Capitolo 93

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Mollai il paletto, non appena il Capitano finí di parlare, spiegandomi ogni singola differenza, apparentemente inesistente, nei paletti. Andavano dall'impugnatura, alla lavorazione, alla grandezza. Il Capitano diceva che erano caratteristiche importanti. Io no.
Che differenza aveva che un paletto avesse una certa forma? Bastava prenderlo ed usarlo. Non che avessi intenzione di usarne uno, almeno non in quella giornata. O in quelle dopo.
Non appena finimmo l'allenamento, io mi affrettai ad uscire dalla stanza, accanto al paletto, lanciato contro il muro, che giaceva ancora a terra.
La rossa mi chiamó, ma non mi fermai. Avrei voluto andare in camera, stare lí, cercare di capire cosa fosse successo. Ma sapevo che la rossa non me l'avrebbe permesso. E sapevo che non potevo sfuggirle.
Mi fermai e mi voltai, senza fiato, per l'agitazione e la frustrazione.

"Lilith, fermati! Non puoi andare in giro da sola!" mi riprese la rossa.
Ricordavo bene cos'era successo l'ultima volta che ero rimasta da sola. Quello che era successo nel corridoio, per andare alla cena, non era qualcosa che era successo quando ero da sola: c'erano persone, attorno a me, tutti sudditi della rossa. Pronti a proteggermi.
Ero rimasta da sola, fino a raggiungere il limite, invece. Ricordavo la sensazione sgradevole degli uomini addosso a me, gli sguardi già segnati dei bambini. Nessuno di loro sembrava poter provare un po' di umanità. Cosa sarebbe successo, se mi fossi persa di nuovo?
Anche la notte prima, quando il Capitano mi aveva abbandonata, all'allenamento, avrei potuto incontrare Dimitri. Avevo anche sbagliato stanza. Cosa sarebbe successo, se mi fossi cacciata in altri guai?

"Perchè, allora, non mi spieghi cos'è successo?" urlai.
Sapevo che nemmeno lei lo sapeva, dato il suo sorriso stupito, ma qualcuno doveva pur saperlo! Lei era la sovrana. Nel suo regno, qualcuno avrebbe saputo capire tutto. Avrebbe dovuto.
Lei mi raggiunse e si fermó. Aggrottó la fronte.

"Non lo so-".

"Io sono tua nipote, la tua erede, ma non so nemmeno il tuo nome! Non posso vedere i miei amici-".

"I tuoi amici sono i tuoi nemici!" mi interruppe.

"Anche Mike. Anche Stacey. Se è vero che sono incinta, James è il padre di nostro figlio!" gridai, prima che la rossa fermasse le mie parole, con la sua mano sopra la mia bocca.
Si guardó intorno, per controllare che nessuno ci avesse sentite.

"Mi dispiace, ma quel figlio avrà un altro padre." sussurró.
Forse, non avevo sentito bene. Mio figlio avrebbe avuto un altro padre?!
La rossa spostó lo sguardo dietro di me e i suoi occhi si illuminarono.
"Mike! Sarà Mike il nuovo padre.".
Ora, non avevo davvero sentito bene.
La rossa si spostó al mio fianco ed allungó un braccio dietro di me. Per prendere il braccio di un ragazzo. E tirarlo verso di me. Quando i suoi occhi dorati incontrarono i miei, lo fulminai con lo sguardo.

"Avevi detto che non avrei piú rivisto Mike." dissi alla rossa, rivolgendo, anche a lei, lo stesso sguardo.
Lei mosse la mano, come per cacciare via le mie parole.

"Questo perchè non dovevi piú vedere Stacey. E Mike era il suo fidanzato. Ma, ora che Stacey ha deciso di non considerarlo piú come tale...", lasció la frase in sospeso, accarezzando il braccio di Mike e sorridendo, "ora, potrà essere il padre di tuo figlio.".
Sembrava aver già pianificato tutto. Ed era cosí disgustoso.
Non gliel'avrei data vinta cosí facilmente.
Incrociai le braccia sul petto.

"L'unico padre che avrà mio figlio, sarà James. Lui è il vero padre, lui lo crescerà.".
La rossa tolse la mano dal braccio di Mike ed alzó gli occhi al cielo, poi sospiró.

"Perchè avete complicato tutto cosí? Una volta, era diverso." strinse le labbra.
Aggrottai la fronte.

"Cosa vuoi dire?" chiesi, titubante.
Una volta. Di cosa sta parlando?
Lei scacció, di nuovo, le mie parole con la mano.

"Come farai a spiegare il bambino al tuo regno, se sarà senza padre?" chiese lei.
Sorrisi. Era semplice.

"James è il padre." dissi.
I nostri occhi si incontrarono, carichi di tensione. Entrambe sapevamo che nessuna delle due avrebbe lasciato vincere l'altra. Eravamo cosí simili. Ma lei era la regina. Nessuno sarebbe riuscito a batterla. E lei sapeva esattamente come battere me.

"Lilith, sei una ragazza di diciassette anni. Sei incinta. Non posso uccidere qualcuno di cosí piccolo, tanto da essere ancora nella tua pancia, ma non posso permettere che i vampiri prendano il mio regno. Ammettere che il vero padre di quel bambino, del figlio della mia erede, sia un vampiro sarebbe tradire il mio regno. E questo non accadrà, non prima che i vampiri possano essere entrati qui dentro. E sai che non accadrà facilmente.".
È impossibile che accada. E lei lo sapeva bene. Aveva vinto lei.
Mi morsi il labbro, per non mostrare la mia sconfitta. Il suo sorriso mi feriva piú del paletto lanciato dal Capitano. E, piú di questo, furono le sue parole a farmi provare dei brividi.
Ero una ragazza di diciassette anni. Ero umana. Tutto ció che avevo sempre desiderato era trovare un ragazzo che non mi deridesse, studiare con lui, o stare con la mia famiglia e studiare come una vera studentessa, meritevole di quel titolo. Sposare il mio ragazzo. Vivere insieme a lui. E diventare madre.
Ora, sembrava che i miei desideri si stessero avverando al contrario: ero madre. E, forse, sarei vissuta con il mio ragazzo. Credevo di poterlo fare.
Rivolsi la mia attenzione a Mike, che mi stava guardando. Aveva gli occhi spalancati ed agitati. Sembrava volesse dirmi Devo parlarti.

"Cosa ci fa, qui, lui?" domandó una voce profonda, dietro di me.
Mi irrigidii. Mi voltai e vidi il Capitano, proprio dietro di me, che guardava la rossa, con gli occhi ridotti a fessure. Spostó lo sguardo su Mike, insieme a me.
Il sorriso della rossa divenne malizioso. La sua mano cominció a muoversi su e giú, per il braccio di Mike, solo la punta della dita toccava la pelle del ragazzo.

"Era quello che mi stavo domandando anch'io." disse, la voce acuta e maliziosa, dolce come il miele, ma appuntita come un coltello.
Anche i suoi occhi erano ridotti a fessure ed erano puntati sul viso di Mike.
Niente piú Mike.
Di cosa avrebbe dovuto parlarmi? Perchè era venuto nel mio corridoio in pieno giorno? La notte precedente, gli avevo detto chiaramente che non avrei piú avuto bisogno del suo aiuto. Perchè, allora, era lí?
Mike strinse le labbra, fissó gli occhi nei miei.
Aiutami!, sembrava dicessero, stavolta.
Non poteva dire che voleva parlarmi. Non avrebbe piú dovuto vedermi.

"Io...", deglutí, "...ho visto Dimitri.".
La sua frase era stata un soffio, tanto che avevo faticato a capirla.
Ho visto Dimitri.
Sentirlo pronunciare il nome di Dimitri era un evento raro.
Il sorriso della rossa si spense, i suoi occhi si allargarono, le mani smisero di solleticare il braccio di Mike.

"Dove?" sussurró.
Mike, titubante, si voltó. Aveva detto di aver visto Dimitri. Ma cosa avrebbe fatto la rossa, quando avesse scoperto che Mike non sapeva dove il vampiro si trovasse? Sulle braccia, si vedevano i muscoli tesi.
La rossa cominció a camminare, portando Mike con sè, perchè la portasse dal vampiro. Lui, voltandosi verso di me un'altra volta, mi guardó e mi fece un segno con la testa, in direzione della mia porta.
Non sapevo cosa volesse dire.

Regno ribelleWhere stories live. Discover now