Capitolo 7- La Centrale

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Una volta rimasta da sola nella mia camera, mi smarrì nei miei pensieri. Presi un profondo respiro e cercai di ritrovare il controllo di me stessa.

Matthew era andato a controllare le bambine per evitare che lo dovessi fare io ed era stato meglio così, si era creata una strana atmosfera tra di noi. Mi stupiva sempre di più la sua insistenza ma, forse, alla fine aveva ragione: necessitavo di tutto l'aiuto possibile e accettarlo non sarebbe stato un problema, o almeno lo speravo. Era un periodo in cui non riuscivo più a ragionare con lucidità, il mio istinto mi suggerì di seguire il cuore e Matthew sembrava uno a posto. Perciò se era determinato ad aiutarci perché non lasciarglielo fare?

Decisi di alzarmi, stufa di stare sdraiata, per poter andare a vedere personalmente le mie figlie. Mi sentii indebolita, ma avrei trovato il modo di rimettermi in forze. Scesi le scale e una volta arrivata al pian terreno, rimasi sorpresa nel trovare Matthew a parlarci mentre loro lo ascoltavano rapite. Li osservai in silenzio e notai che sembrarono perfettamente a loro agio. Giorgia fu la prima ad accorgersi di me e non esitò a venirmi incontro. «Mamma! Ci hai fatto preoccupare.»

La strinsi a me. «Non dovevate. Era solo un po' di stanchezza.»

Matthew si sollevò in piedi e mi osservò serio: il sorriso che aveva mostrato alle bambine un attimo prima, con il mio arrivo scomparve. Martina lo tirò per la maglietta per attirare la sua attenzione e quando se ne accorse, si piegò sulle ginocchia di nuovo per essere alla sua altezza. «Resti a pranzo con noi?»

Matthew mi lanciò un'occhiata che non seppi decifrare, così decisi d'intervenire. «Marty, non può restare. Ha già i suoi di impegni.» Mia figlia adottò la tecnica dello sguardo languido a cui nessuno sapeva resistere e alzai gli occhi al cielo.

«Chi ha detto che ho impegni?»

Martina gli saltò addosso tutta raggiante e dovetti constatare mio malgrado che, in pochi secondi, era già riuscito a conquistare le mie figlie. E non era un'impresa facile.

«Davvero, non mi pare il caso...»

Il mio vicino distolse lo sguardo da mia figlia per dirigerlo verso la sottoscritta. «Per te o per loro? Non è un problema, non mi costa nulla.»

Socchiusi gli occhi e non presi bene la sua disponibilità. Il mio pessimo carattere decideva di farsi valere nei momenti meno opportuni. «Sul serio? Non hai una vita o una donna da cui tornare?»

«Per adesso no, ma chi lo sa per il futuro?» inarcai un sopracciglio, perplessa. «È così difficile accettare una mano?»

Le mie figlie ci osservarono in silenzio, quasi divertite dalla discussione. Cercai di riflettere per trovare una scusa qualsiasi ma, alla fine, capii di non avere scelta: non avevo nessuno e lui mi sembrò sincero, a dispetto delle circostanze. Lo sguardo delle mie figlie su di me poi non mi era d'aiuto, così mi fidai del loro istinto. «Ok, va bene, tanto siete tutti contro di me.» Mi diressi verso la cucina. «Però non vi aspettate un pranzo da re.»

«Non ce lo aspettavamo di certo» disse Matthew. Mi voltai, interdetta. «Le tue figlie mi hanno detto che non eccelli sui fornelli.»

Abbassai lo sguardo su Giorgia che gli sorrise complice e mi ritrovai così a fissare tutti e tre sconvolta. «Questo si chiama ammutinamento.» Non potei non riconoscere però che avessero ragione. Non mi sarei mai potuta definire una cuoca provetta. Cucinavo solo perché necessario. «Vediamo se il nostro ospite saprà fare di meglio. Il pranzo è nelle tue mani.»

Mi guardò per alcuni attimi, sorpreso, poi non esitò a cogliere la sfida che gli avevo lanciato e avvicinandosi, mi sorpassò, ma non prima di essersi preso gioco di me. «Attenta a quello che chiedi. Dopo non ne potrai più fare a meno.» Lo disse seriamente, senza lasciar trapelare alcunché dal suo volto, e non potei fare a meno d'inseguirlo con lo sguardo.

Alba Nera [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora