Il risveglio

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Dove mi trovo? La voce di Eveline... la sua voce.
-Aleks?- la voce del chirurgo lo chiamava.
-È ora di svegliarsi, Aleks, deve provare a mangiare qualcosa.-
-Ev?- domandò, ancora mezzo addormentato.
-No, Aleks, sono Marco Ferrati, il suo chirurgo.-
-Voglio vedere Ev.- rantolò. Poi il buio.

-Davvero ha chiesto di me?- la voce di Eveline!
-Ev- cominciò Aleks ad occhi socchiusi -troppa... luce.- parlava a fatica.
Eveline corse ad abbassare la tapparella.
-Eveline- le afferrò un braccio e si tirò su a fatica. La strinse a sé.
-Non affaticarti Aleks.- ordinò perentoria.
-Eveline, io... non capisco.-
-Cos'è che non capisci?-
-Perché sono qui?-
-Hai avuto un incidente.- le si incrinò la voce.-Ma starai bene, adesso.-
-Perché sono qui in Italia. Sono tornato per te?-
-Io non lo so perché sei qui, Aleks, mi dispiace.- la voce sempre più flebile.

-Se dovesse perdere la memoria, la ritroverà.-
Risuonava la voce di Marco nella sua testa.
Ironia della sorte, il suo attuale... come chiamarlo? Corteggiatore? Beh, no. Loro se la spassavano e basta, almeno secondo Eveline. Un pretendente? Troppo antico. E allora come chiamare Marco? Beh, era il chirurgo dell'uomo che amava. Colui che aveva in mano la sua sorte.

-Ev...- il profumo dei capelli di lei rendeva più sopportabile il terribile tanfo dell'ospedale.
-Mi dispiace per quello che ho fatto a Mattia.- poi crollò sul letto, addormentandosi nuovamente.
Sognando le discussioni con Eveline, i suoi sentimenti non ricambiati per lei, il suo lungo periodo a spiarla mentre dormiva.

-Vuoi chiuderla qui?- domandò Marco.
Dopo il rituale controllo di Aleks, Eveline aveva chiesto a Marco di parlare. Gli avrebbe spiegato che non poteva esserci altro fra di loro, perché si era resa conto che i sentimenti assopiti per Aleks erano venuti fuori come lava da un vulcano. Potente e catastrofico: era così che vedeva il suo affetto per quell'uomo.
-Vuoi davvero finirla qui per un ragazzino?- lo sguardo, prima intristito, di Marco ora era furioso.
-Capisco la tua rabbia, però...-
-Capisci la mia rabbia? Vuoi scherzare?- la interruppe -Ma in fondo, è stata colpa mia che mi sono fidato di una ragazzina viziata.-
-Marco, io n...-
-Evidentemente non conosci Eveline.- sibilò il russo, improvvisamente accanto alla ragazza.
-Che ne dici di tornare a letto, Aleks? Non ti riguarda.- intimò Marco con voce inquietantemente gentile.
-E tu che ne dici di lasciare in pace Ev e toglierti dai coglioni?- ringhiò Aleks di rimando.
Eveline si sentì improvvisamente di troppo. Era una gara a chi pisciava più lontano, a nessuno dei due importava davvero di lei.
-Ringrazia di essere un mio paziente, Volkov.- minacciò velatamente il chirurgo.
-E tu ringrazia che io non sia abbastanza lucido da prenderti a pugni, come ti chiami tu.-
Eveline si era incamminata verso l'uscita. Non le andava di assistere a quegli stupidi battibecchi. Non si voltò neppure quando la voce implorante di Aleks le chiese di fermarsi.

Eveline finalmente tornò nella stanza di Aleksei. Le luci al neon le bruciavano gli occhi. Era ormai sera e la luce diurna stava svanendo. L'espressione triste di lei, i suoi occhi lucidi.
-Dove diavolo eri finita?- sibilò Aleks rivolto a lei con le parole, ma alla finestra aperta con lo sguardo.
-Avevo bisogno di una boccata d'aria.-
-Tu ne avevi bisogno, ragazzina?- rise amaramente.
-Che hai da ridere?-
-Io... sono innamorato di una donna che si scopa il mio chirurgo. Non lo trovi divertente?-
Eveline sussultò.
-Scopava.- lo corresse -Ora dormi. Hai bisogno di riposare prima di sparare altre cazzate.- andò verso la finestra per chiuderla e lui si avventò su di lei, imprigionandola fra le sue braccia. Il suo sguardo cercava quello di lei, ma non lo trovava. Si fissavano dritto negli occhi, ma lei non c'era. Non era quella di una volta. Eveline Johnson non c'era più.
-Pensi che abbia bisogno di riposare?- ringhiò nel suo orecchio. -Pensi che non riesca comunque a fare di te quello che voglio, che vuoi e che vogliamo maledettamente entrambi?- le afferrò una coscia e se la portò attorno alla sua vita. -Pensi che sarei troppo debole per sprofondare finalmente dentro di te?- la sua voce pura rabbia. No, non era rabbia. Era molto peggio. Era rancore.
Spinse la sua erezione contro i jeans stretti di lei. La squadrò da cima a fondo. Quanto era dimagrita? Aveva perso ogni forma che tanto amava di lei. Il suo viso era scavato, gli occhi sembravano essere ancora più grandi.
Maledizione, i suoi occhi. Tutto ciò che leggeva in quei grandi occhi dolci era pietà. Perché ci leggeva pietà?
-Aleks...- cominciò lei, ma lui non la lasciò parlare. La sua rabbia era troppa per volerla ascoltare. Le tappò la bocca con una mano e con l'altra le accarezzò i capelli. Così arrabbiato eppure così premuroso.
-Io non voglio la tua pietà, ragazzina. Io voglio il tuo amore.-
Potente e catastrofico. Così sarebbe stato il suo amore per Eveline. Potente e catastrofico.

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