1. il mondo reale fa schifo

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Jimin camminava lentamente, con le cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume, come piaceva ascoltarla a lui.
Lo aiutava. Lo aiutava a non pensare alle persone che aveva intorno, a non sussultare troppo visibilmente appena qualcuno oltrepassava quella da lui considerata la distanza di sicurezza, a non sentire il fastidioso rumore del respiro delle persone che perforava i suoi timpani e lo faceva rabbrividire.
Gli dava fastidio. Semplicemente non sopportava che le persone gli stessero troppo vicino, se lo toccavano poi, era la fine. Dio se non sopportava quelle persone troppo appiccicose o, peggio ancora, quelle che ti toccano mentre parli. Ma che cazzo ti tocchi?
Non sapeva bene dire il perché, aveva avuto questo problema fin da che lui ne avesse memoria ed aveva sempre dovuto conviverci, anche se non era molto difficile, bastava evitare tutti e tenerli a distanza, no?
Ma d'altronde la definizione di "fobia" inizia proprio con "paura irrazionale..." quindi probabilmente non c'era una vera ragione o una facile spiegazione.

Fu probabilmente a causa del volume della musica che non si accorse di un ragazzo che lo chiamava ripetutamente, appena varcato il cancello della scuola. Egli si affiancò e gli sfilò delicatamente una cuffietta, prestando bene attenzione a tirarla dal cavo così da non incorrere nel minimo pericolo di sfiorarlo.
<<Bentornato nel mondo reale Jimin.>>
Disse il ragazzo dai capelli grigi.

La sola vicinanza improvvisa e la voce accanto al suo orecchio bastarono per farlo sussultare, ma si rilassò non appena volse lo sguardo ed incontrò quel sorriso familiare.
<<Tae, mi hai spaventato.>>
Rispose il biondo con un filo di voce, rivolgendogli però un lieve sorriso.
Taehyung sapeva. Era l'unico al di fuori della sua famiglia a sapere e con il quale Jimin tollerava una minima vicinanza in più, anche se, con lo sconforto del grigio, non riusciva a farsi toccare più di tanto nemmeno da lui. Ma erano migliori amici, cresciuti insieme, e ad entrambi andava bene così, anche se Taehyung in cuor suo sapeva che non avrebbe mai perso le speranze.

<<Scusami.>>
Chiese perdono con voce comprensiva, ma senza perdere il suo sorriso.
<<Ma era l'unico modo per tirarti fuori da li...>>
Continuò, indicando le cuffie con un gesto della testa.
La musica. Essa era da sempre stata il grande scudo di Jimin contro tutto, il mondo e se stesso.
<<Si, beh... il mondo reale fa schifo.>>
Replicò quest'ultimo, riallacciandosi alla frase iniziale del compagno, togliendo anche l'altra cuffia e staccandole dal telefono per riporle in tasca, mentre attraversavano l'ingresso dell'edificio scolastico.

Taehyung iniziò a camminare in direzione della loro classe ma Jimin si fermò.
<<Ah, devo passare dal mio armadietto. Ieri ci ho dimenticato dentro il libro di storia e oggi mi serve per studiare.>>
Proclamò sbuffando, mentre pensava all'imminente prova di quella materia ed iniziando a voltarsi verso un altro corridoio, prima di essere richiamato dall'amico.
<<Jimin! Io... Dovrei finire di copiare i compiti di matematica per la prima ora...>>
Disse questo con un furbo sorriso sul volto, grattandosi il retro del collo. Il biondo alzò gli occhi al cielo e tirò fuori dal suo zaino il quaderno della materia appena citata, per poi porgerlo al compagno con un sorriso.
<<Ci vediamo dopo in classe, allora.>>

<<Ne sei sicuro?>>
Arrivò d'impulso la risposta, o meglio domanda, del grigio, senza neanche bisogno di pensarci.
Jimin lo adorava davvero per questo, aveva la straordinaria capacità di pensare sempre prima agli altri che a se stesso, senza nemmeno sforzarsi, gli veniva naturale.
Taehyung molto tempo prima aveva promesso di proteggerlo sempre e Jimin lo aveva preso in parola, ma doveva anche imparare a cavarsela da solo almeno nelle situazioni più leggere.
Annuì convinto, mostrando all'altro un sorriso e premendogli il quaderno contro il petto con una mano.
<<Vai.>>
Si limitò a rispondere, per poi voltarsi e iniziare a camminare.
Taehyung lo guardò scomparire tra la folla di persone per poi muovere i suoi passi fino all'aula. Era indubbiamente preoccupato, ma si fidava dell'amico, se il biondo diceva di potercela fare, anche Taehyung ci credeva.

Il problema era che Jimin aveva mentito, non pensava assolutamente di potercela fare.
Così prese a camminare velocemente a testa bassa, in modo da impiegare il minor tempo possibile; sembrava un buon piano, ma non lo sarebbe stato ancora per molto.
Una volta preso ciò che gli occorreva richiuse l'armadietto e ripose con cura il libro dentro lo zaino, riprendendo a camminare allo stesso modo di prima, rasente al muro per evitare la maggior parte delle persone.

Non aveva fatto i conti però con un altro ragazzo che sembrava andare addirittura più in fretta di lui. Egli correva per un corridoio perpendicolare a quello dove si trovava Jimin, avanzando pericolosamente verso l'angolo tra i due pezzi di edificio, allo stesso tempo del biondo. Il ragazzo correva, prestando poca attenzione a dove andava. Jimin camminava spedito, con lo sguardo puntato sul pavimento nel tentativo di ignorare il mondo che lo circondava.
Jimin camminava.
Il ragazzo correva.

La campanella era suonata da ormai più di dieci minuti e di Jimin neanche l'ombra. Taehyung era terribilmente in ansia, decine di scenari diversi in cui al suo amico potessero essere accadute le cose più terribili si susseguivano dinnanzi ai suoi occhi. Prese il telefono e, facendo attenzione a non farsi vedere dall'insegnante, iniziò a scrivere dei messaggi all'amico.

=====
Chim🐣:

Dove sei finito?-
Jimin tutto ok?-
Dimmi che stai bene, ti prego.-
Ti vuoi degnare di rispondere??-
Si puo sapere dove cazzo sei??!-
=====


Nulla. Nessuna risposta.
Taehyung provò addirittura a chiamarlo, il telefono squillava ma non ottenne comunque risultati. Spazientito si alzò e chiese all'insegnante, anzi la implorò, di poter andare al bagno, fingendo di non sentirsi molto bene. La donna lo guardò scettica ma poi acconsentì con un gesto del capo e il ragazzo si catapultò fuori ringraziando sia lei che tutti gli dei che gli venissero in mente.
Una volta uscito dall'aula iniziò a cercare l'amico in ogni stanza, ogni bagno, sgabuzzino o laboratorio, con l'ansia che cresceva sempre di più.

Dall'altra parte Jimin aveva sentito tutto, il telefono vibrare ripetute volte per i messaggi che immaginava essere dell'amico, e poi la chiamata. Ma il telefono era nello zaino, abbandonato sul pavimento al centro del bagno, e lui era seduto a terra in un angolo, neanche troppo lontano, ma in quel momento e in quelle condizioni gli sembrava uno sforzo immane, impossibile per lui da compiere.

Improvvisamente sentì la porta aprirsi, il biondo schiuse di un filo gli occhi pregando che chiunque fosse non facesse molto caso ad un ragazzo mezzo inzuppato e scosso da ansimi accasciato sul pavimento di un bagno. Quante possibilità aveva che ciò accadesse?
La risposta è zero, perché la persona che spalancò la porta e la richiuse immediatamente alle sue spalle tirando un sospiro di sollievo, aveva proprio come obbiettivo delle sue ricerche il biondo.

<<Jimin?>>
Egli sorrise nel riconoscere il volto del caro amico che si avvicinò a passo lento e si accovacciò mantenendo una certa distanza, per non spaventarlo ulteriormente.
<<T-tae...hyung>>
Provò a parlare ma la sua voce si spezzò e riprese a piangere e sussultare.
Per l'altro non c'era bisogno che dicesse una parola di più, già lo sapeva, ne era certo. Lo aveva visto altre volte in quello stato. Qualcuno lo aveva toccato.

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