CAPITOLO 7 - Cuore di demone

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La serata passò, tra alti e bassi, e Lilith era ormai stremata. Non tanto per il sonno, ma per la situazione in cui era bloccata. Si sentiva soffocare da una nube oscura di menzogne e falsità, una nuvola condensata di bugie e macchinazioni. Avrebbe solo voluto gridare a squarcia gola la verità, ma sapeva che farlo avrebbe solo contribuito a rendere ancor più difficile il tutto. Quel che stava accadendo era inevitabile: lei sarebbe dovuta appartenere per sempre a Satana e magari, pensava, sarebbe stato meglio che fosse sparita così su due piedi invece di spiegare la faccenda a sua madre e suo padre. Quale genitore avrebbe accettato una cosa del genere? Nemmeno Isma e Joel, che con la maledizione della loro figlia avevano dovuto imparare a convivere fin da quando lei era in fasce. Fin da quando era nata. Ma quello, ammettiamolo, era già troppo, e le loro spalle non avrebbero retto altro. Nemmeno i loro cuori.

E ora quel Demonio che di problemi ne aveva portati già tanti voleva infilarsi sotto le sue coperte. E Lilith si chiedeva come potesse essere così bastardo, cinico, tenebroso, sarcastico, saccente, superbo, idiota e nonostante questo cosi sexy. Insomma, sarebbe dovuto essere un mostro non solo dentro, ma anche fuori...! E invece quegli occhi profondi, misteriosi e di un azzurro ghiacciato che per paradosso ardeva sembravano essere appartenuti ad un angelo, una volta. E in effetti appartenevano a Lucifero, che angelo era stato. E quei capelli di seta nera, un po' liberi e notturni parevano essere un'estensione della notte stessa. E quella bocca così sporca in parole era pur sempre appetitosa come la mela avvelenata dell'Eden. E quel corpo così perfetto sembrava un vaso di Pandora contenente il male più assoluto.

Lilith si chiedeva come potesse vedere tutto ciò in quel diavolaccio che stava rovinando la sua vita e quella dei suoi genitori. Come poteva pensare a quanto fossero belli gli occhi di quel bastardo che se la voleva portare all'Inferno?!

Era mezzanotte. Isma e Joel erano andati a dormire da una quindicina di minuti. Lilith, seduta sul divano, fissava la televisione che stava trasmettendo una sfilza di pubblicità a raffica, dai contenuti più disparati. Ma lei non se ne accorgeva perché i suoi occhi guardavano lo schermo ma la sua mente pensava a ben altro.

Samael, seduto su una poltroncina vicino a lei, fissava l'orologio, poi Lilith, poi di nuovo l'orologio, mentre tamburellava con le dita sui braccioli della poltrona.

"Pensi di stare qui tutta la notte?", chiese alla fine.

Lilith si allontanò dai suoi pensieri, risvegliata dalla voce del suo Diavolo tentatore.

Lo guardò in volto, imbarazzata, e poi si alzò dal divano.

"Ho sonno", sillabò, con voce tremante.

Samael la seguì senza dire nulla per le scale, per poi varcare la soglia della camera di lei.

Un letto da una piazza e mezzo, lenzuola gialle e coperta arancio, dominava la stanza. A fianco, un comodino bianco con sopra una lampada bordò. Le pareti erano tappezzate di poster dei Green Day e schizzi a matita. Una scrivania vicino alla finestra ospitava una pila di libri e un computer portatile pieno di adesivi colorati. Un armadio bianco poggiava sulla parete in fondo. Il Diavolo osservava, con le mani in tasca.

La faccia tosta di Lilith non tardò a manifestarsi.

Con un serio e deciso cenno degli occhi accompagnato da una mano ferma e tenace, la ragazza indicò a Samael il pavimento. "Ovviamente tu dormi lì", disse.

Satana la guardò confuso. Non poteva credere a quello che aveva sentito.

"Ma stai scherzando, Lili-bel?! Io dovrei dormire sul pavimento?!". Occhi sbarrati, aria indignata come la voce.

Lei sorrise, acida. "Esatto. Vedo che sei perspicace".

"Dimmi che scherzi, coniglietta...". Faccia da criceto.

La sposa del DiavoloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora