Capitolo 38 - Ω ALEXANDROS Ω (Parte 2)

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Trascinarono Alexandros verso la parte più remota dei sotterranei seguendo lo sfidante che, caricata in spalla Alyssa, copriva a grandi passi la distanza che li separava dal cuore della loro tana.

Gli occhi della ragazza non si scostarono da quelli del druido neppure un istante durante i lunghi minuti di marcia.

Ha paura anche lei.

Aveva un modo quasi animalesco di affrontarla. Non rimaneva pietrificata e incapace di muoversi, come la maggior parte dei tributi che arrivavano su Dùn Dùchathair.

Era, al contrario, all'erta, tutti i suoi sensi protesi a captare la minima possibilità di fuga, quel corpo ossuto ma agile pronto a scattare, a difendersi anche con le unghie.

Non riusciva a capire da dove prendesse quell'energia.

Alexandros la osservò con aria rassegnata.

Il fascino che Alyssa esercitava su di lui aveva preso di nuovo il sopravvento, come sempre.

Forse il suo anelito alla libertà si era personificato e aveva deciso di spingerlo ad un'evasione così disperata e mal organizzata, manifestandosi nella forma di quella ninfa selvaggia a cui non poteva resistere.

L'ironia della cosa lo fece sorridere.

Per anni aveva atteso e sopportato, cercando di fortificarsi e prepararsi per il momento in cui finalmente si sarebbe riuscito a liberare dal giogo di Neith, senza dare il tempo a nessuno di rendersene conto finché non fosse stato abbastanza lontano.

Nel bel mezzo di un'invasione nessuno dei druidi-guerrieri si sarebbe sognato di staccarsi dal contingente principale per cercare lui.

E adesso tutti i suoi piani erano andati all'aria come la preziosa polverina che aveva dovuto sprecare a causa di quel dannato Fir Larrig, per ritrovarsi, alla fine, nella peggiore delle situazioni possibili, uno scenario che non avrebbe neanche mai avuto motivo di prevedere ai tempi in cui pianificava la sua fuga da solo.

Da solo, non avrebbe avuto paura, nemmeno di perdere la vita.

Adesso temeva per quella di Alyssa.

In risposta a quell'inaspettato sorriso abbozzato, l'espressione di Alyssa mutò in sorpresa, ma solo per poco.

La vista di quella che doveva essere l'arena la fece impallidire.

Un ampio spiazzo tra le rocce appuntite, oppresso dalla rossa volta del sotterraneo, era il macabro teatro  di enormi strumenti di morte.

Asce, spade, mazze ferrate, catene.

Macchie scure di sangue rappreso ovunque, sul terreno come sulle armi.

L'odore ripugnante di quei corpi mostruosi misto a qualcosa di acre e sconosciuto.

Senza preavviso, i due Fomoraig che lo scortavano lo lanciarono nel mezzo dello spiazzo.

Alexandros tentò di attutire il colpo rotolando sul terreno polveroso, ma il piccolo strumento alle sue spalle gli si conficcò per un attimo nella schiena, strappandogli un gemito.

"La legge della nostra tribù prevede che chi è accusato di menzogna abbia la possibilità di dimostrarsi innocente nell'arena" esordì il colosso mentre scaricava senza troppa grazia Alyssa.

La ragazza balzò in piedi, ma prima che potesse precipitarsi al fianco del druido venne trattenuta da una di quelle mani orripilanti.

Alexandros si rialzò in fretta, studiando con lo sguardo gli armamenti a disposizione, mentre il suo avversario entrava con passo rilassato nello spiazzo.

Sfida a KronosWhere stories live. Discover now