I'll be brave- Cap 3

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  Ero ancora in uno stato ipnotico, totalmente concentrata sul nulla apparente. I miei occhi erano fissi sul soffitto, il corpo era immobile e non osavo fiatare a tal punto che respiravo senza fare alcun tipo di rumore. Il freddo della cella mi perforava la pelle, il buio alimentava il mio cattivo umore, rendendomi ancora più tetra del solito. Avevo la solita mancanza all'interno del petto e la ferita nell'orgoglio. Ero pienamente consapevole di trovarmi in grossi guai e il mio squilibrio era immenso, avevo fornito informazioni del circolo pericoloso da cui compravo la droga, mi ero luridamente fatta illudere da Bieber, percepivo l'astinenza presentarsi costantemente e mi sentivo uno spirito squarciato dalla noia e dall'oscuro posto in cui mi trovavo, tra malati sessuali, poliziotti violenti e reclusi minacciosi. Diedi il benvenuto al secondo periodo più buio della mia vita, quello dopo la mia adolescenza.

«Beth, che fai dormi?» domandò mio padre irrompendo nella mia stanza, «è arrivata la pagella. Scendi a spiegarci lo schifo dei tuoi voti e il due in educazione fisica». Mi alzai tremante dal letto, raggiungendo con lui il salotto al piano di sotto dove ad aspettarmi c'erano mia madre e i miei zii. «Buongiorno principessina sul pisello, guarda qua!» urlò mia madre sbattendomi la pagella in faccia, per poi prendere quella dei miei cugini e metterla a confronto con la mia.
«La vedi la differenza? O hai un cervello da gallina, o ti stai distraendo dai tuoi impegni scolastici» papà era amareggiato, «se non rispondi non esci di casa per il prossimo mese». 'E dove dovrei andare' pensai, avevo pochi se non zero amici. Le uniche volte che uscivo era per fare le mie passeggiate notturne o all'alba, sola come un cane randagio.
«Scusa» sussurrai, «scusa di cosa?» chiese mia madre mettendomi in ridicolo davanti a tutta la famiglia, «scusa di essere nata, va bene?» gridai con le lacrime agli occhi per poi uscire e passare la notte sotto ad un ponte.


«Pensavo che la Beth debole fosse morta per sempre» mormorai in quel silenzio tombale, che nonostante tutto mi piaceva. Detestavo solo il fatto che fossi dentro un carcere e che la panca fosse scomoda. Altrimenti mi sarei trovata a mio agio, l'assenza di rumori era sepolcrale e funerea, riuscivo a mimetizzarmi con il buio e il vuoto della stanza corrispondeva allo stesso vuoto che avevo dentro. Potevo sembrare una depressa, ma non lo ero. Ricordai di quando i miei genitori avevano pensato che soffrissi di disturbi depressivi ed erano ricorsi all'aiuto di uno strizza-cervelli, il problema non era quello. Perché si trattava della mia natura. Avevo cominciato a drogarmi per trovare una distrazione, ma ciò che ero adesso lo ero sempre stata nel bene o nel male, tranne che tempo fa mi lasciavo intimidire più facilmente, basta, tutto qui. Crescendo la natura umana subiva una mutazione e purtroppo la mia non era piaciuta né ai miei genitori, né a nessun altro, ma sinceramente non m'importava.
Le persone andavano accettate per com'erano, bisognava essere se stessi e non era giusto costruire un'immagine di sè che non corrispondesse al vero, solo per piacere ai genitori, alle persone e alla società. Io non mi sarei conformata ai valori di oggi, non ero una moralista o un'incoerente, ciò che facevo era trasparente e non lo nascondevo a nessuno.
Le persone dovevano comportarsi in maniera limpida, poi chi doveva andare in carcere ci sarebbe andato e chi andava bene ai valori del bene pubblico avrebbe vissuto felicemente a casa sua. Ovviamente il sistema di valutazione penale andava riformato, perché non trovavo giusto che ad entrare in galera fossero persone che si drogavano per trovare una via di scampo e non preti che molestavano bambine a catechismo. Questo era un mondo di falsi e ipocriti. Mi dispiaceva, ma io non ci sarei stata. Se avessi avuto giacca e cravatta e un posto nella politica, avrei cambiato tutto questo a discapito degli attuali politici, che restavano lì nei loro seggiolini elettorali a grattarsi le parti basse, mentre il mondo cadeva in balia dei soldi e del disordine. Se mi drogavo erano cazzi miei, mi sarei personalmente autodistrutta, ma non avrei fatto del male ad una mosca e finché non nuocevo nessuno, andavo lasciata libera. Perché proibire l'uso della cannabis? A chi è che potevo far male fumando una fotutissima canna? Perché mettermi al pari di stupratori e assassini, per aver cercato piacere in due pastiglie di cocaina?

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 12, 2018 ⏰

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