V

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A.

«Come si è permesso!»

Movimento veloce, rumore secco.

«Quel troglodita imbecille!»

Acciaio che stride, lama che scintilla.

«Mi ha anche rovinato la crostata!»

Sagome circolari si adagiano l'una sull'altra.

'Ed è stato anche molto educato e mi ha aiutato a raccogliere la spesa nonostante i miei modi da membro della Santa Inquisizione.'

Mi blocco di colpo, stupendomi dei miei stessi pensieri.
Guardo le zucchine accasciate nel piatto, quei poveri ortaggi hanno subito la mia rabbia omicida. Poso il coltello e mi passo una mano tra i capelli, come se quel gesto potesse spazzare via il turbine di ragionamenti sconnessi che mi affolla la mente.

«Mi ha toccato Yin, capisci? Lui mi ha...toccato» dico, trasalendo al solo ricordo.

Un paio di occhi verdi mi osservano distratti. Yin si avvicina a me e inizia a strusciarsi contro le mie gambe.

«Ho capito, hai fame, approfittatrice che non sei altro.»
Cerco dei croccantini e per fortuna li trovo. Non sarei in grado di affrontare la sua ira altrimenti.

Yin è una gatta che usa la mia casa come bed&breakfast da sei mesi ormai. La trovai che vagava nei dintorni dell'abitazione durante un temporale, infreddolita e spaventata . Aveva bisogno di un posto dove stare...aveva bisogno che qualcuno si prendesse cura di lei. Mi ricordava così tanto la me di qualche tempo fa, che la portai dal veterinario e la tenni con me.

Da quel giorno, di tanto in tanto fa la sua comparsa, in cerca di cibo o riparo. E mi fa anche da analista, subendo i miei discorsi senza senso e le mie paranoie, anche se non credo che mi ascolti davvero. È di un bellissimo nero intenso, interrotto solo da una piccola macchia bianca sulla zampa anteriore destra, motivo del nome che le ho dato.

Metto le zucchine nella padella e inizio a preparare i panini, ma nemmeno cucinare riesce ad acquietare i miei pensieri.

«Lui mi ha toccato e io sono andata fuori di testa. Ho iniziato a sbraitare come mio solito, sono stata acida, scostante, aggressiva. Ma lui..lui non se ne è andato. Non si è allontanato, anzi, sembrava piuttosto divertito dai miei modi.»

Guardo la poltiglia sbriciolata che una volta era una crostata di more e mi ritrovo a sorridere, quell'uomo è squilibrato tanto quanto me.
Il suo tocco era leggero e gentile, in contrasto con il suo sguardo fiero e risoluto.
I suoi occhi scuri hanno scrutato dritto nei miei, senza vacillare, senza staccarsi per rivolgere l'attenzione altrove. Mi hanno attraversato con forza, immobilizzando i miei pensieri...lui mi ha guardata, ma guardata davvero. Per un attimo eravamo solo io e quel paio di occhi...

Ma che diavolo mi prende, mi faccio abbindolare da un bel faccino e da due occhi penetranti?! Questa storia del messaggio e dell'incontro improvviso mi sta facendo dare di matto, devo rinsavire. Razionalità ragazza!
Era solo un tipo a caso che ho incontrato per strada e che si è fatto due risate per il mio atteggiamento da svitata. Caso chiuso.

Eppure quelle persone erano lì a fissarlo...per un istante ho temuto il peggio. Ero sicura che stessero guardando me, ma invece no, guardavano lui.

'Il figlio degli  Anderson', così lo ha chiamato quel tale. E' un cognome famoso qui in città, e probabilmente si tratta di Caleb Anderson, il figlio degli imprenditori di cui tutti parlano. Si vede lontano un miglio che quel Caleb è pieno di soldi, e ha anche invaso il mio spazio personale più di chiunque altro da quando sono qui. E' un tipo pericoloso, me lo sento.

I fiori non crescono al buio Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora