Chapter I - Εγώ σ' αγαπώ

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I miei occhi brillarono di gioia nel vederlo. Erso in tutta la sua maestosità, quel gran bell'uomo che amavo con tutto il cuore. Strinsi a me il velo del mio pallido vestito, chiudendo delle nocche scure e integre. Mi guardai intorno, avevo bisogno di evadere dal suo sguardo magnetico. C'era qualcosa che mi turbava.

Il simposio era da poco finito, il mio uomo aveva congedato tutti i suoi celebri ospiti dalla sua οἰκία, la sua casa, e ora eravamo da soli. Le donne erano nel γυναικεῖον, il gineceo, opposto all'ανδρῶν, la stanza per uomini ospiti e non, dove ci trovavamo in quel momento.

Le due aree erano situate più o meno al centro della casa, e l'ανδρῶν si affacciava su di un cortile rettangolare centrale, ricco di girasoli, nati dall'amore di Clizia per Apollo. E poi c'erano rose, colorate dal rosso sangue annacquato dalle vitree lacrime di Afrodite che piangeva la morte del suo amato Adone. E, vicini alle rose, gli anemoni, nati dal sangue di egli stesso. Al centro del cortile vi era invece una piccola aiuola con un giglio, nato dal latte di Era che formò la Via Lattea.

Ero adagiato su un fianco, sul suo letto, e lo guardavo nudo. Aveva appena lasciato che la sua clamide cadesse ai piedi del letto, suscitando in me un'intrinseca eccitazione. I miei occhi si incastonarono nel solco che scorreva come un ruscelletto tra i suoi pettorali scolpiti. Aveva la forza d'un indomito guerriero, e la dolcezza d'un germoglio che spuntava dal terreno. Del resto, lui era stato un πρῶτος, un avamposto dell'esercito spartano. Forse lo era ancora, non avevo mai capito bene.

Poi il mio sguardo glissò verso il suo volto, lungo, elegante, carismatico. Lo guardai negli occhi, neri, scuri, adombrati da una prominente fronte. La mia mano strinse a sé ancora di più la tunica, il mio cuore cominciò a saltare dalla gioia. Il mio stomaco danzava febbrilmente, i miei respiri incedevano verso un incalzante progredire di pienezza e velocità, e di conseguenza mi si gonfiò il petto; la mia fanciullezza intanto si era canalizzata in una propaggine poco più in basso.

« Κάλλιστος... »

Ripetei il suo nome. Κάλλιστος in greco è anche il superlativo di κάλλος, bellezza. Κάλλιστος, il più bello. La verità mi riaffiorò sulle labbra, e per un attimo la mia attenzione sfuggì dai suoi cupi occhi mascolini, per ripararsi poi sulla pallida luna che scorgevo dalla piccola porta che conduceva nel cortile. Ero così felice lì, non sarei mai riuscito a pensare a qualcosa di meglio di una notte con lui. Mi sfuggì un sorriso, che feci in tempo a trasformare in un malizioso ghigno. Il mio chitone era alzato, lasciava intravedere le mie cosce. Quando mi alzai, le pieghe orizzontali che vi erano prima furono stese in altre verticali.

Un momento dopo ero in piedi davanti a lui. Sentivo il suo alcolico respiro: odorava di vino, forte e buono, pozione del vigore. Lui era più alto di me.

Alzai le braccia; gli cinsi il collo; lo guardai negli occhi. Mi sembrò di volare. I respiri, prima pieni e veloci, ora si mozzarono, diventarono più aggressivi. I muscoli del torace e dell'addome si alzavano e si abbassavano a tempo di valzer.

Non riuscii a sostenere il suo sguardo. Era come un fascio di luce, troppo accecante per essere fissato a lungo, ma troppo inebriante per non essere fissato per niente. Era pesante, mi scrutava profondamente, mi leggeva la mente ma allo stesso tempo filtrava via i miei pensieri negativi. La sua presenza era sempre un uragano che mi stravolgeva, mi prendeva e mi portava via con sé: mi rapiva. Lui possedeva le chiavi del mio spirito.

Il mio collo si allungò verso il suo mento, inspirai profondamente assorbendo l'odore della sua pelle. Era come un seme μήκωνος, di papavero.

Le mie labbra allora toccarono le sue. Lui riprese vita da quel suo momentaneo incanto, le sue braccia ora mi cinsero la vita. Mi sentivo stretto, non potevo e non volevo scappare da lui.

Pizzicai con i denti il suo labbro, salato, e continuai. Non ne avevo abbastanza, avevo voglia di lui, come fosse un seme μήκωνος.

« Εγώ σ' αγαπώ! »

Io ti amo, gli dissi. Ma glielo dissi con il cuore in mano, con le labbra immerse tra le sue, stretti assieme, senza respirare più.

Fece una pausa. Per qualche secondo sentii solo il sapore delle sue labbra e il cicaleccio di quella parte di natura che prendeva vita solo sotto la Luna.

« Συνδοκεῖ μοι... »

Aveva parlato. Quella che fino a quel momento sembrava una statua marmorea, fredda e dura, piena di passione, ora veniva levigata dal mio amore. "Anche io, lo ammetto", mi disse, sul momento. Non veniva dal cuore, ma io non me ne curavo. A me bastava lui così, lo avrei potuto amare io per sempre, e il mio amore sarebbe bastato per tutti e due.

Trascorremmo la notte insieme: ansimammo, gioimmo, godemmo. Il mio chitone era a terra, speravo di non doverlo indossare mai più, credevo nell'eternità di quell'amore, nell'eternità di un momento. Credevo in lui, credevo nella forza del mio amore. E il dolore, a momenti mi fermava, a tratti mi spronava come una frusta fa con un cavallo che guida una biga. Una biga che correva molto veloce, una giostra di muscoli e sentimenti.

GLOSSARIO DI FINE CAPITOLO:

οἰκία : Si pronuncia "oikìa", vuol dire "Casa"

  γυναικεῖον : Si pronuncia "ghiunaikèion", vuol dire "Gineceo", la parte della casa dove vivevano le donne.

 ανδρῶν : Si pronuncia "andròn", dubito ci sia una parola italiana che possa tradurre questa, comunque l' "andròn" è la parte della casa dell'antica Grecia cui avevano accesso gli uomini ospiti e non.

  πρῶτος : Si pronuncia "Pròtos", ha vari significati. Può voler dire "Primo" ma spesso viene utilizzato per indicare l'avamposto/gli avamposti di un esercito.

 Κάλλιστος : Si pronuncia "Kàllistos", è un nome greco ma è anche il superlativo di un sostantivo (vedi sotto)

  κάλλος : Si pronuncia "Kàllos", vuol dire bellezza. Il superlativo di κάλλος (kallos) è  Κάλλιστος  (kallistos), "il più bello".

  μήκωνος : Si pronuncia "mèkonos". E' un genitivo, deriva da μήκως (mèkos). Letteralmente   μήκωνος  si traduce "di papavero",  μήκως  si traduce "papavero".

  Εγώ σ' αγαπώ : Si pronuncia "Ego s'agapò", se avete visto il film "Il Giovane Favoloso" probabilmente saprete già cosa significa. Analizziamo questa frase: 
 Εγώ si pronuncia "Ego", vuol dire "io".
σ'  si pronuncia "s" in questo caso, ma in greco è apostrofato perché in origine la parola era  "σε". E' un accusativo, fa parte dei pronomi personali, costituisce la seconda persona singolare. Si traduce in questo caso con "ti"    
 αγαπώ si pronuncia "agapò", vuol dire "amo".

  Συνδοκεῖ μοι : Si pronuncia "Siùndokei Mòi", letteralmente si traduce con "anche io, lo ammetto", da un'idea di qualcosa di tirato.

O' ἀνδρός παῖς - Il fanciullo dell'uomoWhere stories live. Discover now