|Capitolo 3|

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•¶•

«Jimin! Jimin! Svegliati! Alzati da quel maledetto divano!» urlò Jungkook scuotendo il rosa.

«Ancora cinque minuti mamma» si girò dall'altra parte e continuò a sonnecchiare.

«Adesso tu ti alzi!»

«Pff... lasciami riposare almeno la mattina!» si lamentò.

«Siamo in ritardo a scuola!»

«Cavolo! Avresti potuto dirmelo prima! E ora come facciamo! Sono già le 8:00!»

Ora Jimin si era alzato e disfatosi delle coperte, stava andando a cambiarsi, seguito da Jungkook.

«È da mezz'ora che cerco di svegliarti!» lo guardò male il moro.

«A mia discolpa posso dire che non l'ho sentito. Dovresti alzare di più la voce» si difese.

«Allora vedrai la prossima volta come ti sveglierò bene... Comunque, ora come facciamo ad arrivare a scuola?!»

«Hmm... fammi pensare... i miei! Dovrebbero essere in cucina!»

«Ma... Jimin, lo sai che io... i tuoi... insomma...» balbettò.

«Lo so, però per oggi andrà così. Non possiamo farci nulla. E poi è ora che tu ti faccia ancora vedere da loro, non puoi nasconderti per sempre. A parte che ti avranno già visto appena entrati... Aspetta un attimo! Ma non potevano svegliarci loro!? Ora mi sentono!»

«Jin! Namjoon!»
Quando era incavolato il rosa chiamava sempre i suoi genitori per nome.

«Cos'hai tesoro?» domandò Jin, anche soprannominato "Eomma".

«Perché tu e papà non ci avete svegliato, se avete visto che avremmo fatto ritardo a scuola?!»

«Beh se devo dirla tutta, è perché eravate così carini addormentati insieme» sorrise l'Eomma.

«Jimin, parla ancora così a tua madre, e ti giuro che dovrai aver paura ad entrare a casa!» urlò Namjoon dalla cucina.

Jimin non era il loro vero figlio. Era stato adottato da loro quando aveva solo un anno, ma gli avevano sempre voluto bene e trattato come se fosse loro figlio di sangue, e loro lo consideravano tale, nonostante sul certificato di nascita ci fosse scritto altro.
E a Jimin non era mai importato di essere stato adottato, che i suoi genitori fossero gay (lo era anche lui) o che in casa Jin si facesse chiamare "Eomma" (anche se era chiaramente uomo), e che Namjoon si facesse chiamare "Appa".
Per lui l'unica cosa importante era essere amato, desiderava solo questo, e Jin e Namjoon gli stavano dando tanto più amore di quanto si aspettasse. Questo era l'importante.

«Scusa Appa», rispose il rosa, «vi dispiacerebbe accompagnarci a scuola, ora?»

«Ma certamente, tesoro dell'Eomma», rispose Jin, «Joonie, prendi l'auto, così partiamo.»

«Ok, voi intanto finite di prepararvi» rispose l'altro.

Detto questo Jimin e Jungkook finirono di infilarsi le scarpe e tutti si misero su un giacchettino, né troppo pesante né troppo leggero, perché nonostante fosse autunno, le temperature non erano così rigide.

***

«A dopo, amore», salutò Jin il figlio poi stampandogli un bacio sulla guancia, «ciao anche a te Jungkook», gli sorrise, e quest'ultimo ricambiò con un sorriso un po' imbarazzato.

«A dopo Eomma, a dopo Appa» disse Jimin.

«A più tardi» rispose Namjoon e partirono.

«Su Kook, ora dobbiamo correre come non mai, altrimenti siamo nei guai!» esclamò Jimin iniziando a correre, seguito dall'altro ragazzo.
«Chi abbiamo la prima ora?»

~DAMN FATE•TaekookWhere stories live. Discover now