Tu come stai? È un po' che non ne parliamo...

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L'appartamento è pervaso da un forte odore di una qualche candela profumata, pino, crede, ed è illuminato in modo soffuso da fili di lucine gialle, tanto simili a quelle natalizie. Il soggiorno è piccolo, in comune con l'angolo cucina sul cui bancone si trovano una tazza dei Simpsons e un pacco di biscotti, ma il tutto è molto confortevole, forse a causa dell'ordine maniacale della padrona di casa. In un lato, attaccato al muro, c'è persino un piccolo pianoforte nero, che Valentina sembra utilizzare più come comodino. In sottofondo, l'immancabile voce di Tommaso Paradiso proveniente da un giradischi posizionato accanto al divano.

«Vuoi un po' di the? L'ho appena fatto.»
«Se non è un disturbo, accetto volentieri.»

C'è qualcosa di innaturale in quello scambio di battute. Sono fredde, Valentina è fredda, Ermal l'ha notato subito, ma è comunque grato al cielo che si sia convinta a farlo entrare. Questo gli fa sperare che non sia ancora tutto perduto.
La osserva versare il the con movimenti lenti e precisi. Lo addolcisce con una punta di miele, poi glielo consegna senza neppure guardarlo negli occhi. Ermal stringe forte la tazza, questa volta dei sette nani, beandosi del calore che emana.

«Grazie, ci voleva proprio con questo freddo.»

Si limita ad annuire in silenzio, ed Ermal coglie l'occasione di studiarla con attenzione: è leggermente dimagrita da quando l'ha vista per l'ultima volta, gli zigomi, già per natura alti ed evidenti, sembrano decisamente più affilati, gli occhi, invece, un po' incavati, come non riposasse bene da parecchio. Ha le labbra più anemiche del solito, i capelli più corti e l'aria stanca.

«Chi ti ha detto dove trovarmi?»

Adesso lo sta fissando con attenzione. È seduta davanti a lui, a dividerli solo il pacco di pan di stelle. Quello sguardo a Ermal non è mai piaciuto, ma non se n'era mai dovuto preoccupare, dal momento che non era mai stato riservato a lui prima d'allora. Valentina tende a scavarti dentro, ed è davvero raro che non c'azzecchi.
«Tua zia,» si decide finalmente a rispondere. «Ero andato a cercarti a casa. A proposito, lei e i tuoi cugini ti salutano.»
Lei annuisce, portando alle labbra la propria tazza.
«E sei venuto per...»
«Per scusarmi.»
«E sapere qualcosa di più su Fabrizio, no?»
Ermal stringe le labbra davanti a quell'insinuazione.
«Fabrizio verrà dopo. Sono venuto qui per te. Sei una persona importante della mia vita e sono stato da cani per averti trattata in quel modo,» risponde serio. «Mai avrei immaginato di trovarti proprio qui a Roma, casa sua.»
Valentina sospira. «Scusa, ho dormito poco stanotte.» Beve ancora un sorso di the. «Come stai?»
Ermal scuote la testa.
«Questo dovresti dirmelo tu. Cosa ci fai qui? Perché non mi hai detto nulla?»
Il volto di Valentina si irrigidisce, la mandibola è talmente tesa che è chiaro stia stringendo i denti.
«Ci vivo. O, almeno, ci provo,» risponde.
«Potevi...»
«Potevo cosa?» lo interrompe seccata. «Potevo dirtelo? Davvero? E quando avrei dovuto farlo? Mentre ti struggevi d'amore per Fabrizio? O mentre eri impegnato a ripeterti che non sei degno della felicità, eh?» chiede alzando un po' il tono della voce. «DIMMI QUANDO CAZZO AVREI DOVUTO DIRTI CHE LA MIA VITA ERA ANDATA A PUTTANE!»

Si porta una mano alla fronte, con le dita volte a coprirle gli occhi, ed Ermal capisce che lo sta facendo per trattenere le lacrime. Gli fa quasi impressione vederla così vulnerabile. Valentina è quel tipo di persona alla quale non piace cedere alla sfera emotiva e forse proprio per questo da quel punto di vista è sempre stata tanto fragile.
«Hai ragione. Sono stato troppo preso da me stesso, non ti ho ascoltata, non mi sono reso conto di nulla,» ammette a bassa voce. «Ma anche tu, avresti potuto scuotermi un po', farmi capire cosa ti stava succedendo, che avevi bisogno di me...»

Se ti do la mia vita in mano giura che poi tu me la tratti beneWhere stories live. Discover now