Incontri ravvicinati del terzo tipo

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Magnus POV

Mi mossi nel letto con ancora gli occhi chiusi, allungai una mano per stringere il corpo caldo di Alexander ma la mano trovò solo stoffa ad accoglierla. Spalancai gli occhi e saltai a sedere.
No!
Non poteva accadere di nuovo!
La stanza era in penombra. Tesi l’orecchio per captare qualsiasi suono ma niente. L’ansia cominciava ad attanagliarmi lo stomaco.
E se fosse ricaduto nella mente di mio padre?
Se non mi fossi svegliato in tempo questa volta?

Magnus calmati! Respira e connetti il cervello! Jace sta dormendo sul divano e se Alec si fosse mosso lo avrebbe fermato o ti avrebbe chiamato. Se fosse successo qualcosa di certo non saresti qui ad arrovellarti il cervello su possibili disastri!

Feci un sospiro per calmare i nervi e far smettere di tremare le mani e mi alzai lentamente. La vocina nella testa aveva ragione ma non mi sarei tranquillizzato fino a che non avrei visto il suo bel faccino sorridente augurarmi il buon giorno.
Mi diressi in soggiorno, Alec e il biondino magari si stavano consultando su come insegnare in un giorno ciò che loro avevano imparato in anni e che perfezionavano ancora adesso allenandosi. Varcata la soglia lanciai uno sguardo al divano, lo dovevano aver girato, lo schienale rivolto alla porta che avevo appena varcato, una testa bionda spuntava dai cuscini. Un movimento catturò la mia attenzione, il Presidente era entrato saltellando nella stanza. Mi voltai nuovamente verso il divano per chiedere a Jace dove fosse Alec ma sul divano non c’era nessuno. Sbattei più volte gli occhi fissando la seduta vuota.
Magari avevo visto male, quasi con la coda dell’occhio e il cervello doveva avermi giocato un brutto scherzo.

Un'ombra fuori dalla finestra catturò la mia attenzione. La preoccupazione sparì in un secondo, mettendo a fuoco le spalle, i capelli corvini e il fisico asciutto. Avevo trovato chi stavo cercando. Era fuori sul terrazzo, i capelli mossi dalla brezza del mattino. Feci il giro intorno al divano per raggiungere la porta finestra, scostai il vetro e uscii. Vedendo che il presidente mi veniva dietro mi voltai per chiudere il vetro prima che uscisse.

“Alec, mi hai fatto prendere un colpo. Ti prego quando ti alzi avvisami...” mi voltai pronto ad abbracciarlo alle spalle, un gesto che mi era sempre piaciuto fare ma lui non era lì. Non c’era nessuno solo io con una faccia sconvolta.
Possibile che me lo fossi immaginato? Stavo impazzendo?
O magari stavo ancora dormendo e questo era solo un sogno, o meglio, un incubo.
Scrollai la testa, lanciai un'occhiata al panorama, eppure sembrava tutto così vero, e rientrati in casa.
Qualcosa non tornava, c’era qualcosa fuori posto anche se non riuscivo a capire cosa. Mi si rizzarono i peli dietro la nuca, una strana sensazione mi fece come risvegliare dal torpore, era come se tutti i sensi si fossero accesi, allerta. Tesi i muscoli e mi mossi verso la cucina fermandomi ogni pochi passi per ascoltare e guardare le ombre che mi circondavano. Sembravo il Presidente Miao quando cerca di afferrare le farfalle.
Una volta ho fatto apparire delle farfalle per Alec quella volta in cui…

Zitto e concentrati! Hai la soglia di attenzione di un moscherino cavolo! Continua a raccontare senza digressioni prego.

Ma quanto siamo antipatici oggi… comunque, arrivato al centro della stanza fui aggredito. Non lo vidi arrivare. Ma non vi preoccupate, ne sono uscito incolume grazie alla mia prontezza di riflessi.
Fui aggredito da cuscini volanti!
Ero finito in mezzo al fuoco incrociato. Mi buttai a terra e mi coprii la testa con le mani dopo aver gridato per la sorpresa.
Un atto di vero coraggio.

Un suono di disappunto proveniva da qualcuno vicino a me. Uscii dal mio bozzolo creato a protezione e fissai di fronte a me. Un paio di piedi infilati in calzini grigio topo. Alzai lo sguardo seguendo le lunghe gambe fasciate in pantaloni della tuta neri come una notte senza stelle , il torso abbracciato morbidamente da una maglietta a maniche corte grigio fumo che lasciava scoperte le braccia allacciate all’altezza del petto, lo scollo a V lasciava libero il collo ambrato scurito da un accenno di barba che proseguiva sul mento ispido incorniciando le labbra piegate in una smorfia di disappunto, gli occhi cioccolato fissi nei miei. La chioma di capelli scossa dai movimenti negativi della testa.

Uno scambio inaspettato // MalecDove le storie prendono vita. Scoprilo ora