scappare da quella che sembrava una gigantesca mano d'acqua. Li voleva soffocare lentamente, facendo provare loro tutto il dolore della situazione, e tremai all'idea di finire lassù.
Mi avvicinai alla fine della via stando schiena al muro, per poi rendermi conto che la distanza era troppa perché riuscissi a colpirlo con un proiettile. Tornai nella via principale pregando tutti i santi che lo sconosciuto non si voltasse verso di me e tolsi la sicura alla pistola, caricando poi la canna con le munizioni. Ora, a poco meno di cinque metri dal bersaglio, mirai alla sua schiena e sparai un solo colpo. Lo vidi sobbalzare e portarsi le mani alla schiena, dove una macchia di sangue già cominciava a spandersi, mentre l'acqua che formava quella mostruosità per la maggior parte evaporò e il restò precipitò a terra sotto forma di grandine.
Cercai di ignorare il corpo che continuava a dimenarsi a terra e tentai di fermare la caduta dei due agenti utilizzando la telecinesi: era la prima volta che tentavo una cosa del genere, difatti fu piuttosto faticoso rallentare la loro velocità e farli stendere a terra senza ulteriori traumi. Li raggiunsi il più in fretta possibile, ma riuscire a spostarli dal centro della via era pressoché impossibile data la stanchezza che mi intorpidiva gli arti.
«Stavo per morire» sussurrò Noah, socchiudendo gli occhi e guardandomi fisso in viso. Provai a sorridergli rassicurante mentre cercavo di raggiungere il polso dell'altro agente, fortunatamente vi sentii il battito, debole ma presente.
Mi guardai attorno per controllare se c'era qualcuno disponibile a darmi una mano e per mia fortuna incrociai lo sguardo di Bucky. Tempo di mettere definitivamente fuori gioco Ombra 14 che mi raggiunse, per poi trascinare entrambi gli agenti contro il muro di un edificio: notai con piacere che ora entrambi erano ben svegli e coscienti del rischio appena scampato.
«Sei stata tu?» mi chiese James, indicando l'uomo ormai immobile in una pozza di sangue. Mi obbligai a distogliere lo sguardo da quella scena perché sapevo che, da lì a poco, sarebbero saliti i sensi di colpa a cui non ero affatto abituata e non volevo peggiorare la situazione. Forse bastò questo gesto per dargli una conferma. «Hai salvato la vita di tutti noi.»
Sì, certo, avevo impedito che morissero tutti annegati, ma mi sembrava d'esser tornata sotto il controllo di Alpha.

L'ultimo giorno di missione l'avevo trascorso come dentro una bolla: nulla sembrava convincermi ad uscire dalla stanza d'hotel in cui avevo pressoché messo radici, neanche la prospettiva di una tranquilla colazione al bar di fronte.
Sentivo il peso di quel misero proiettile gravarmi le spalle e non potevo fare a meno di chiedermi se quello era stato il giusto modo per mettere un punto a quello scontro insensato. Lo sconosciuto era sicuramente una nuova recluta e il fatto che possedesse già dei poteri significava che o vi era nato con essi o Alpha aveva cambiato approccio nella formazione del suo piccolo esercito personale. Ciò era un'ulteriore fonte di problemi perché voleva dire che non avevo più alcun vantaggio su di lei e prima o poi me la sarei sicuramente ritrovata davanti.
«Agente Turner?» mi richiamò una voce sconosciuta, facendomi tornare alla realtà. Voltai la testa alla mia destra per ritrovarmi davanti il presidente Ellis in persona, con tanto di Tony alle spalle che sorrideva tutto contento con i pollici alzati in segno di approvazione. Armeggiai con la cintura di sicurezza e scattai in piedi per omaggiare l'uomo, ma l'unica cosa che ottenni fu una sua poderosa risata. «Si sieda pure, non serve tutta questa formalità.»
«Ha bisogno di qualcosa?» domandai, tornando a sedermi. Il presidente si accomodò accanto a me - dove avrebbe dovuto esserci Tony - e mi diede una leggera pacca sulla spalla come fossimo amici di vecchia data. Cosa diavolo stava succedendo?
«Ho saputo che il suo contributo è stato davvero essenziale sia ieri che durante il primo attacco. Probabilmente se non avesse individuato gli attentatori, i miei uomini non sarebbero riusciti a svolgere al meglio il proprio lavoro e ha salvato tutti uccidendo quel dominatore dell'acqua... per questo credo d'avere una giusta ricompensa per lei» fece una pausa e si guardò intorno come per verificare che ci fosse abbastanza pubblico per annunciare il suo atto di magnanimità. «Qualsiasi pena a lei imputata finora non ha più efficacia, si può considerare una donna libera da adesso.»
La mia libertà non era più a rischio! Finalmente mi si prospettava davanti un futuro e che fosse roseo o meno al momento non mi interessava affatto, mi bastava sapere che non dovevo più render conto ad altri. Ringraziai davvero di cuore il presidente e, in tutta sincerità, la sua dichiarazione mi aveva rallegrato un po' la giornata.
«Tony!» richiamai l'attenzione dell'uomo non appena tornò a sedersi al suo posto. Sembrava stanco, ma davvero di buon umore e ciò poteva aiutarmi molto con la mia innocente richiesta. «Che ne dici di lasciarmi incontrare Peter al Complesso un po' più spesso?»
In tutta risposta ottenni una smorfia indecifrabile e un'occhiata perplessa da Bucky che era appena tornato dalla sua chiacchierata con Noah - a quanto pareva erano diventati amici senza troppi problemi.
«Tu e il bimbo ragno mi state nascondendo qualcosa?» chiese scioccato Tony, dandomi un leggero pugno sulla spalla, ma guardando fisso verso James. Ci misi un attimo per comprendere il significato sottinteso alla sua domanda e quando finalmente ci arrivai rimasi a bocca aperta, praticamente incapace di rispondergli a tono. Quale mente malata poteva anche solo pensare ad una relazione amorosa tra me e Peter?
«Oh, per favore! Ti senti quando parli?» borbottai, incrociando le braccia al petto come a volermi nascondere da quell'allusione assurda. Tony si limitò a ridere divertito alternando lo sguardo da me a Bucky, quasi cercasse di coinvolgerci nella sua risata. Cosa che non successe affatto dato che James sembrava piuttosto infastidito, con tanto di mascella contratta e sguardo fisso fuori dal finestrino, ed io proprio non avevo apprezzato la sua illusione in quel contesto.
Non ora che cominciavo ad avere un certo interesse per qualcuno lì presente.









Angolo autrice.
L'amore è forse già sbocciato? Le cose sembrano essere cambiate, effettivamente, ma credo che nessuno dei due sia pronto ad una relazione. Secondo voi?
Tenetevi bene a mente il comportamento di Tony, non è affatto casuale!

P.s. domenica prossima (quando la sottoscritta potrà dirsi penalmente perseguibile, sigh), come promesso, arriverà la nuova fanfiction su Clint Barton!

Ombre alla deriva »Bucky BarnesDove le storie prendono vita. Scoprilo ora