Oltre gli scaffali e il tempo // Autoconclusiva

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Sorrise guardandolo, oltre lo scaffale, intento a leggera la trama di un libro, incerto se comprarlo o meno. Erano anni che quel ragazzo, una volta a settimana, compariva nella libreria e trascorreva ore intere a cercare un libro di suo gradimento. Erano anni che Clarke lo osservava, sorrideva al suo modo di corrugare la fronte, alzare le sopracciglia, o ancora alzare un angolo della bocca in un sorriso appena accennato. Era una delle cose che preferiva del suo lavoro in quella piccola e antiquata libreria.
La ragazza tolse un libro dallo scaffale per rimetterlo al posto esatto e, in quello stesso momento, anche lui estrasse un libro, esattamente quello opposto. Percepì per la prima volta il suo sguardo su di lei e sentì il suo cuore accellerare. Avrebbe notato la somiglianza che li accomunava? Avrebbe sentito quel legame che li univa? Sistemò il libro e si diresse nel settore successivo per occuparsi dei nuovi libri arrivati, con la schiena bruciante per lo sguardo che lui non osava distogliere. Dopo alcuni minuti che si sentiva osservata, si fece coraggio e si avvicinò a lui.
<<Ciao, posso aiutarti?>>domandò con la tipica allegria che la caratterizzava.
<<Non serve, grazie. Mi sto solo guardando attorno...>>si interruppe per leggere il nome sul cartellino.<<Clarke. Per caso ci conosciamo?>>aggiunse, con aria perplessa. La ragazza sgranò gli occhi e sbiancò. E ora? Cosa avrebbe dovuto dire? <<Sei identica a lei...>>mormorò con tristezza lui, passandosi una mano tra i capelli rosso fuoco. Lei si morse il labbro, incerta su cosa fare. <<Scusa se ti ho rubato del tempo, grazie per la disponibilità>>concluse, spostandosi velocemente in un settore più nascosto.
La ragazza sospirò, accarezzandosi i capelli ribelli color fuoco. Non desiderava altro che potergli parlare, poterlo abbracciare, dirgli che sì, lo conosceva, e anche piuttosto bene. Avrebbe voluto tornare a quando era piccola, tornare insieme a lui. Con la scusa del bagno si assentò per alcuni attimi dal lavoro e prese il cellulare, componendo un numero e portando il dispositivo all'orecchio.
<<Mi ha parlato. Lui mi ha parlato, mi ha chiesto se ci conoscessimo, ha detto che le somiglio. Perché non posso dirgli la verità? Ci stai uccidendo>>esclamò sull'orlo delle lacrime.
<<Tu non hai niente a che fare con lui.>>ribattè fredda una voce maschile.
<<Niente a che fare con lui?>>esplose la ragazza. <<Non puoi dire una cosa simile! Non capisco nemmeno come lui possa considerarti suo padre! Ci hai divisi quando eravamo solo dei bambini e gli hai fatto credere che fossi morta soltanto perchè vuoi che diventi il tuo successore!>>
<<Non alzare il tono con me, figliola. Non dimenticare ciò che ho fatto per te.>>rispose semplicemente l'altro.
<<Ovvero? Mi hai abbandonata in un orfanotrofio, me la sono sempre dovuta cavare da sola, e quando lo riesco a ritrovarlo tu intervieni e pretendi che non gli parli!>>gridò la rossa. <<Tristan lo scoprirà, non puoi nascondergli che io sia viva>>ringhiò, prima di staccare. Si prese la testa tra le mani in preda alla disperazione. Quel maledetto aveva cercato di togliere di mezzo lei e aveva ucciso sua madre perchè aveva paura che Tristan avrebbe scelto loro. Ma si sarebbe pentito di ciò che aveva fatto. Tristan avrebbe sempre scelto lei, anche senza riconoscerla, perché un legame del genere non si può spezzare. Si asciugò le lacrime, si sistemò e poi uscì dal bagno, dove si scontrò con qualcuno. Alzò lo sguardo. I suoi occhi. Era lui.
<<Scusa, io... non volevo origliare, ho sentito gridare e...>>esitò. <<Stai bene?>>domandò preoccuppato. Lei scosse la testa, cercando di non guardarlo. Stargli così vicino senza potergli dire la verità la stava uccidendo. <<Sei uguale a mia sorella, sai?>>mormorò lui, sedendosi su un gradino e facendole segno di imitarlo. <<Mio padre dice che è morta, non la vedo da dieci anni, ma non può essere vero. Lo sento dentro, nel cuore. Era la mia gemella. Lo saprei>>Il cuore della giovane iniziò a battere velocemente, mentre alzava lo sguardo su Tristan, senza difese. I suoi occhi lo supplicavano di capire, quelli di lui sembravano iniziare a perdere certezza. <<Finchè non perdi te stesso, non avrai perso nessuno. Questo è il segreto per avere sempre accanto chi ami.>>sussurrò lei, come se con quella frase gli avesse appena detto sì, sono io, la tua gemella. Lui sgranò gli occhi. Forse il significato di quella frase era proprio quello, infondo.
<<Come cemento l'uno per l'altra...>>iniziò lui incerto, spaventato dall'idea che avrebbe potuto crederlo pazzo e ancor di più dall'idea che avrebbe potuto rispondere nel modo giusto.
<<...ci rafforzeremo a vicenda. Io per te, tu per me.>>concluse lei, mentre una lacrima le rigava la guancia.
<<Sorellina>>mormorò soltanto lui, prima di avvolgerla tra le braccia e stringerla a se. Solo in quel momento, entrambi si accorsero di aver vissuto senza un pezzo per parte della vita. Due corpi, due menti, due persone indissolubilmente legate. Due fratelli gemelli. Niente poteva spezzare quel momento e non importava cosa avrebbe potuto fare loro padre quando avesse scoperto del loro rincongiungimento, del fatto che uccidere sua moglie era stato inutile. Niente e nessuno avrebbe più potuto separare due fratelli che troppo a lungo erano stati divisi con la forza e non aspettavano altro che ringiungersi. Il sole brillò attraverso le finestre, illuminando i due riuniti e il libro che lui aveva con se, il libro che anni prima la madre aveva letto loro, raccomandandosi di non perdere mai la fiducia l'uno nell'altra.

One-shots collectionWhere stories live. Discover now